martedì 23 Luglio 2024

Bruxelles cerca amici a Est: aiuti militari all’Armenia, l’alleato di Mosca deluso da Putin

Il Consiglio dell’Unione Europea ha annunciato ieri che, per la prima volta, l’UE veicolerà aiuti militari all’Armenia. Si parla, nello specifico, di 10 milioni di euro per il sostegno alle forze armene, che saranno dedotti dallo Strumento europeo per la pace, fondo rimpinguato dagli Stati membri che permette di finanziare, fino al 2027, spese militari anche di Paesi terzi. L’Europa si insinua così nello scacchiere dell’Organizzazione del Trattato di sicurezza collettiva (CSTO), l’alleanza militare di cui fa parte l’Armenia insieme alla Russia e ad altri quattro stati post-sovietici. Le autorità di Yerevan, infatti, cercano da tempo di scollarsi dall’influenza del Cremlino, in particolare da quando, nel 2023, la Russia ha deciso di non intervenire militarmente per difendere la comunità armena presente nel Nagorno Karabakh, porzione di territorio contesa da decenni con l’Azerbaijan e riconquistata dalle forze azere.

Nello specifico, l’Europa fornirà un accampamento di tende a favore di un’unità di un migliaio di soldati armeni. L’obiettivo della mossa europea – decisa all’unanimità dai ministri degli Esteri dei 27 Paesi membri – è formalmente quello di «migliorare le capacità logistiche delle forze armate armene», contribuire a «una migliore protezione dei civili nelle crisi e nelle emergenze» e «accelerare l’interoperabilità» delle forze armate di Yerevan «in caso di possibile futura partecipazione del paese alle missioni e alle operazioni militari internazionali, comprese quelle schierate dall’Ue». Nella sostanza, si tratta però dell’ennesimo tassello della progressiva avanzata verso Est del blocco occidentale, che peraltro ora coinvolge uno storico alleato della Russia, con l’esplicito intendimento di inglobarlo nel meccanismo di future missioni militari condotte dall’Europa. A esprimere soddisfazione è stato l’Alto Commissario Europeo, Joseph Borrell, il quale ha dichiarato che «la sicurezza è un elemento sempre più importante delle nostre relazioni bilaterali con l’Armenia» e che «questa misura del Fondo europeo per la pace contribuirà ulteriormente alla resilienza del Paese». Nel frattempo, il Ministero degli Esteri azerbaigiano ha descritto la decisione dell’UE come «di parte e unilaterale», affermando che essa costituisce «un passo molto sbagliato e pericoloso che serve ad esacerbare le tensioni nella regione». Le decisioni arrivano nel contesto degli sforzi del governo armeno per avvicinarsi all’Occidente e delle crescenti tensioni con Mosca, che già da mesi denuncia una politica di accerchiamento da parte delle forze occidentali. Alcuni membri del gruppo politico del primo ministro armeno Nikol Pashinian hanno affermato che il Paese dovrebbe sforzarsi di aderire all’UE.

Una delle cause scatenanti di tale riallineamento è sicuramente il mancato supporto russo all’Armenia nello scontro con l’Azerbaijan per il controllo del Nagorno-Karaback, territorio riconosciuto a livello internazionale come azero ma controllato dall’Armenia dai tempi della dissoluzione dell’Unione Sovietica. Le ostilità, riprese in maniera vigorosa nel 2020 e nel 2023, hanno provocato l’esodo di oltre 100.000 armeni dalla regione, considerato dall’Unione Europea come una vera e propria «pulizia etnica» da parte dell’Azerbaijan. L’inazione da parte del Cremlino nel conflitto, nonostante l’alleanza con l’Armenia attraverso l’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (CSTO), è spiegabile considerando le significative relazioni economiche e politiche che legano la Russia all’Azerbaigian, Paese ricco di risorse energetiche, e nella volontà russa di mantenere un equilibrio di potere nel Caucaso meridionale. La Russia ha infatti cercato di assumere il ruolo di mediatore nell’ambito dello scontro, puntando a facilitare un cessate il fuoco e negoziati di pace tra gli attori in conflitto. Occorre inoltre sottolineare che il CSTO prevede un mandato che si applica alla difesa dei territori dei membri dell’alleanza: dal momento che il Nagorno-Karabakh non è riconosciuto come parte ufficiale dell’Armenia, ma come una regione separatista, il Cremlino potrebbe aver considerato che, nel caso specifico, l’obbligo di difesa collettiva non fosse applicabile.

[di Stefano Baudino]

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