domenica 17 Novembre 2024

Bruxelles mette l’Italia nel mirino: dopo l’avviso sui conti torna all’attacco sul MES

Il fuoco di fila da parte delle istituzioni europee all’indirizzo del governo italiano si fa sempre più serrato. In seguito all’ufficializzazione dell’apertura di una procedura d’infrazione per eccessivo deficit da parte della Commissione Europea e la bocciatura da parte di Bruxelles della riforma fiscale e dell’autonomia differenziata promosse dal governo Meloni, sono infatti improvvisamente tornati gli attacchi sulla mancata ratifica italiana del Meccanismo Europeo di Stabilità (MES). L’impressione è che Bruxelles stia attuando una manovra a tenaglia attraverso una strategia che si gioca su molteplici piani, tra cui sembra avere un peso significativo la decisiva partita per le nomine dei ruoli apicali nelle istituzioni europee. La premier Meloni sta infatti cercando di piazzare almeno un esponente italiano nella rosa, ma – almeno per ora e a queste condizioni – il nostro Paese sembra destinato a non spuntarla.

Che l’offensiva europea sul MES e la trattativa per le nomine europee possano effettivamente essere collegate ce lo racconta la cronaca politica degli ultimi giorni. Sei mesi dopo la bocciatura del “Fondo salvastati” da parte del Parlamento italiano, nella cornice del Consiglio dei governatori del MES a Lussemburgo, i ministri dei Paesi dell’Eurozona sono tornati alla carica, chiedendo al ministro dell’Economia italiano Giorgetti come l’Italia (unico Stato a non avere ancora provveduto) intenda muoversi rispetto alla ratifica del Fondo. Il presidente dell’Eurogruppo, Paschal Donohoe, ha affermato che la mancata ratifica da parte dell’Italia della riforma «priva» gli altri Paesi dell’area euro di «strumenti» e «reti di sicurezza» cui potrebbero voler accedere. Lo stesso giorno, il direttore del MES, Pierre Gramegna, ha dichiarato: «Sta al ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti dire quali sono le sue intenzioni […] Speriamo che il rapporto su come rendere il MES adeguato alle esigenze dei tempi incoraggi l’Italia ad avere un atteggiamento positivo». Rispondendo ai cronisti, che gli hanno chiesto se potesse confermare che, in occasione dell’incontro, Giorgetti avesse lamentato la marginalizzazione del Presidente del Consiglio italiano nell’ambito delle trattative sulle alte cariche europee, Gramegna ha risposto: «Senza virgolettare precisamente quello che il ministro Giorgetti ha detto o non detto, tutte le cose che lei ha citato non sono state menzionate». A stretto giro è però arrivata una dichiarazione ufficiale dal Ministero dell’Economia italiano che ha sconfessato il direttore del MES: «Il ministro Giorgetti, pur rammaricato per l’evidente equivoco, conferma di aver fatto riferimento, nel corso dell’assemblea del MES, al trattamento riservato all’Italia a Bruxelles sottolineando che questo non agevola sereni confronti politici». Eppure, lo stesso Giorgetti ha dato l’idea che in ballo ci siano margini di trattativa, affermando che la riunione è sia stata «molto positiva» e dicendo di avere apprezzato il rapporto di Gramegna sui possibili nuovi obiettivi per cui il MES potrebbe essere utilizzato. Al contempo, ha confermato di aver protestato per il trattamento riservato all’Italia sulla scelta delle cariche apicali UE, facendo notare che ciò che accade a Bruxelles ha delle «ripercussioni».

L’avvio della procedura di infrazione per disavanzo eccessivo basato sul deficit che ha colpito l’Italia insieme ad altri sei Paesi è stata comunicata due giorni fa. Poco dopo l’annuncio, il Commissario Gentiloni ha dichiarato che l’avvio di una procedura di infrazione non implica un ritorno all’austerità, perché questo stesso procedimento va inserito all’interno del quadro del nuovo patto di stabilità, recentemente modificato. Gentiloni preferisce piuttosto parlare di una mossa volta a «indurre i Paesi a spese prudenti», o, per usare le parole del comunicato della Commissione, a “garantire la coerenza con il percorso di aggiustamento delineato nei piani a medio termine”. La Commissione Europea è poi tornata ad attaccare la linea dell’esecutivo italiano sulle politiche fiscali e istituzionali. Lo ha fatto con raccomandazioni specifiche in cui ha messo nel mirino la riforma fiscale del governo per il rischio che amplifichi in rischio evasione, nonché l’estensione della Flat Tax e il mancato aggiornamento del catasto. Poi, all’interno del Rapporto annuale sulle economie nazionali, la Commissione si è scagliata contro la legge sull’autonomia differenziata appena approvata, dedicando al testo un intero paragrafo e sancendo che comporterà “rischi per la coesione e le finanze pubbliche”.

Solo nelle prossime settimane capiremo realmente l’entità delle trattative che il governo italiano sta tenendo con le autorità di Bruxelles anche attraverso queste prove di forza. Al momento, non si può certo escludere che da parte italiana vi sia l’obiettivo primario di essere protagonista delle scelte sui vertici UE, mentre sul versante europeo si stia effettuando un pressing perché il governo Meloni appoggi nuovamente la nomina a presidente della Commissione Europea di Ursula Von der Leyen, che punta al suo secondo mandato.

[di Stefano Baudino]

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