L’incontro dei ministri delle finanze del G20 a Rio de Janeiro si è chiuso con quella che è stata definita come la prima storica «dichiarazione fiscale autonoma e completa che che riflette i risultati trasformativi ottenuti fino a oggi dalla cooperazione fiscale internazionale»: su proposta dello stesso Paese ospitante, i ministri hanno riconosciuto l’importanza “che tutti i contribuenti, inclusi gli individui con un patrimonio netto molto elevato“, paghino la giusta quota di tasse. Dopo anni, insomma, i Paesi del G20 hanno iniziato a mettere sul piatto l’eventualità di introdurre misure fiscali che colpiscano i patrimoni dei cosiddetti “super-ricchi”: una svolta che nel suo piccolo si configura come una prima presa di posizione nei confronti della tassazione dei patrimoni degli ultra-miliardari, che arriva in un momento storico in cui la forbice dell’iniquità nella distribuzione della ricchezza si restringe sempre più.
Il vertice del G20 tra i ministri dell’economia si è tenuto a Rio de Janeiro tra giovedì 25 e venerdì 26 luglio. In occasione dell’incontro, il Brasile aveva lanciato la proposta di introdurre una tassa globale sui patrimoni degli ultra-miliardari, fissandola al 2%. Molti Paesi, primo fra tutti gli Stati Uniti, si sono mostrati sin da subito contrari alla proposta; nonostante ciò, il documento finale introduce effettivamente una discussione sulla eventualità di tassare i “super-ricchi”. I ministri, nello specifico, oltre a riconoscere la necessità di colpire i patrimoni dei miliardari, si impegnano ad attuare – “nel pieno rispetto della sovranità fiscale” e in maniera coordinata – le misure adeguate per assicurarsi che i più ricchi paghino veramente le tasse, tra le quali figura l’eventualità di mettere a punto sistemi di controllo anti-evasione di maggiore efficacia. Malgrado la dichiarazione finale discuta del tema in maniera molto generale, e non proponga effettive istanze pratiche, essa si potrebbe configurare come un primo piccolo passo verso la tassazione dei patrimoni degli individui più ricchi del mondo.
Se nei confronti delle multinazionali sono già presenti forme di tassa globale minima, l’eventuale introduzione di una misura fiscale verso i patrimoni individuali dei “super-ricchi” risulta ancora oggetto di discussione. A favore di essa si sono mossi molti Paesi e altrettante associazioni, tra cui Oxfam, che in Italia ha anche lanciato una raccolta firme per “introdurre un’imposta europea sui grandi patrimoni” così da “finanziare sanità, scuola, lavoro e lotta ai cambiamenti climatici”; analoga proposta – che ha raggiunto un milione e mezzo di firme – è stata lanciata dalla piattaforma globale di Oxfam assieme ad altre organizzazioni, proprio in occasione degli incontri di Rio. In generale, i promotori di queste iniziative portano a sostegno dell’introduzione di una tassa sui patrimoni la sostanziale iniquità nella distribuzione della ricchezza. Secondo uno studio pubblicato dalla stessa Oxfam giusto qualche giorno dopo la proposta del Brasile, il famoso 1% più ricco avrebbe infatti accumulato nell’ultima decade 42 milioni di milioni di dollari, circa 34 volte la ricchezza accumulata nello stesso periodo dal 50% più povero. Se la ricchezza media accumulata dall’1% è infatti pari a circa 400.000 dollari, quella del 50% più povero ammonta a 335 dollari. Un rapporto reso noto questo gennaio, invece, mostra come la maggior parte dei grandi ricchi si concentri in poche aree del mondo, e che le disparità paiono destinate ad aumentare sempre più.
[di Dario Lucisano]
Ormai il G7 possono ribattezzarlo il G1 e servetti.