I membri del movimento di resistenza palestinese Hamas hanno scelto Yahya Sinwar come nuovo capo politico, dopo la morte del precedente leader, Ismail Haniyeh, avvenuta il 31 luglio scorso in un attacco condotto da Israele nel territorio iraniano. Sinwar, 62 anni, è considerato uno dei principali architetti del 7 ottobre ed è sopravvissuto a diversi tentativi di omicidio da parte delle forze israeliane. È noto come uno dei leader di Hamas più popolari a Gaza, soprattutto per la sua scelta di non abbandonare mai la Striscia e di vivere nei tunnel, anziché cercare rifugio in Paesi amici come hanno fatto molti altri membri di alto rango del movimento. Nel comunicato in cui è stata annunciata la sua nomina, Hamas ha definito la scelta di Sinwar un chiaro messaggio «all’occupante che le sue minacce non spaventeranno i capi della resistenza e non comprometteranno le loro decisioni». Israele, invece, non pare avere preso bene la scelta del nuovo leader, tanto che il Ministro degli Esteri di Tel Aviv ha già dichiarato che il neo-eletto Capo politico del partito va «eliminato rapidamente», così da «spazzare via una volta per tutte» Hamas «dalla faccia della Terra».
Yahya Ibrahim Hassan Sinwar, noto come “Abu Ibrahim”, nasce il 19 ottobre 1962 in un campo profughi presso Khan Yunis, nel sud della Striscia di Gaza, da una famiglia originaria di una frazione di Ascalona, città nel Negev occidentale. Da ragazzo si diploma presso le scuole della sua città natale, per poi iscriversi all’Università Islamica di Gaza, dove ottiene la laurea in lingua araba e muove i suoi primi passi nella politica e nell’attivismo. Nel 1982 viene arrestato per la prima volta e incarcerato presso la prigione di Fara’a, per venire rilasciato sei mesi dopo. Nel 1983 partecipa alla creazione del primo abbozzo di nucleo di sicurezza da cui poi si originerà Hamas, affiancando lo stesso ideatore del movimento Sheikh Ahmed Yassin. Nel 1985 torna brevemente in prigione, mentre nel 1986 è tra i fondatori (e vertici) di al Majd, il primo effettivo apparato di sicurezza del movimento ormai prossimo a vedere la luce. Assume così il compito di trovare e punire le spie palestinesi che lavorano per conto di Israele. Nel 1988, anno seguente alla nascita di Hamas, viene catturato e messo in prigione una terza volta per avere ucciso due soldati israeliani e quattro informatori palestinesi, e l’anno seguente viene condannato a quattro ergastoli. Rimane in carcere per 23 anni, 4 di cui in isolamento.
Dato il terzo arresto e la lunga permanenza in carcere, la sua attività politica si sviluppa prevalentemente dietro i cancelli delle prigioni israeliane. In carcere ha ricoperto il ruolo di Alto Comandante dei Prigionieri di Hamas svariate volte ed è stato protagonista (e promotore) di diversi scioperi della fame nel 1992, nel 1996, nel 2000, e nel 2004. Nel suo periodo di prigionia, Abu Ibrahim continua i propri studi, imparando l’ebraico, e affinando le proprie conoscenze negli ambiti di politica e sicurezza, tanto da diventare autore di svariati scritti su questi stessi temi e sulla storia e l’ideologia di Hamas. A partire dal 2006, dall’interno della prigione, Abu Ibrahim inizia a essere una delle principali personalità palestinesi a partecipare alle trattative di negoziato per il rilascio di Gilad Shalit, soldato dell’esercito israeliano catturato da un contingente di Hamas dopo essere stato sorpreso assieme ad altri commilitoni sul confine della Striscia. Nel 2011 viene rilasciato assieme ad altri 1.026 prigionieri palestinesi, in seguito a uno scambio di ostaggi con Israele che prevede il rientro a Tel Aviv dello stesso Shalit. Dopo quell’esperienza diventa uno dei principali promotori della pratica di catturare ostaggi israeliani per organizzare scambi di prigionieri con lo Stato ebraico. Rientrato a Gaza, inizia subito ad assumere ruoli di comando, e nel 2017 viene eletto Capo di Hamas nella Striscia, per venire riconfermato nel 2021. Da dopo l’escalation del 7 ottobre, la sua posizione è ignota, ed egli pare avere deciso di vivere nei tunnel.
Nonostante Haniye non potesse certamente dirsi moderato, Yahya Sinwar è da molti considerato un politico molto più radicale del proprio defunto predecessore. Abu Ibrahim è infatti sempre stato una delle principali voci a sostenere l’importanza della resistenza attiva nei confronti di Israele. Egli è dopo tutto ritenuto essere la mente dietro ai fatti del 7 ottobre, ipotesi appoggiata dai più anche per via della sua visione politica sulla gestione degli ostaggi. Sono particolarmente note le sue frasi cruente contro la presenza dello Stato ebraico in Palestina, e anche la sua storica opposizione alla cosiddetta “soluzione dei due Stati”. Considerati tutti questi elementi, l’elezione di Abu Ibrahim a Capo di Hamas parrebbe configurarsi come una conferma da parte del movimento delle proprie intenzioni a continuare per la via della resistenza. Come comunica lo stesso ufficio stampa di Hamas, la decisione di porre al vertice del gruppo una personalità rigida come Yahya Sinwar si configura come un deciso «messaggio al nemico che siamo entrati in una nuova fase della lotta».
Egli comunque è sempre stato una personalità di spicco nelle trattative di pace, mantenendo aperti i canali con la squadra di negoziatori. Nonostante la sua figura sia particolarmente invisa alle autorità israeliane, che hanno spesso dichiarato apertamente la loro volontà di ucciderlo, è insomma troppo presto per sapere che effetto la sua elezione potrà avere sulle trattative di cessate il fuoco. Almeno parzialmente note, al contrario, le reazioni alla sua nomina, che paiono mantenere invariati gli equilibri interni alla Palestina. I movimenti palestinesi si sono infatti mostrati coesi e in linea con la scelta di Hamas, avanzando congratulazioni al nuovo Capo, e apprezzando la «coraggiosa» decisione di porre al vertice del movimento un politico attivo sul campo. Da lato israeliano, invece, il Ministro degli Esteri Israel Katz ha rilasciato una delle sue abituali dichiarazioni, affermando senza mezzi termini che «l’arciterrorista» va rapidamente fatto fuori.
[di Dario Lucisano]
Sinwar, come risulta dall’articolo, e’ un dirigente con la mente lucida. Egli si oppone alla soluzione 2 stati, che e’ una finzione immaginata dagli Usa e assecondata dagli opportunisti sia occidentali che arabi: si tratta di una formula di intrattenimento che non ha nessun punto di appoggio nella realta’, tanto e’ cosi che tutte le manovre operate in questo senso sono solo servite a Israele per guadagnare tempo fidando nell’ indebolimento della Resistenza palestinese. Questi tentativi ormai sono chiaramente falliti e la lotta si decide sul campo. Al momento e’ Israele che si trova in un vicolo cieco: tutti sono contro tutti, una parte della popolazione ha abbandonato Israele e lo stato e’ ormai un mantenuto degli Usa Il tempo lavora a favore della liberta’ dei popoli dall’imperialismo anglosassone-giudeo. Delenda Israel!
Israele è l’ombelico del mondo loro con l’aiuto degli USA, decidono chi deve vivere e chi deve morire, chi governa e chi gestisce i la giustizia di ogni singolo paese.
Erano.