La Squadra dei Rifugiati, che a Parigi 2024 segnerà la sua terza partecipazione ai Giochi Olimpici dopo Rio 2016 e Tokyo 2020, gareggerà per la prima volta con un proprio logo identificativo: un cuore rosso circondato da frecce multicolori rivolte verso di esso. Un simbolo che, nel suo complesso, rappresenta il cammino intrapreso dai rifugiati verso nuove opportunità di vita.
La squadra, conosciuta con l’acronimo EOR (Équipe Olympique des Réfugiés), sarà composta da 36 atleti e atlete (erano 9 a Rio e 29 a Tokyo) provenienti da 11 Paesi e 15 Comitati Olimpici Nazionali (NOC). Gli sportivi, molti dei quali sostenuti dalle borse di studio per atleti rifugiati del Comitato Olimpico Internazionale, competeranno in 12 discipline: nuoto, atletica, badminton, pugilato, breaking, canoa (slalom e sprint), ciclismo su strada, judo, tiro sportivo, taekwondo, sollevamento pesi e lotta (greco-romana e libera).
Nella squadra sono presenti anche due atleti rifugiati attualmente residenti in Italia. Iman Mahdavi, originario dell’Iran e fuggito dal paese nel 2020, parteciperà nella categoria 78 kg di lotta libera, dove si è già distinto come sette volte campione nazionale juniores. Hadi Tiranvalipour, che ha fatto parte della nazionale iraniana di taekwondo per otto anni, gareggerà nella categoria 58 kg dello stesso sport.
L’Iran guida la squadra con quattordici rappresentanti, seguito da Siria e Afghanistan, entrambi con cinque atleti ciascuno.
La composizione della squadra, approvata dal Consiglio Esecutivo del CIO (EB), è stata determinata con attenzione considerando diversi criteri significativi. Questi includono le prestazioni sportive degli atleti, il loro riconoscimento come rifugiati verificato dall’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), una rappresentanza equilibrata di sport e genere, e una diversità di provenienza geografica.
In ogni caso, gli atleti non competono per un singolo Paese, bensì per la Squadra Olimpica dei Rifugiati, rappresentando oltre 100 milioni di persone che condividono lo stesso status.
L’UNHCR ha infatti stimato che 110 milioni di persone nel mondo (al giugno del 2023) hanno dovuto abbandonare le proprie case a causa di persecuzioni, conflitti, violenze, gravi violazioni dei diritti umani e eventi che hanno profondamente disturbato l’ordine pubblico. Tra questi ci sono 36,4 milioni di rifugiati (30,5 milioni sotto il mandato dell’UNHCR e 5,94 milioni di rifugiati palestinesi sotto il mandato dell’UNRWA), 62,1 milioni di sfollati interni, 6,08 milioni di richiedenti asilo e 5,6 milioni di rifugiati venezuelani o bisognosi di protezione internazionale. Senza contare la condizione di “apolide” in cui vivono milioni di persone, a cui è tuttora negata una nazionalità e l’accesso a diritti fondamentali come istruzione, assistenza sanitaria e libertà di movimento.
[di Gloria Ferrari]
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