Andare a lavorare in Francia per mantenere lo stipendio pieno ed evitare la cassa integrazione. È quanto è stato proposto dalla direzione aziendale di Stellantis ad almeno una decina di operai dello stabilimento di Cassino (Frosinone), invitati a trasferirsi a Sochaux, città in cui sorge lo storico stabilimento della Peugeot, dove si sta virando sulla produzione di auto elettriche. A oggi, nessuno degli operai a cui è pervenuta l’offerta – che vede il trasferimento come unica soluzione per lavorare a pieno regime con uno stipendio non decurtato dagli ammortizzatori sociali e un aumento di 130 euro giornalieri per coprire le spese di vitto e alloggio – avrebbe ancora accettato. Nel frattempo, i sindacati hanno promesso battaglia, attaccando l’amministratore delegato di Stellantis, Carlos Tavares, e l’inazione del governo Meloni sulle politiche aziendali segnate dalla «mancanza di dignità» della quarta casa automobilistica più grande del mondo.
Nello specifico, l’offerta del trasferimento in Francia è arrivata agli operai di Cassino addetti al montaggio e alle carrozzerie, mentre a quelli impiegati nel reparto Presse e Plastica è stata proposta una trasferta negli stabilimenti italiani di Mirafiori (Torino) e della Sevel, in Val Di Sangro, in cui si producono i furgoni. Il tutto avviene mentre la situazione nello stabilimento laziale – in cui vengono prodotte le Alfa Romeo e le Maserati – è nera. Il primo quadrimestre dell’anno è terminato con il 40% in meno della produzione rispetto allo scorso anno, con la realizzazione di circa 8.000 vetture contro le 14.000 prodotte nel medesimo arco temporale del 2023. Dopo uno stop partito il 30 maggio, il 12 giugno la fabbrica aveva riaperto i battenti, ma i vertici aziendali hanno già annunciato che lunedì 17 giugno si fermerà il reparto di Carrozzeria, che lunedì successivo sarà attivo solo il Montaggio che dal 25 giugno al 5 luglio sarà ferma tutta la Carrozzeria. Lo stabilimento laziale è uno di quelli che ha subito con maggiore impatto il piano di esuberi incentivati presentati a marzo ai sindacati, con la previsione di 560 uscite e il taglio di 300 trasfertisti. All’interno della fabbrica sono rimasti poco più di duemila operai, che fino al 31 dicembre 2024 lavoreranno a rotazione su un unico turno. «Mentre l’amministratore delegato Tavares guadagna mille volte quanto i lavoratori e le lavoratrici di Stellantis, essi per uscire dal ricatto della cassa integrazione sono costretti ad andare a lavorare addirittura all’estero – ha commentato Michele De Palma, segretario generale della FIOM –. Noi riteniamo che un governo degno di questo nome, un presidente del Consiglio che siede al G7 per una ragione, ovvero perché i metalmeccanici rendono grande l’industria di questo Paese, dovrebbe convocare l’amministratore delegato e mettere fine a questa condizione mancanza di dignità, di non rispetto del Paese e del lavoratori». Secondo il segretario della federazione provinciale della Fiom-Cgil, Donato Gatti, «le trasferte in Francia certificano il fatto che per lo stabilimento di Cassino ci sono solo gli annunci, mentre altrove si lavora».
Lo scorso autunno, senza interfacciarsi in via preliminare con istituzioni o sindacati, Stellantis aveva indirizzato una lettera a 15mila dipendenti degli stabilimenti dello Stivale – un terzo di quelli operativi -, proponendo loro, qualora fossero interessati a lasciare l’azienda al fine di seguire “nuovi progetti professionali o personali”, l’uscita volontaria. Il tutto attraverso incentivi calibrati in maniera differente a seconda dei singoli destinatari, in base a una “clausola di sicurezza” riferita all’anzianità e all’età. A febbraio, Tavares era tornato a battere cassa per ottenere aiuti pubblici dallo Stato italiano, affermando che il nostro Paese «dovrebbe fare di più per proteggere i suoi posti di lavoro nel settore automobilistico anziché attaccare Stellantis», poiché «se non si danno sussidi per l’acquisto di veicoli elettrici, si mettono a rischio gli impianti in Italia». Ad aprile, Stellantis ha tenuto la sua assemblea generale annuale, che ha dato parere positivo alla retribuzione del suo amministratore delegato per l’anno 2023, per una cifra che si aggira sui 36,5 milioni di euro. Un compenso da capogiro che un operaio della stessa azienda metterebbe insieme in più di mille anni di lavoro.
[di Stefano Baudino]