In Corea del Sud, migliaia di lavoratori della Samsung hanno proclamato uno sciopero a tempo indeterminato per ottenere miglioramenti salariali in uno dei più grandi produttori di smartphone e chip AI del mondo. È la prima volta che gli operai di Samsung lanciano uno sciopero tanto lungo, e la seconda nella storia, dopo la mobilitazione di un giorno portata avanti lo scorso 29 maggio. Il sindacato, che rappresenta circa 30.000 dipendenti, ha comunicato che i suoi membri hanno deciso di estendere l’azione sindacale, che originariamente doveva durare solo tre giorni, dopo che la direzione non ha accettato di avere colloqui con i rappresentanti degli operai. I lavoratori chiedono un aumento del 3,5% dello stipendio base e un giorno di riposo aggiuntivo, e sono in lotta ormai da oltre sei mesi, nella prima grande mobilitazione della storia sudcoreana contro il colosso tecnologico.
Lo sciopero a tempo indeterminato dei dipendenti della Samsung è iniziato mercoledì 10 luglio, e si configura come una estensione di uno sciopero già in atto cominciato nella giornata di lunedì 8 luglio, che doveva inizialmente durare tre giorni. Come spiega il vicepresidente del Sindacato Lee Hyun Kuk, la decisione di trasformare lo sciopero in un presidio a tempo indeterminato giungerebbe dopo la constatazione del “silenzio” della compagnia in merito alle richieste dei lavoratori, che al di là dello sciopero di lunedì si protrarrebbe ormai da mesi. Nello specifico, il sindacato chiede all’azienda un aumento salariale del 3,5%, un miglioramento delle politiche sui bonus e un giorno extra di vacanza pagata, oltre che il pagamento ordinario delle giornate di sciopero ai lavoratori che vi hanno aderito. Tali richieste arrivano in un momento particolarmente florido per l’azienda, che solo la scorsa settimana ha dichiarato che, nell’ultimo trimestre, avrebbe registrato un utile di 7,5 miliardi di dollari in più rispetto a quanto previsto. La richiesta di maggiori bonus, inoltre, viene in seguito a una serie di tagli proprio su premi e incentivi di produzione, cancellati per l’intero 2023. I rappresentanti della compagnia hanno detto che lo sciopero non avrebbe causato alcun rallentamento o danno alla produzione, ma l’unione sindacale è di un’altra opinione: a ora sembra che abbiano aderito circa 6.500 dipendenti più del 20% del totale rappresentato dal sindacato.
Lo sciopero di mercoledì non risulta certamente un fulmine a ciel sereno per la compagnia. I colloqui con il sindacato vanno infatti avanti almeno da questo gennaio, ma non hanno portato alcun risultato ai lavoratori. A fine maggio il sindacato ha indetto uno sciopero di un giorno, il primo nella storia della compagnia, e ha chiesto a tutti i propri iscritti di chiedere il proprio giorno di ferie retribuite il 7 giugno. Storicamente, la Samsung non è mai stata particolarmente aperta al dialogo con i propri dipendenti. L’azienda risulta essere la più estesa fonte di lavoro privato del Paese, ed è nota per la sua avversione nei confronti delle unioni organizzate dei lavoratori e della contrattazione collettiva. A tal proposito basterebbe pensare come l’azienda non avesse mai avuto un sindacato fino al 2019, quando un gruppo di dipendenti, approfittando di un’apertura politica e di uno scandalo legato al vicepresidente della compagnia, riuscì a fare breccia nell’azienda, organizzandosi per fondarne uno.
La Corea del Sud, invece, non è nuova a questo genere di maxi-mobilitazioni: da febbraio oltre 10.000 medici hanno lasciato il proprio posto di lavoro per protestare contro i piani del governo di aumentare il numero degli studenti di medicina, cambiando i criteri di ammissione; la primavera scorsa, invece, migliaia di lavoratori del settore edile si sono mobilitati per manifestare il proprio malcontento nei confronti delle politiche di lavoro del Paese.
[di Dario Lucisano]