In Germania numerose delle scelte politiche prese dal governo durante la fase pandemica non si basarono su evidenze e consigli scientifici, ma furono politicamente motivate. Tra queste l’obbligo vaccinale, la vaccinazione per i bambini e le restrizioni imposte a chi non fosse inoculato contro il Covid-19 o guarito dalla malattia. È quanto emerso da un’inchiesta giornalistica, che ha pubblicato documenti riservati del Robert Koch Institute (RKI), l’organizzazione tedesca responsabile del controllo e della prevenzione delle malattie infettive. Un’inchiesta che ricorda da vicino quanto già emerso nel Regno Unito e in Italia (con le intercettazioni tra l’ex ministro della Salute, Roberto Speranza, e il Comitato Tecnico Scientifico), dove è stato dimostrato che – almeno in alcuni casi – non sia stata la politica a decidere in base alle evidenze scientifiche, ma i comitati scientifici ad essere forzati dai governi a coprire delle decisioni prese senza alcuna evidenza solida a supporto.
La vicenda segue procedimenti legali e udienze in tribunale in corso o effettuati da anni, i quali hanno portato alla pubblicazione di centinaia di pagine relative alle riunioni del RKI e ai dati utilizzati. Tuttavia, di queste molte sono state pubblicate con parti oscurate e da allora quindi, diversi giornalisti e associazioni hanno avanzato diverse congetture a riguardo. Tuttavia, tale periodo sembrerebbe essere concluso in quanto la giornalista Aya Velázquez, dopo aver ricevuto «per motivi di coscienza» da un informatore anonimo del Robert Koch Institute diversi gigabyte di file riguardanti tali documenti, ha pubblicato online le carte, che attualmente risultano scaricabili con un semplice click. «Anche se l’RKI ha svolto un ruolo piuttosto inglorioso negli ultimi quattro anni, cedendo a una politica invadente che viola i diritti fondamentali, negli ultimi quattro anni ci sono state anche persone nell’RKI che si sono schierate dalla parte dei cittadini e non sono state d’accordo con le azioni della loro autorità, le raccomandazioni contraddittorie ai politici e l’assenso di decisioni politiche arbitrarie», ha commentato la giornalista, che ha descritto così il contenuto dei documenti: «I protocolli RKI dimostrano che la nostra politica sul coronavirus non si basava su considerazioni razionali e scientifiche. Numerose decisioni politiche, come il 2G, l’obbligo generale di vaccinazione relativo alla struttura e pianificato, o la vaccinazione dei bambini, erano decisioni puramente politiche, per le quali l’RKI, in quanto autorità vincolata da istruzioni, forniva una presunta legittimazione scientifica». Inoltre, l’istituto non avrebbe obiettato quando « l’EMA e la Pfizer volevano annullare gli studi di fase III» e riguardo quindi alla presunta intenzione di testare «la vaccinazione in modo altrettanto ampio su tutta la popolazione, in modo che l’approvazione di emergenza sia più rapida».
Tale denuncia, ripresa anche da alcuni giornali nazionali come il Berliner Zeitung, ha portato il Robert Koch Institute a pubblicare un comunicato di risposta, nel quale si legge: «Dal 23 luglio 2024 il presunto “set di dati completo di tutti i verbali delle riunioni della squadra di crisi dell’RKI dal 2020 al 2023, non redatto” è disponibile per il download da fonti esterne. L’RKI non ha né controllato né verificato i set di dati. L’RKI disapprova espressamente che in questi set di dati vengano pubblicati illegalmente dati personali e segreti commerciali e aziendali di terzi e che in particolare vengano violati i diritti di terzi». Sulla questione poi è intervenuto pure il ministro della Sanità Karl Lauterbach, che ha commentato: «Il RKI stava già programmando, con il mio consenso, di pubblicare i file del team di crisi-Corona. Ora ciò avviene senza che i diritti di terzi, compresi i dipendenti, siano stati preventivamente tutelati. Non c’è ancora nulla da nascondere».
Le accuse fanno seguito a quelle avanzate contro altre istituzioni e politici di altri stati europei, come quelle racchiuse all’interno dell’inchiesta Covid in Italia e all’interno dei “The lockdown files” nel Regno Unito. Mentre la prima infatti rivela che durante l’epoca pandemica è stato reso indefinibile il confine tra autorità scientifiche e politiche, le quali hanno interferito e usato il Comitato Tecnico Scientifico col fine di concordare l’operato del medesimo governo, nel Regno Unito gli oltre 100.000 file hanno mostrato che ministri, funzionari e scienziati hanno utilizzato tattiche intimidatorie per forzare la conformità e far passare diverse restrizioni pandemiche nonostante i dati scientifici suggerissero tutt’altro.
[di Roberto Demaio]
Che sono e sono stati dei porci corrotti, lo sapevamo già, il problema è che non pagherà nessuno per uno dei periodi più bui della storia europe dopo la seconda guerra mondiale!
Niente che non si poteva immaginare. Comunque il CTS deve pagare i danni.