Negli Stati Uniti sono già cinque le azioni collettive contro l’industria delle acque in bottiglia lanciate nei primi mesi di quest’anno. I cittadini, in particolare, stanno accusando i produttori di mancanza di trasparenza, in quanto non segnalano la presenza di microplastiche nelle etichette dell’acqua, nonostante numerosi studi abbiano confermato questa presenza. Anche se la comunità scientifica sta ancora indagando sui danni causati dalle microplastiche, i querelanti sono determinati a portare la questione in tribunale. L’accusa sostiene che le aziende che producono e vendono acqua in bottiglia avrebbero violato le norme a tutela dei consumatori etichettando la loro acqua come “naturale”. In realtà, si presume che contenga microplastiche, ovvero microscopici e potenzialmente tossici frammenti di plastica tutt’altro che naturali.
Nello specifico, i contenziosi coinvolgono le aziende The Wonderful Co., Bluetriton Brands Inc., Danone Waters of America LLC e CG Roxane LLC. La class action contro The Wonderful Co., l’azienda produttrice dell’acqua in bottiglia Fiji, sostiene sostiene che la presenza di microplastiche nell’acqua contraddica la pubblicità dell’azienda, facendo sollevare preoccupazioni circa il potenziale inganno nei confronti dei consumatori e sui rischi per la salute associati alle microplastiche, che secondo corpose ricerche risulterebbero avere effetti tossici sugli esseri umani. La causa collettiva afferma che “le microplastiche non sono presenti in natura”, ma “solitamente realizzate in polipropilene, polietilene, polistirene e altri polimeri sintetici”, essendo capaci di danneggiare il sistema circolatorio umano e causando una serie di disturbi. Si muovono sulla stessa scia le cause intentate contro BlueTriton Brands Inc, produttore dell’acqua in bottiglia Ice Mountain, e Danone Waters of America LLC, produttore dell’acqua Evian, che vengono accusate di aver pubblicizzato falsamente i loro prodotti come “acqua di sorgente naturale al 100%” pur essendo consapevoli che contenessero microplastiche potenzialmente dannose. Il medesimo discorso vale per l’azienda CG Roxane, accusata di non avere avvertito i consumatori che la sua “acqua di sorgente alpina naturale” contiene microplastiche.
Le nanoplastiche sono minuscole particelle corrispondenti a circa un millesimo della larghezza media di un capello (sono quindi dell’ordine di un miliardesimo di metro) e sono così piccole che possono migrare attraverso i tessuti del tatto digestivo e dei polmoni o addirittura finire nel sangue depositando sostanze chimiche potenzialmente dannose come bisfenoli, ftalati, Pfas e metalli pesanti. Un importante studio pubblicato a gennaio sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS), condotto dai ricercatori delle università statunitensi Columbia e Rutgers, ha rivelato che un litro di acqua in bottiglia potrebbe contenere fino a 370mila microscopiche particelle di plastica, circa 100 volte di rispetto alla stima precedente (con una media di 240mila frammenti per litro). I campioni utilizzati dai ricercatori sono risultati positivi al polistirene, al polivinilcloruro, al polimetilmetacrilato, al Pet e infine alla poliammide, che paradossalmente sarebbe legata proprio ai filtri di plastica utilizzati per la purificazione prima dell’imbottigliamento. A ogni modo, gli autori hanno dichiarato che attualmente non è ancora possibile sapere se i pezzi di nanoplastiche siano o meno direttamente dannosi per la salute: «Non sappiamo se e quanto siano pericolosi. Sappiamo che entrano nei tessuti e la ricerca attuale sta esaminando cosa fanno nelle cellule», ha riferito la coautrice Phoebe Stapleton.
[di Stefano Baudino]