mercoledì 3 Luglio 2024

Sardegna, a Saccargia migliaia di cittadini in piazza contro la speculazione energetica

Migliaia di persone sabato scorso si sono riversate in piazza a Saccargia, nelle campagne di Codrongianus (Sassari), per una grande mobilitazione contro l’assalto speculativo alle fonti rinnovabili in Sardegna. La manifestazione, dal titolo “E-Vento di Saccargia”, ha visto la presenza di gazebo informativi dei comitati e degli interventi sul palco dei loro portavoce e di una serie di esperti, nonché di momenti musicali di artisti che hanno voluto dare il loro contributo alla causa. La manifestazione segue di pochi giorni l’incontro avuto dai membri del coordinamento con la neo presidente della Regione Alessandra Todde, in seguito all’approvazione del ddl della Giunta che ha bloccato per 18 mesi l’installazione di impianti da rinnovabili. Secondo i comitati, anche in seguito al confronto, che si è svolto in un’atmosfera serena e di dialogo, permangono numerosi «punti oscuri», in particolare sul tetto minimo di 6,2 GW di rinnovabili assegnati alla Sardegna in sede di accordo col Ministero e su vari progetti che, nei prossimi anni, investiranno l’Isola.

I progetti che sono stati presentati e che, in parte, hanno già ottenuto l’approvazione, prevedono installazioni di “parchi eolici” in aree di elevato valore paesaggistico, archeologico e culturale. Non è un caso che il palco che ha ospitato l’evento sia stato collocato davanti alla basilica di Saccargia, uno dei monumenti – insieme all’area del villaggio nuragico di Barumini, patrimonio Unesco – minacciato dalla speculazione eolica che avanza in Sardegna. «Il termine speculazione è quello chiave del nostro dramma – ha spiegato Luigi Pisci, uno dei portavoce dei comitati, presente alla manifestazione –. Prima erano i fossili, ora sono le rinnovabili. Quello che sta accadendo oggi in Sardegna è frutto di una storia lunga decenni. I comitati devono essere cani da guardia nei confronti delle decisioni anche del governo regionale. Non vogliamo che tutto sia deciso dalle multinazionali». Il riferimento è all’incontro avvenuto quattro giorni fa con la governatrice della Sardegna Alessandra Todde, durato circa tre ore. «Abbiamo senz’altro apprezzato l’apertura, la disponibilità e il clima colloquiale e disteso», ha dichiarato Pisci, riferendo che restano però aperte «molte questioni che i territori vivono con apprensione», tra cui il tetto minimo di 6,2 gigawatt stabilito in sede di accordo col Mase, reputato «una base di partenza svantaggiosa ingiusta e un vero e proprio handicap per la Sardegna», le «misure normative per impedire lo sfregio di Barumini e Saccargia» e la «delicata questione del Tyrrhenian Link», doppio cavo sottomarino che Terna sta progettando e iniziando a costruire, con l’obiettivo di unire Sardegna, Sicilia e Campania e trasportare energia elettrica nella penisola.

Negli ultimi anni, la popolazione sarda è in lotta per la tutela del patrimonio paesaggistico e naturale dell’isola contro quella che è una vera e propria “invasione” di pale eoliche e di distese di pannelli fotovoltaici. In Sardegna sono infatti state presentate 809 richieste di allaccio di impianti di produzione di energia rinnovabile alla rete elettrica nazionale che, in caso di semaforo verde, produrrebbero 57,67 Gigawatt di potenza, coprendo di fatto tutti i quadranti dell’isola, comprese vaste aree costiere. Il Centro Studi Agricoli ha lanciato l’allarme, denunciando che ben 200mila ettari rischiano di essere compromessi. A fine aprile è emerso che la più grande fabbrica di pannelli fotovoltaici della Repubblica Popolare cinese, la Chint, si è accaparrata dall’azienda spagnola Enersid il più importante progetto solare mai concepito a livello europeo, allungando i suoi tentacoli su mille ettari di terreni nel nord della Sardegna. Solo pochi giorni dopo, Alessandra Todde – presidente della Regione Sardegna dalla tornata elettorale di marzo – ha approvato un disegno di legge che introduce il divieto di realizzare nuovi impianti di produzione e accumulo di energia elettrica da fonti rinnovabili che causano direttamente nuova occupazione di suolo per 18 mesi. Ma per i comitati non basta. E la battaglia prosegue.

[di Stefano Baudino]

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