In Val di Susa si è svolto nel fine settimana il “Campeggio di lotta” dei No TAV, che dal 2006 vede ritrovarsi per un weekend comitati, associazioni e singoli attivisti contrari alla realizzazione della linea ferroviaria ad alta velocità. Durante la tre giorni non sono mancate le azioni dirette contro il cantiere dell’Alta Velocità, con gli attivisti che – armati di ganci e funi – hanno staccato pezzi di filo spinato dalle barriere che proteggono i lavori del cantiere di San Didero e indirizzato fuochi pirotecnici oltre le recinzioni. Un’azione dimostrativa cui le forze dell’ordine hanno risposto con un lancio di lacrimogeni e getti di idrante.
Proprio il cantiere di San Didero è stato oggetto, intorno alla metà dello scorso maggio, di nuovi ampliamenti, arrivando a comprendere la striscia di terra tra l’autostra e il fiume Dora. Qui, una volta ultimati i lavori, dovrebbero sorgere le rampe di collegamento con la A32. A San Didero dovrebbe infatti vedere la luce il nuovo autoporto, opera collaterale della TAV. A Susa esiste già un autoporto ma, per lasciare spazio alla costruzione dell’imponente stazione internazionale dell’Alta Velocità, si è deciso di spostarlo, costruendone uno nuovo a San Didero. Ai costi dei lavori, che procedono estremamente a rilento, vanno aggiunti quelli della militarizzazione dell’area, presidiata da centinaia di agenti per impedire agli attivisti di avvicinarvisi. Il costo per la gestione di un tale apparato di controllo (analogamente per quanto riguarda il cantiere per il tunnel di base a Chiomonte) è di svariati milioni di euro all’anno, tutti pagati dalle tasche dei contribuenti.
L’ampliamento delle strutture collaterali (che, oltre all’aumento dei costi, comporta la cementificazione di aree sempre più ampie della valle e il consumo di risorse che sarebbero fondamentali per il territorio) procede tuttavia più rapidamente della realizzazione dell’opera principale. Del tunnel di base, infatti, dal lato italiano, non è ancora stato scavato un centimetro. A dispetto degli annunci fatti dal ministro dei Trasporti Matteo Salvini, che lo scorso dicembre aveva proclamato l’inizio dei lavori, questi non sono mai cominciati, come confermano gli stessi membri della Commissione tecnica. Eppure, l’area del cantiere di Chiomonte è chiusa e militarizzata dal 2011, mentre sono trent’anni che di discute della realizzazione del collegamento, tra inchieste giudiziarie, ritardi nei lavori, rinvii e infiltrazioni mafiose. La criminalizzazione di chi si oppone a quella che ritiene essere niente di più che una speculazione messa in piedi a scapito di cittadini e ambiente procede invece senza sosta. Proprio la Lega, infatti, ha proposto un emendamento al ddl Sicurezza, in discussione al Parlamento, per alzare fino a 25 anni di carcere la pena per chi protesta in modo “minaccioso o violento” contro le grandi opere infrastrutturali.
[di Valeria Casolaro]
Che pena infinita, e che rabbia contro questi parassiti! Altro che imprenditori di successo,
parassiti della peggior specie (sui politici non dico nulla, ormai non ci sono più offese sufficienti)!