giovedì 21 Novembre 2024

Frode fiscale e sfruttamento del lavoro: sequestrati 121 milioni ad Amazon Italia

La Guardia di Finanza di Milano ha sequestrato 121 milioni di euro alla filiale italiana della multinazionale Amazon, accusata dalla Procura di frode fiscale. L’indagine, coordinata dai pm Paolo Storari e Valentina Mondovì, si concentra su quelli che vengono definiti «serbatoi di manodopera», che costituiscono un sistema attraverso cui grandi aziende si garantiscono «tariffe altamente competitive» sul mercato appaltando irregolarmente per la logistica la manodopera a cooperative, consorzi e società «filtro», con annesso «sfruttamento del lavoro» e omesso versamento di Iva e contributi. Il presunto meccanismo illecito è già emerso in precedenti inchieste della Procura di Milano, tra cui spiccano quelle che hanno coinvolto giganti della logistica o della grande distribuzione organizzata come Dhl, Gls, Ups, Brt, Uber, Lidl ed Esselunga.

Nelle 94 pagine del decreto si spiega che le ipotesi di accusa attengono a una «complessa frode fiscale derivante dall’utilizzo» da parte di Amazon Italia «del meccanismo illecito di fatture per operazioni giuridicamente inesistenti a fronte della stipula di fittizi contratti di appalto per la somministrazione di manodopera, in violazione della normativa di settore, che ha portato all’emissione e al conseguente utilizzo dei falsi documenti». I magistrati spiegano che, dalle indagini, è emerso che a schermare i rapporti di lavoro tra gli operai e la società committente sarebbero state una serie di società «filtro», che avrebbero utilizzato varie cooperative – le società «serbatoio» – che «hanno sistematicamente omesso il versamento dell’Iva, nonché degli oneri di natura previdenziale e assistenziale». La Procura ha aggiunto che sono state effettuate «diverse perquisizioni nelle province di Milano e Torino nei confronti delle persone fisiche e giuridiche coinvolte, con contestuale notifica delle informazioni di garanzia, anche in tema di responsabilità amministrativa degli enti in relazione agli illeciti penali commessi dai dirigenti della società, a favore di quest’ultima». Al momento risultano indagati tre manager, di cui due stranieri, firmatari delle dichiarazioni dei redditi dal 2017 al 2022.

I pm hanno spiegato che Amazon Italia, «attraverso i propri dispositivi tecnologici, esercita poteri direttivi organizzando di fatto l’attività complessiva di distribuzione e consegna merci, compresa quella relativa alla cosiddetta consegna “di ultimo miglio” in apparenza appaltata» ai fornitori, «esercitando direttamente nei confronti dei singoli corrieri, formalmente dipendenti dai sopra citati fornitori, i poteri specifici del datore di lavoro», anche nel «controllo del loro operato». In questo modo, le società affidatarie del servizio di consegna «non dispongono nello svolgimento dell’attività di alcun potere discrezionale», poiché «i lavoratori non possono che interloquire costantemente solo con il dispositivo informatico loro in uso, dotato di un software gestionale di proprietà Amazon, con cui sono impartite le concrete direttive operative per effettuare l’attività di consegna». Si parla dunque di una vera e propria «eterodirezione digitale» da parte di Amazon Italia, con l’obiettivo di «massimizzare la produttività e raggiungere la maggior quantità possibile di passaggi». I magistrati hanno scritto nel decreto che il «meccanismo fraudolento è tutt’ora in atto, con rilevantissime perdite per l’erario e situazioni di sfruttamento lavorativo che perdurano, a tutto vantaggio di Amazon Italia Transport srl».

Il sistema fraudolento basato sul cosiddetto “serbatoio di manodopera” rappresenta un’enorme criticità per il sistema fiscale, spingendo il fenomeno del caporalato – non più circoscritto soltanto alla tragedia che vede protagonisti i migranti impiegati in agricoltura nelle regioni del Sud – a farsi “sistema”, anche con il coinvolgimento dei grandi gruppi. A evidenziarlo sono le risultanze delle recenti indagini della Direzione distrettuale antimafia della Procura di Milano, che solo dal 2021 ha eseguito sequestri per più di mezzo miliardo di euro. A finire sotto la lente della magistratura, società operanti nella grande distribuzione organizzata, come Esselunga, Carrefour Italia e Lidl, e aziende che operano nel campo della logistica, tra cui Dhl, Brt e Gls. «Il fenomeno dell’appalto di manodopera ha attraversato gli ultimi 70 anni della storia del diritto del lavoro», ha messo nero su bianco la Procura solo pochi mesi fa, spiegando che «è sufficiente sostituire ‘manodopera meridionale’ con ‘lavoratori extracomunitari’ e si toccherà con mano un fenomeno di sfruttamento che va avanti da anni e che coinvolge lavoratori in condizioni di fragilità».

[di Stefano Baudino]

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