lunedì 29 Luglio 2024

L’avviso di Erdogan: “la Turchia potrebbe invadere Israele per fermare il genocidio”

«Potremmo invadere Israele per fermare il genocidio»: a dirlo è nientemeno che Erdogan, il presidente della Turchia, Paese membro della NATO con a disposizione uno dei più forti eserciti dell’area mediorientale. Un’affermazione forte, a parole, che ha spinto Tel Aviv a replicare nel giro di poche ore: Israel Katz, ministro degli Affari Esteri israeliano, ha infatti suggerito che in questo modo Erdogan stia seguendo le orme di Saddam Hussein, salvo dimenticarsi della fine che questi abbia poi fatto. Solamente nelle prossime settimane sarà possibile capire se lo scambio di battute comporterà una escalation nel conflitto oppure se, come più probabile, le frasi di Erdogan siano rivolte più che altro a raccogliere il consenso dell’opinione pubblica interna.

«Come siamo entrati nel Karabakh e in Libia faremo anche in Israele» ha dichiarato il presidente turco al canale Halk TV, dichiarazioni riprese poi dall’agenzia di stampa TASS. «Niente è impossibile», ha aggiunto Erdogan, «dobbiamo essere forti per fare un passo simile». «Erdogan segue le orme di Saddam Hussein e minaccia di attaccare Israele. Lasciamo che si ricordi cosa è poi successo e come è finita» ha risposto secco il ministro israeliano Katz, in un post su X nel quale appare una foto di Saddam Hussein dopo la sua cattura a fianco di quella del presidente turco. Di fatto, Erdogan ha intrapreso azioni contro Israele sin dall’inizio del genocidio a Gaza. Lo scorso maggio, il ministero del Commercio del Paese ha annunciato di aver interrotto tutte le relazioni commerciali con Tel Aviv, a causa del «peggioramento della tragedia umanitaria» nei Territori Palestinesi. Nel 2023 gli scambi tra i due Paesi hanno raggiunto un volume commerciale di quasi 7 miliardi di dollari. Tuttavia, la decisione della Turchia è stata quella di implementare «rigorosamente e decisamente queste nuove misure finché il governo israeliano non consentirà un flusso ininterrotto e sufficiente di aiuti umanitari a Gaza».

Ciò detto, le motivazioni addotte – ovvero la preoccupazione per la situazione dei palestinesi sotto attacco israeliano – non risultano affatto credibili, dal momento che la Turchia sta portando avanti azioni del tutto simili contro la popolazione curda. Nel corso dei recenti attacchi contro il Rojava (volti a destabilizzare la regione impedendo il regolare svolgersi delle elezioni comunali, che potrebbero confermare democraticamente il controllo delle Forze Democratiche Siriane nella zona e ostacolare il tentativo di Ankara di prenderne il controllo) e contro il Kurdistan iracheno (dove l’esercito di Erdogan sta di fatto portando avanti un’occupazione militare) sono volte a colpire soprattutto la popolazione civile, con sistematici attacchi a infrastrutture e abitazioni e la distruzione di migliaia di ettari di campi coltivati. Le affermazioni di Erdogan, secondo l’opinione di diversi analisti, sarebbero dunque volte soprattutto a conquistare consenso interno e rendere Ankara un punto di riferimento per i Paesi a maggioranza musulmana. Per quanto riguarda il Nagorno-Karabakh, Erdogan non pare essersi ricordato di specificare di essere il principale alleato della parte “forte” ovvero l’Azerbaigian, ricco di gas e petrolio. E secondo quanto dichiarato dal governo di Yerevan in una causa intentata alla Corte Internazionale di Giustizia, lo scorso aprile, l’Azerbaigian, con il supporto degli alleati, ha portato a termine una vera e propria «pulizia etnica» nel Nagorno-Karabakh. Tutti elementi che, messi insieme, pongono non poche domande sul reale senso delle dichiarazioni di Erdogan contro Israele.

[di Valeria Casolaro]

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