domenica 22 Dicembre 2024

Nicoletta Dosio isolata e “minacciata” dai Carabinieri: i No Tav scrivono a Mattarella

Nel pomeriggio di venerdì 28 giugno l’attivista No TAV Nicoletta Dosio, ai domiciliari per non aver in precedenza rispettato le misure cautelari imposte dalle forze dell’ordine, si è vista notificare l’ennesima diffida da parte dei carabinieri. Motivo: alle due di notte dello scorso sei giugno, la donna (che, ricordiamo, ha 78 anni), non ha risposto agli agenti che suonavano il campanello di casa per verificare che si trovasse in casa. Nel consegnare alla donna la diffida, i carabinieri l’avrebbero anche messa in guardia in quanto «con questa condotta rischia di finire molto male». Il tutto ad appena poche ore dalla morte del compagno di Nicoletta, Silvano Giai, anche lui storico attivista del Movimento, affetto da tempo da una grave malattia e venuto a mancare nel primo pomeriggio di venerdì. A riferirlo è la Rete di Madri Antifasciste, che ha denunciato quanto avvenuto in una lettera destinata al presidente della Repubblica Sergio Mattarella (che in poche ore ha già raccolto oltre 400 firme), nella quale si denuncia «l’accanimento giudiziario» nei confronti di Nicoletta. Dopo la morte di Silvano, la donna si trova infatti ora in una situazione di completo isolamento, non essendo autorizzata a ricevere alcuna visita dall’esterno per via delle misure cautelari che le sono state imposte.

La condanna di Nicoletta a un anno e nove mesi agli arresti domiciliari è arrivata appena un mese fa. Si tratta dell’esito di una vicenda di lotta e resistenza, iniziata nel 2015 con una marcia del Movimento in Val di Susa. A causa di alcuni tafferugli con le forze dell’ordine, a Nicoletta e altri membri del Movimento vennero contestati reati di violenza contro pubblico ufficiale e devastazione e applicate misure cautelari di restrizione della libertà personale, che la donna decise di non rispettare. La Cassazione stessa stabilì l’insussistenza delle accuse, nel 2016, derubricando i reati a danneggiamento, da scontare pagando una multa di 800 euro. Le “evasioni” messe in atto durante i mesi in cui avrebbe dovuto scontare prima l’obbligo di firma, poi i domiciliari (che le sono tuttavia valse un altro processo, conclusosi con la condanna ai domiciliari) altro non furono, dunque, se non atti di disobbedienza civile nei confronti di misure ingiuste proprio perchè basate su accuse infondate, come confermato dai giudici stessi. Nel corso di una conversazione telefonica con L’Indipendente, durante la quale ha ricostruito la lunga e contorta vicenda giudiziaria della quale è stata suo malgrado protagonista, Nicoletta disse in modo chiaro che stavolta avrebbe rispettato la misura imposta proprio perchè si trovava a casa con Silvano, che, a causa della malattia, necessitava di cura e assistenza continue.

Come riportato dalla Rete di Madri Antifasciste, la notte in cui Nicoletta non ha risposto alla scampanellata degli agenti delle forze dell’ordine (avvenuta pochi giorni dopo la nostra intervista), si era con tutta probabilità «assopita» in quanto «affaticata dal prolungato dovere di accudimento» portato avanti «nelle circostanze ulteriormente aggravate dalle restrizioni dei domiciliari, privata del conforto dei compagni e persino dei più stretti congiunti». Proprio a questo proposito, la Rete di Madri Antifasciste riporta che «nel corso della stessa visita dei Carabinieri alla casa di Nicoletta Dosio, era presente in giardino (e quindi esterno alle mura di casa) un addetto per la consegna di un quantitativo di fieno utile al nutrimento di un asinello che (insieme ad altri animali domestici) fa da tempo parte del nucleo familiare Dosio-Giai. Le Forze dell’Ordine si sono sentite in dovere di reiterare il divieto di visita per chiunque: “nessuno può venire qui e neanche entrare in giardino”».

L’appello al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, dunque, è volto a riportare l’attenzione delle alte cariche dello Stato a una situazione che, riporta la lettera, segna un «inaccettabile livello di accanimento» e intacca i diritti umani fondamentali. Essa segue una petizione, lanciata proprio il 6 giugno, nella quale si chiede proprio la liberazione dell’attivista. Nel testo, si sottolinea che «Nicoletta è una donna mite e coraggiosa, partigiana della terra e del futuro. La cui unica colpa è avere protestato con metodi nonviolenti e aver messo in pratica la disobbedienza civile contro i cantieri della Tav, grande opera inutile e devastante, senza però aver mai fatto male a nessuno. L’accanimento su di lei è pari all’impunità di cui godono i potenti che inquinano e devastano».

[di Valeria Casolaro]

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