In Nuova Zelanda, il rapporto della Royal Commission porta alla luce una realtà riguardante il passato del Paese, i cui effetti sono però visibili anche nel presente. Secondo il rapporto, circa 200.000 tra bambini e adulti vulnerabili sono stati abusati mentre si trovavano in cura in centri statali o religiosi, tra il 1950 e il 2019. Stupro, sterilizzazione forzata e scosse elettriche sono alcune delle pratiche subite da queste persone. Tra le persone vulnerabili che hanno subito tali azioni vi sono in gran parte gli appartenenti alla comunità Maori, ma anche persone con disabilità psichiche e fisiche. I leader civili e religiosi delle istituzioni coinvolte hanno coperto per decenni gli abusi, spostando gli aguzzini in altri luoghi e negando la colpevolezza, con molte vittime che sono morte prima di vedere giustizia, spiega il rapporto. Il Primo Ministro neozelandese, Christopher Luxon, si è scusato a nome dello Stato per una scoperta che potrebbe porre il governo di fronte a richieste risarcitorie da milioni, se non miliardi, di dollari.
“Disgrazia nazionale”. Così è stato dichiarato il sistematico abuso e abbandono di centinaia di migliaia di neozelandesi nelle strutture di cura. Dopo sei anni di lavoro e ricerca, il rapporto della Royal Commission è stato pubblicato lo scorso giugno, e reso noto mercoledì 24 luglio. Il monumentale resoconto è lungo migliaia di pagine ed è composto da preambolo, nove parti, uno studio sull’esperienza dei “sopravvissuti” (così definite le vittime degli abusi) e cinque casi di studio. Esso segue l’altrettanto ampio studio pubblicato a ottobre 2020, relativo al periodo che va dal 1950 al 1999. Nel rapporto, si legge che dei circa 655.000 casi stimati di persone in strutture di cura, almeno 200.000 avrebbero subito abusi: “il reale numero” delle persone coinvolte, tuttavia, “non sarà mai completamente noto, poiché i registri della maggior parte delle persone vulnerabili ad Aotearoa in Nuova Zelanda non sono mai stati creati, sono andati perduti o, in alcuni casi, distrutti”.
Abusi e negligenza nelle strutture di cura vengono qualificati dalla Royal Commission come “pervasivi”. I casi registrati individuano innumerevoli episodi di razzismo, abilismo (discriminazione verso le persone con disabilità), umiliazione, violenza fisica e psicologica, e abuso sessuale. Secondo alcune testimonianze, nelle strutture veniva sistematicamente utilizzato l’isolamento dei pazienti in stanze “fredde e buie” come pratica di punizione, mentre gli ospiti più “indisciplinati” venivano messi a bada chimicamente. Un’altra forma di punizione che appare sistematica è quella dell’abuso sessuale di vittime che spesso venivano “scambiate” tra gli operatori. Alcune testimonianze parlano anche di abusi sessuali condotti dai medici nei confronti di donne e ragazze usando come scusa le visite di controllo per le malattie vaginali. Secondo il rapporto, le persone che conducevano tali abusi utilizzavano le lacune del sistema per farla franca, e sfruttavano la loro posizione di potere nei confronti dei pazienti come giustificazione. Nel caso delle strutture religiose, a venire usata come arma contro le vittime era invece la posizione di “predominanza morale” che i religiosi avevano verso il paziente. Questa lista interminabile di maltrattamenti avrebbe lasciato il segno sui “sopravvissuti”, che ancora oggi ne vivono i traumi. Da non sottovalutare, inoltre, è l’aspetto dei costi economici che negligenza e abusi avrebbero avuto nel sistema di cura neozelandese. Questi risulterebbero enormi, e raggiungerebbero una cifra che va dai 96 ai 217 miliardi di dollari neozelandesi.
Molti degli abusi registrati dal rapporto sono stati condotti contro minoranze etniche e indigene neozelandesi, come nel caso dei Maori. Il resoconto dedica intere parti proprio agli effetti di ritorno sulle comunità Maori. Su di esse “il trauma dell’abuso ha portato a una problemi sociali molto più ampi, quali il peggioramento della salute, l’aumento dei tassi di incarcerazione, i danni familiari, la disoccupazione, la crescita dei senzatetto, il disagio mentale e i danni materiali, e le ridotte opportunità educative”. In generale, in Nuova Zelanda, “l’istituzionalizzazione ha creato una forma unica di disumanizzazione per il popolo Maori”, che ancora si vede costretto a lottare per i propri diritti. A gennaio le varie tribù sono state infatti chiamate a riunirsi per la prima volta dopo anni, dopo che la nuova coalizione governativa ha annunciato l’intenzione di rivedere parte delle politiche riguardanti i Maori. Tra le proposte, il nuovo Governo pareva anche avere l’intenzione di rivedere il Trattato di Waitangi, documento di fondamentale importanza per la popolazione Māori siglato da questi ultimi e dalla Corona inglese nel 1840, che sancisce i diritti della popolazione indigena.
[di Dario Lucisano]
Forse mi è sfuggito, ma nell’articolo si parla di “religiosi”, operatori, centri.. ma di chi?
Quale Chiesa? Quali istituzioni religiose?
E chi erano gli alti in grado responsabili?
Non viene detto.