Il rischio di escalation in Medio Oriente continua a crescere sempre di più. Nel giro di poche ore, tra la sera di ieri e stamattina, mercoledì 31 luglio, Israele ha portato avanti due diversi attacchi mirati, uno nel Libano e uno in Iran, colpendo le capitali dei rispettivi Paesi con obiettivi ben precisi: il vertice militare libanese Fouad Shukur, e il capo politico di Hamas Ismail Haniye. Il destino del primo, nonostante le caotiche dichiarazioni dei media, è ancora incerto; il secondo è stato ucciso assieme alla sua guardia del corpo. Condanne a Israele e supporto ai movimenti sono arrivati da tutti i loro alleati arabi e filoiraniani, ma non risulta ancora chiaro quale possa essere la risposta dei diretti interessati, specialmente di Hezbollah. L’offensiva a Beirut è stata giustificata come risposta all’attacco di Majdal Shams contro i drusi siriani, mai rivendicato da Hezbollah, ma comunque attribuito a Beirut da Tel Aviv. Lo Stato ebraico si sarebbe a tal proposito detto pronto a seppellire l’ascia da guerra, sempre che Hezbollah non risponda all’offesa; il movimento libanese, invece, è rimasto sul vago, e sta attendendo di conoscere il destino del proprio ufficiale prima di capire come procedere.
Il primo degli attacchi lanciati nelle ultime ore da Israele è stato quello in Libano, a Beirut; l’annuncio dell’offensiva è arrivato qualche minuto prima delle 19.00 di ieri. Qui è stato preso di mira un edificio in cui si trovava anche Fouad Shukur, descritto dalle IDF come il «responsabile dell’omicidio di 12 bambini» a Majdal Shams, nel Golan occupato, riferimento al bombardamento del 27 luglio mai rivendicato da Hezbollah. A causa dell’attacco di ieri sera sono state uccise 3 persone e ferite 74. Le stesse IDF hanno inoltre dichiarato di avere ucciso il comandante libanese, ma le autorità del Paese hanno smentito i fatti. Ancora, tuttavia, non si sa se Shukur sia stato effettivamente ucciso, ed Hezbollah ha dichiarato che la sua risposta all’offensiva dipenderà proprio dalla salute del proprio comandante. Qualche ora dopo, verso le 5 del mattino, Israele ha condotto un secondo attacco a Teheran, in Iran, bersagliando il capo politico di Hamas Ismail Haniye, che si trovava nel Paese assieme a Ziyad Nakhaleh, Segretario Generale della Jihad Islamica Palestinese, per assistere alla cerimonia di insediamento del nuovo Presidente iraniano Masoud Pezeshkian. In seguito all’offensiva mirata Haniye è effettivamente stato ucciso, e le voci di condanna si sono moltiplicate. I vertici iraniani paiono avere organizzato una riunione di emergenza per discutere di una eventuale risposta.
Dopo gli attacchi, i vari movimenti arabi e filo-iraniani hanno rilasciato numerosissime dichiarazioni di condanna, ma nessuna effettiva proclamazione d’intenti. Il clima in questo momento risulta particolarmente caldo, perché rischiano di essere stati uccisi due dei più importanti membri di spicco del fronte arabo vicino a Palestina e Teheran. Secondo molti analisti l’uccisione di Haniye potrebbe portare a un inasprimento delle tensioni: Haniye era il capo politico di Hamas dal 2017, anno in cui è stato ha lasciato il posto di Capo di Hamas nella Striscia di Gaza all’attuale vertice Yahya Sinwar, ed è stato Primo ministro dell’Autorità Nazionale Palestinese dal 2006 al 2007. La sua uccisione si configura come l’eliminazione di un simbolo oltre che di uno dei più importanti politici palestinesi. Secondo Abas Aslani, ricercatore presso il Centro per gli Studi Strategici del Medioriente di Teheran, l’escalation pare «inevitabile», anche considerato il contesto dell’uccisione, avvenuta in occasione di una visita formale di riconoscimento. Sembra invece più incerto secondo gli analisti il rischio di escalation in caso Shukur venisse effettivamente trovato morto: Rich Outzen, analista dell’Atlantic Council, sostiene infatti che né Libano né Israele avrebbero veramente intenzione di allargare il conflitto, e che probabilmente continuerebbero con il classico botta e risposta portato avanti fino a ora. C’è tuttavia da considerare, come fa l’emittente qatariota Al Jazeera, che per quanto i bombardamenti israeliani in territorio libanese siano ormai frequenti dall’escalation del 7 ottobre, attaccare Beirut è tutt’altra cosa, tanto che le stesse IDF l’hanno colpita raramente; a ciò va aggiunto che Shukur sarebbe uno dei più importanti comandanti di Hezbollah a venire ucciso da mesi, e che in generale la tensione pare stare crescendo da giorni.
In questo generale marasma, le varie parti in causa paiono stare prendendo il tempo a loro necessario prima di elaborare una risposta. La situazione, insomma, sembra ancora piuttosto confusa, e le stesse prese di posizione dei movimenti islamici alimentano questo clima generale di incertezza e instabilità.
[di Dario Lucisano]