giovedì 21 Novembre 2024

La Columbia University equipara antisionismo e antisemitismo per criminalizzare le proteste

Sull’onda delle proteste in sostegno del popolo palestinese che hanno travolto le principali università americane, la Columbia University aveva nominato una “task force” chiamata a discutere e ridefinire la nozione di «fanatismo» e la definizione di «antisemitismo». Nonostante le proteste degli studenti e di parte del corpo docente che hanno denunciato la mossa dell’università come un tentativo di criminalizzare le manifestazioni per Gaza, la task force è andata avanti nel proprio lavoro e – poco sorprendentemente, dato che tre dei suoi co-presidenti si erano dichiarati apertamente sionisti, ovvero sostenitori dello Stato di Israele – ha rilasciato un documento che ridefinisce il concetto di antisemitismo (ovvero di odio anti-ebraico) includendo al suo interno anche l’antisionismo, ossia la negazione del diritto all’esistenza dello Stato di Israele. Nessun effetto hanno sorbito le proteste, che hanno anche sottolineato come all’interno della stessa comunità ebraica esistano da sempre correnti antisioniste. Da oggi, così, per gli studenti criticare l’esistenza dello Stato Israeliano comporterà essere bollati come antisemiti.

La task force ha rivelato la decisione non in un comunicato a docenti e studenti, ma in un articolo pubblicato sul quotidiano israeliano Haaretz. Gli attuali membri della facoltà statunitense hanno appreso dall’articolo anche che tutti i nuovi studenti e docenti della scuola saranno obbligati a seguire un orientamento sull’antisemitismo.

Formatasi lo scorso novembre, quando la pressione politica contro le critiche a Israele nei campus è aumentata, la task force della Columbia University ha deciso di esaminare le nozioni specifiche di fanatismo all’interno dell’Università, la quale è diventata un punto focale delle proteste statunitensi contro la guerra e il massacro perpetrato da Israele sui palestinesi. Proteste che puntualmente sono state represse dalla polizia con violente cariche e arresti all’interno del campus.

Mentre si attende che il rapporto ufficiale della task force venga depositato, secondo quanto dichiarato dai suoi stessi autori ad Haaretz, la nuova definizione di antisemitismo «dovrebbe determinare che le dichiarazioni che invocano la distruzione e la morte di Israele e del sionismo possano essere considerate antisemite, mentre le critiche al governo israeliano non lo saranno». Tale definizione rispecchia, quindi, la contestata e nazionalista definizione dell’International Holocaust Remembrance Alliance, IHRA, che gode di un ampio sostegno bipartisan nella politica americana, formato dalla totalità dei repubblicani e buona parte dei democratici.

Questa decisione non farà che aumentare la confusione tra antisemitismo e antisionismo nella cultura universitaria. Le opinioni dei palestinesi, degli ebrei antisionisti e di molti altri all’interno della comunità che esprimono critiche nei confronti di Israele sono destinate quindi ad essere delegittimate, se non addirittura attaccate, proibite e punite.

Una tale definizione di antisemitismo, che comprenda quindi anche la contrarietà al sionismo, e che quindi insiste nel difendere Israele come Stato etnico avrà la conseguenza di mettere ulteriormente a tacere le voci palestinesi e pro-palestinesi o degli ebrei antisionisti, accostandoli a coloro che invece attaccano gli ebrei in quanto tali. Sin dalla sua formazione l’anno scorso, numerosi studenti e docenti hanno espresso preoccupazione per la composizione, la metodologia e l’ambito della task force sull’antisemitismo. «Da quando è stata annunciata la task force, abbiamo temuto che avrebbe equiparato il sionismo e l’ebraicità [..] Il sionismo è un’ideologia politica, non un’identità etnica o religiosa», hanno scritto quattro laureati ebrei antisionisti, in un editoriale per il Columbia Spectator. Infatti, tutti e tre i co-presidenti della task force, ovvero Ester R. Fuchs, Nicholas Lemann e David M. Schizer, sono membri dell’Academic Engagement Network, un’organizzazione di difesa sionista, e hanno sottoscritto una dichiarazione in sostegno dei legami della Columbia University con Israele. Una tale decisione si rivelerà facilmente una nuova fonte di conflitto ed emarginazione delle voci contrarie alle politiche israeliane.

Ultima nota di contesto utile per il lettore: anche in Italia si avvistano i primi tentativi di emarginare le proteste più radicali contro Israele attraverso l’arbitraria equiparazione tra antisionismo e antisemitismo. Un proposta di legge che va nella medesima direzione è stata depositata in Parlamento dalla Lega nel febbraio scorso.

[di Michele Manfrin]

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2 Commenti

  1. La Columbia University secondo la nostra cultura provinciale europea, tipica delle colonie, è una grande università come tutte quelle di cui ci si riempie la bocca, Harvard, Yale, Cambridge, Oxford, MIT etc… In passato in queste università insegnarono davvero prestigiosi rappresentanti della cultura mondiale, pagati profumatamente direttamente o indirettamente. Oggi mi pare che rimanga solo l’ombra di un passato glorioso. Il Marketing fa il resto…chi non ha sentito parlare di “eccellenze” di “rating” ? Si scannano per poter salire un gradino in più nella graduatoria e incassare sempre più soldi e esercitare influenza sugli ingenui cittadini e sui Media. Chi sta dietro a questi fari del sapere? Leggetevi i bilanci, i nomi dei donatori e…si scopre l’origine di tanta indignazione nei confronti di chi semplicemente osserva i fatti del mondo e ne trae le conclusioni.

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