mercoledì 25 Dicembre 2024

Il Venezuela sta sprofondando nel caos

All’indomani della proclamazione di Nicolás Maduro come rinnovato Presidente del Venezuela per il periodo 2025-2031, nel Paese è scoppiato il caos. L’opposizione ha infatti denunciato brogli elettorali, e le piazze si sono riempite di persone che ben presto sono finite a scontrarsi con le forze dell’ordine. L’osservatorio venezuelano dei conflitti sociali ha registrato centinaia di proteste in oltre venti Stati del Paese, nonché azioni dirette di gruppi e collettivi paramilitari. A ora, il bilancio delle vittime sembrerebbe essere di poco meno di 20 persone, mentre i feriti sarebbero dozzine. 750, invece, gli arresti condotti dalle autorità, mentre intanto gli scontri non accennano a fermarsi. Intanto il Ministro della Difesa Vladimir Padrino ha rilasciato una dichiarazione video con alle spalle membri delle forze armate del Paese, denunciando quello che definisce un «colpo di stato fascista». Parallelamente, Maduro ha annunciato il dispiegamento di un «piano speciale» che coinvolgerà forze armate e di polizia.

Le proteste in Venezuela sono scoppiate nella notte del 28 luglio, e hanno avuto luogo in primo luogo la capitale Caracas. A venire coinvolti, tra gli altri, sono stati anche gruppi paramilitari che hanno colpito 7 diversi Stati del Venezuela; tra questi il gruppo organizzato Tren del Llano, che ha diffuso un video dallo Stato di Guarico in cui minaccia i funzionari politici e le forze di sicurezza venezuelane di ripercussioni in caso dovessero attaccare i civili, e mancare di ascoltare la «voce del popolo». Non è invece chiaro come siano iniziati gli scontri con i civili. Secondo alcune ricostruzioni, il corteo nella capitale, svoltosi in data 29 luglio, sarebbe inizialmente stato caratterizzato da un clima pacifico, e sarebbe scoppiata una rissa perché polizia e membri dell’esercito schierati a pattugliamento delle strade avrebbero bloccato il cammino ai manifestanti.

Gli scontri hanno visto le forze dell’ordine sparare ai dimostranti con cannoni ad acqua e proiettili di gomma, e lanciare loro addosso gas lacrimogeni; i manifestanti avrebbero invece risposto scagliando pietre e altri oggetti. In seguito a questi primi scontri sarebbero state uccise almeno 4 persone. Il 29 luglio, marce e proteste sono arrivate anche a Valencia, Maracay, San Cristobal, Maracaibo e Barquisimeto, e in generale, solo nella giornata di lunedì, sono state registrate 187 proteste in 20 diversi Stati. Secondo il gruppo per i diritti umani Foro Penal, solo nella giornata di lunedì 29 ci sarebbero stati 11 morti, di cui uno nello Stato di Yaracuy. 6, invece, i morti di ieri, avvenuti in 120 scontri sparsi per 22 diversi Stati. In generale, dalla notte del 28 luglio l’osservatorio venezuelano dei conflitti sociali ha registrato almeno 300 manifestazioni in tutti gli Stati venezuelani, che avrebbero causato circa 80 feriti. In questi giorni di protesta, i dimostranti hanno inoltre bruciato manifesti elettorali di Maduro e abbattuto statue di Chávez, una a La Guaira e una a Mariara. Il bilancio umanitario non riguarda solo morti e feriti. La stessa Foro Penal parla infatti di centinaia di arresti, mentre secondo l’ONG Provea 25 studenti della Universidad Nacional Experimental de la Seguridad sarebbero scomparsi nella sede di Caracas dopo avere protestato contro la rielezione di Maduro.

In seguito allo scoppio delle proteste, Maduro ha accusato direttamente i membri dell’opposizione di avere fomentato quello che il governo definisce come un «colpo di Stato fascista», e ha dichiarato che in particolare la leader dell’opposizione Marina Corina Machado e il candidato Edmundo González Urrutia dovranno rispondere delle loro azioni. Egli ha inoltre lanciato un «piano speciale» di pattugliamento e protezione delle strade, che sarà coordinato anche da Diosdado Cabello, uno dei politici che più furono vicini a Chávez. Dal canto loro le opposizioni hanno invitato a manifestare pacificamente, e mostrato «solidarietà al popolo per la sua giustificata indignazione»; Machado ha inoltre «sfidato» il Consiglio Nazionale Elettorale a consegnare i verbali elettorali, che Maduro ha detto essere stati oggetto di un attacco da parte di un gruppo di hacker. L’opposizione del Venezuela, infatti, denuncia brogli elettorali portando a proprio favore presunti dati nelle loro mani. Wikileaks, ha a tal proposito affermato che tali dati si fonderebbero «su un exit poll effettuato dalla società Edison Research, collegata al governo statunitense, che lavora con organi di propaganda statale statunitense collegati alla CIA ed era attiva in Ucraina, Georgia e Iraq».

[di Dario Lucisano]

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5 Commenti

  1. Che il Venezuela sia una democrazia un po’ opaca lo possiamo immaginare, ma andiamo a vedere i risultati ottenuti in più di vent’anni di “chavismo”. Chiaro che il socialismo latinoamericano non piace ai gringos…

    Qui si rischia sempre una delle solite “rivoluzioni colorate”…

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