«Si vis pacem, para bellum: se vuoi la pace prepara la guerra». Pensiero funesto, declinato in varie formule fin dall’antichità e sempre portatore di morte e devastazione. In questi giorni il motto guerrafondaio torna a risuonare da tivù, radio, giornali, spiattellato col sorriso sulle labbra nei dibattiti da politici ed opinionisti, a condire ogni elogio della “democrazia”, ogni richiamo alla “difesa dei valori dell’Occidente”. Mandare armi all’Ucraina è diventato il mantra che, anche nel nostro Paese, giustifica i tagli alle spese sociali, il saccheggio dei fondi destinati a sanità e scuola e, di contro, l’aumento vertiginoso delle spese militari.
Mentre la povertà dilaga, le industrie belliche fanno affari d’oro, le lobby del tondino e del cemento sognano gli appalti miliardari della ricostruzione. Lo sdoganamento del fascismo produce i frutti velenosi della guerra tra poveri e della fede nell’ “uomo forte”, quello che potrà dare protezione contro il nemico. Sono lontani i tempi in cui in corteo si gridava all’unisono «Fuori la NATO dall’Italia, fuori l’Italia dalla NATO». Ora l’ombrello NATO è dipinto come la garanzia del diritto all’autodeterminazione dei popoli, alla sicurezza individuale e collettiva. La Russia, la Cina, l’India, il Sud del mondo, gli “stati-canaglia”: lì si annida il nemico contro cui «se vuoi la pace, devi preparare la guerra».
Intanto, nel colpevole silenzio (o complicità aperta) delle “democrazie” mondiali, in Palestina si continua a morire e allo stato sionista d’Israele viene lasciato campo libero per applicare la “soluzione finale” che risolverà definitivamente la “questione palestinese”. Mentre i grandi si preparano alla guerra, fra chi la guerra la paga, la gente comune, regnano straniamento, precarietà, problemi economici, incapacità di reagire collettivamente.
Prevale la rassegnazione, invece servirebbe ribellione. Il Titanic, su cui fervevano le danze mentre la nave s’inabissava, è diventato una barchetta senza bussola né remi, sperduta in mare, in balìa di minacciosi i venti di guerra. E a pagare la guerra che verrà, prima, durante e dopo, saranno sempre loro, la povera gente, siano essi tra i vinti o trai vincitori. La storia insegna, come dice Brecht in una delle sue poesie contro la guerra:
«La guerra che verrà
non è la prima. Prima
ci sono state altre guerre
Alla fine dell’ ultima
c’erano vincitori e vinti.
Fra i vinti la povera gente
faceva la fame. Fra i vincitori
faceva la fame la povera gente ugualmente».
Ribelliamoci dunque. Sabotiamo la guerra.
[di Nicoletta Dosio – storica militante del Movimento No TAV, condannata ai domiciliari per aver partecipato a una manifestazione pacifica del Movimento, ma rifiutandosi di sottostarvi per protesta, Nicoletta è stata imputata di almeno 130 evasioni, che le sono valse la condanna a oltre un anno di carcere]
non confonderei l’opinione dei cittadini con i desideri dei politici e dei potenti: non so cosa si gridi in questi giorni nei cortei e cosa no, ma sono convinto che la nato a noi ”dissidenti” stia più sul cazzo che mai. che la dipingano come un’organizzazione salvifica delle sorti del mondo non è certo una novità.
Sante parole. Tuttavia temo che il torpore che avviluppa l’occidente come una malattia non dia scampo. Forse solo il declino dell’impero (di cui Biden è la patetica icona) aiuterà, magari e di più se veloce e ‘inatteso’. Allora forse verrà il giorno in cui i Palestinesi potranno riprendesri casa loro ricacciando a calci in, culo nel nulla, gli arroganti occupatori non più sostenuti dai loro amici improvvisamente senza una occupazione esterna ma solo preocupazioni interne. L’Europa, incapace di pensare in modo autonomo, imploderà in una miriade di ‘statuncoli’ in perenne conflitto tra di loro e il nuovo medioevo sarà servito. O forse è solo un bicchiere in più che fa pensare (sperare?) tutto questo?
Non solo la povera gente morirà a breve, Nicoletta.
Anche tutti questi ruffiani diversamente declinati fra fuffa partiti e squallidi ordini giornalistici e finti dottori; oltre a quei miserabili rappresentanti della cultura, cantori, scrittori, presidenti di repubbliche immaginarie condotte alla rovina da fruttivendole e pescivendole dell’opposizione. Tutti questi, come idioti, pensano che il PADRONE li salvi. Su questa Terra tonda il servilismo fa tutto il giro per tornare nel posto apposito che gli squallidi tengono pronto. Mortalmente. Anche per loro sarà stupro, non eros. Che vadano a Samarcanda!