“Vogliamo l’acqua dal rubinetto, no al Ponte sullo Stretto”. Queste le poche, ma incisive parole che hanno fatto da motto per la manifestazione messinese contro la costruzione della grande opera, a cui hanno partecipato diversi comitati e organizzazioni. La protesta si è svolta sabato e ha visto migliaia di cittadini sfilare in corteo verso Piazza del Popolo. Il messaggio dietro allo slogan della dimostrazione è un chiaro riferimento al grave stato di siccità in cui versa la Sicilia, le cui provincie negli ultimi giorni sono state costrette ad attuare pratiche di razionamento dell’acqua. Le proteste di questo fine settimana si collocano sulla scia di un grande moto di dissenso che ha interessato il progetto del Ponte sullo Stretto sin dal suo concepimento, che tra le altre cose chiede anche che quei 13,5 miliardi vengano utilizzati per altri scopi, considerati maggiormente utili per la comunità, come, appunto, il potenziamento della rete idrica regionale.
La manifestazione contro il Ponte sullo Stretto si è tenuta sabato 10 agosto e ha visto la partecipazione di circa 3.000 persone. Alla manifestazione hanno partecipato vari comitati e organizzazioni, tra cui anche un membro della Freedom Flotilla, approdato a Messina a bordo di Handala, la barca con la quale l’equipaggio salperà per rompere l’assedio a Gaza. Il corteo è stato organizzato dalla Rete No Ponte e chiede con forza che la società “Stretto di Messina Spa venga chiusa. Definitivamente“. I manifestanti hanno marciato sotto il coro “vogliamo l’acqua dal rubinetto, no al Ponte sullo Stretto”. Tale slogan fa riferimento all’emergenza siccità che investe la Sicilia da mesi. A Messina, nello specifico, per limitare l’utilizzo di acqua potabile, è iniziata da qualche giorno la sua erogazione a giorni alterni. Con questo motto, i No ponte intendono sottolineare come i soldi destinati alla grande opera potrebbero venire utilizzati per scopi più vicini a quelle che sono le reali necessità dell’isola: “i 14 miliardi di euro che il governo vuole impegnare per un’inutile e devastante infrastruttura, devono invece essere utilizzati per ammodernare la rete idrica, per una sanità migliore che smetta di funzionare secondo logiche aziendali e di profitto”, e “per la messa in sicurezza del territorio dal rischio incendi, idrogeologico e sismico”, scrivono gli organizzatori sui social.
Quella di sabato 10 agosto non è la prima contestazione contro il progetto della grande opera sullo Stretto di Messina e Reggio Calabria. La costruzione del Ponte sullo Stretto è infatti contestata sin dal suo concepimento. Esso dovrebbe venire a costare (per ora) 13,5 miliardi di euro. Ad aprile è iniziato l’iter di esproprio, contro cui oltre cento cittadini hanno intentato una causa, portando in tribunale la società Stretto di Messina SPA. Già a maggio, tuttavia, il piano di aprire i cantieri nel 2024 è naufragato, così come la stessa possibilità di consegnare entro i termini il progetto completo dell’opera. La scadenza per la presentazione del piano era infatti fissata il 31 luglio, ma, non essendo il progetto ancora pronto, il Governo ha presentato delle modifiche al cosiddetto “DL Infrastrutture” autorizzando l’approvazione dell’opera “per fasi costruttive”, ossia a pezzi.
[di Dario Lucisano]