Il governo italiano ha deciso di ricorrere alla Corte costituzionale contro la moratoria approvata a inizio luglio dalla Regione Sardegna in cui è stata prevista una sospensione di 18 mesi per nuovi progetti legati alla produzione e accumulo di energia rinnovabile. Secondo il governo, questa normativa regionale eccede infatti le competenze attribuite alla Sardegna dallo Statuto, entrando in conflitto con le leggi nazionali ed europee e violando articoli della Carta Costituzionale. Ad attaccare l’esecutivo Meloni è stata, a caldo, la governatrice della Sardegna Alessandra Todde, successivamente accusata di «demagogia» da Fratelli d’Italia. In suo sostegno si sono espressi i parlamentari sardi del Movimento 5 Stelle, che in una nota hanno lanciato il guanto di sfida al governo sulla questione.
L’ipotesi che si arrivasse al ricorso contro la legge sarda n. 5 del 3 luglio 2024, recante il titolo “Misure urgenti per la salvaguardia del paesaggio e dei beni paesaggistici e ambientali”, era stata già ventilata nelle passate settimane dal ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin. Il suo dicastero aveva licenziato nei primi giorni di luglio il provvedimento Aree idonee per le rinnovabili, atto contro cui, secondo l’esecutivo, sarebbe andata la moratoria della Regione Sardegna. Il Consiglio dei ministri, in un attacco a tutto campo, ha richiesto alla Corte Costituzionale di sospendere nell’immediato l’articolo 3 della legge, che rappresenta il nucleo centrale della normativa, in via cautelare. Nel corso della sua storia, però, la Consulta ha permesso la sospensiva immediata a una legge regionale soltanto in un’occasione. A ogni modo, l’intento principale del governo sardo è stato fin dall’inizio quello di sospendere temporaneamente i progetti, aspettando la definizione delle zone idonee, che, secondo i piani della maggioranza regionale, dovrebbero essere delineate a breve. Si prevede che questa mappa sarà pronta prima che si concluda il procedimento davanti alla Corte costituzionale, il che renderebbe superflua la normativa oggetto di contestazione. «In queste settimane alcuni hanno giudicato la nostra una legge debole, che non bloccava nulla, inutile, un regalo agli speculatori, che il governo non prendeva neanche in considerazione; colpo di scena: avevamo ragione noi – ha scritto sui propri canali la governatrice Alessandra Todde -. Infatti, al contrario, la legge si è dimostrata efficace e di impatto, obbligando il Governo ad impugnarla chiedendone la sospensione immediata visti i tanti reclami ricevuti». Todde ha poi aggiunto: «Il lavoro della giunta non si ferma. La mappa delle aree idonee dovrà essere consegnata entro 180 giorni a partire dal 3 luglio e noi stiamo già lavorando alla sua stesura». La presidente della Regione Sardegna è stata supportata dai parlamentari sardi del Movimento 5 Stelle, che hanno parlato di una impugnazione «in spregio a ogni regola», aggiungendo: «Il Governo si rassegni, stiamo facendo tutti i passi necessari per arrivare a una conclusione rispettosa dell’ambiente, dell’economia e della salute dei cittadini».
La popolazione sarda da tempo denuncia come tra le pieghe della transizione energetica si nasconda una speculazione che saccheggia un territorio già martoriato dalla presenza – anch’essa imposta – delle basi militari e dei poligoni di tiro. Nell’isola sono infatti state presentate 809 richieste di allaccio di impianti di produzione di energia rinnovabile alla rete elettrica nazionale che, se approvate, produrrebbero 57,67 Gigawatt di potenza. A fine aprile è emerso che la più grande fabbrica di pannelli fotovoltaici della Repubblica Popolare cinese, la Chint, si è accaparrata dall’azienda spagnola Enersid il più importante progetto solare mai concepito a livello europeo, allungando i suoi tentacoli su mille ettari di terreni nel nord della Sardegna. Anche in seguito alla moratoria approvata dalla Regione, il popolo sardo ha continuato a dare battaglia, non ritenendo il provvedimento sufficiente a tutelare il territorio. Mentre nel porto di Oristano, dove è nato il presidio permanente contro il transito dei mezzi speciali che trasportano le pale eoliche, a metà luglio si sono registrate tensioni con le forze dell’ordine. Dalla questura di Oristano, nelle settimane successive, sono partite notifiche di indagini verso alcuni protagonisti dei presidi.
[di Stefano Baudino]
L’ Italia non è più dei suoi cittadini ormai da anni. Cominciamo dalle basi militari estere, che vanno aumnetando e vanno ad occupare aree che non sono più a disposizione dei cittadini e delle loro attività . La Sardegna anche in questo insegna. Abbiamo un territorio con il maggior numero di aree monumnetali e città divenute patrimonio dell’Unesco , ci fà piacere , ma questo non può significare che le città d’arte si snaturino in unica funzione del turismo allontanando per motivi ecoomici i cittadini . I cittadini in un paese baciato dal mare quasi ovunque non ha quasi più accessi al mare se non a caro prezzo . Vero che chi ha avuto le concessioni ha fatto quello che avrebbe dovuto fare lo stato: ovvero l’adeguata manutenzione delle coste. Dunque neanche il mare è più dei cittadini italiani. E le multinazionali sono già lì in agguato per accaparrarsele, con la scusa del libero mercato come se anche il mare fosse un mercato e non un bene naturale . Ma non poteva bastare tutto questo adesso, con stato compiacente ,si comprano anche aree naturalistiche e agroalimentari per la transizione ecologica. Io sto con i Sardi e con tutti quelli che tentano di ribellarsi allo scempio selvaggio del nostro paese . Ma di che camperanno gli Italiani fra qualche anno? Forse faremo anche noi la fine degli indiani d’America ? Speriamo che le riserve siano in belle aree.
Ci stiamo autodistruggendo, nessuno pensa veramente al benessere del cittadino, ma solo a interessi personali politici per spolpare al massimo questo stato e svenderlo alle multinazionali