L’autonomia differenziata è legge. Dopo una lunga seduta parlamentare durata tutta la notte, anche la Camera dei Deputati ha approvato la riforma, già passata in seconda lettura al Senato. In sede di votazione 172 sì, 99 no e un astenuto: hanno insomma votato contro in blocco le opposizioni, che si sono scagliate contro le modalità di svolgimento della seduta – richiesta dalla maggioranza – per il mancato via libera dei capigruppo. La Segretaria del PD Elly Schlein ha definito la maratona parlamentare di questa notte come il «secondo atto di un vergognoso scambio sulla pelle delle italiane e degli italiani», mentre il leader del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte ha qualificato la “seduta fiume” notturna come «uno sfregio alle istituzioni» che si è «consumato col favore delle tenebre». Entusiasta invece il Ministro per gli Affari Regionali Roberto Calderoli, firmatario della proposta. La legge sull’autonomia differenziata introduce maggiori concessioni di autonomia alle Regioni a statuto ordinario che ne fanno richiesta, e con il cosiddetto “ddl premierato” è una delle due più importanti riforme promosse dall’esecutivo Meloni.
Nel corso della seduta di questa notte sono stati approvati i vari articoli della legge sull’autonomia differenziata. Nello specifico, i deputati hanno votato e approvato gli articoli 2 (sull’intesa Stato-Regioni, 170 favorevoli, 105 contrari), 3 (sui livelli essenziali delle prestazioni, 166-115), 4 (sul trasferimento delle funzioni, 166-114), 5 (sulle risorse finanziarie, 170-105), 6 (sulle funzioni amministrative locali, 173-109), 7 (sulla successione di leggi, 170-112), 8 (sul monitoraggio, 174-113), 9, 10, e 11 (le rituali clausole finanziarie, misure di promozione, e disposizioni finali). Respinti invece gli emendamenti avanzati dall’opposizione.
La riforma sull’autonomia introduce un più alto grado di concessioni di gestione e amministrazione a tutte le Regioni che ne fanno richiesta. Nello specifico, a essere oggetto di maggiore amministrazione sono una ventina di materie, tra cui il commercio con l’estero, la tutela e la sicurezza del lavoro, l’istruzione, la ricerca scientifica e tecnologica, la tutela della salute, l’alimentazione, la comunicazione, l’energia, la cultura, e l’ambiente. Ogni materia per cui viene richiesto un più ampio margine di manovra dovrà vedere assicurati quelli che vengono definiti LEP, (livelli essenziali di prestazione), garantiti su scala nazionale.
La legge sull’autonomia è uno dei cavalli di battaglia del Governo Meloni, e assieme al ddl premierato, proprio ieri passato in prima lettura al Senato, risulta il più importante obiettivo di riforma posto dall’esecutivo nel corso di questa legislatura. Contro di essa, tuttavia, sono sollevatesi parecchie critiche, tanto che dal basso sono state raccolte oltre 100.000 firme contro di essa. I punti che le vengono criticati sono molti, e vanno sia da questioni di natura formale relative allo stesso funzionamento del meccanismo che da tematiche più contenutistiche, come la gestione dei LEP, per arrivare a includere anche temi sostanziali e più generali quali il potenziale aumento del divario tra nord e sud.
[di Dario Lucisano]