La Plaça d’Osca, punto di ritrovo del quartiere di Sants, durante l’orario degli aperitivi, si riempie più del solito. I tavolini dei bar che affollano il rettangolo della piazza, sono stati ammassati sui lati, dietro gli alberi, lasciando così libero il centro. Generalmente, eventi come questo si svolgono nella vicina Plaça Bonet i Muixì, più ampia, ma attualmente delimitata dal comune di Barcellona per riforme strutturali. Siamo a metà luglio e tre collas si stanno preparando per dare inizio all’ultimo spettacolo di castellers della stagione, prima dell’inizio delle grandi feste di quartiere che caratterizzano l’agosto barcellonese. I minuti passano e dalle vie circostanti fanno capolino numerosi gruppi di persone; indossano tutte dei pantaloni bianchissimi e sopra delle camicie colorate a rappresentare la propria colla.
I castellers appartengono alla tradizione delle feste catalane, insieme ai correfocs, i gegants e i balli di gruppo come le sardanas. Non è raro imbattersi in queste celebrazioni durante i mesi estivi: ogni paese (e, nella città più grandi, ogni quartiere), nell’intera Catalogna, vanta la propria Festa Major e le rispettive entità popolari che lavorano duramente per animare ogni anno le feste. L’origine dei castellers si perde nel passato della regione: alcuni studiosi affermano che già nel decimo secolo si praticavano alcuni balli, inizialmente di origine pagana, poi confluiti in riti cattolici, che erano soliti concludersi con l’esibizione di torri umane. Con il tempo, in particolar modo nella provincia di Tarragona, lo spettacolo si separò dal rito religioso, concentrandosi esclusivamente sui castells. La prima torre documentata risale al 1770 nella città di L’Arboç, durante le feste decennali della Virgen de la Candela dels Valls, occasione in cui il castello superò per la prima volta i sei piani d’altezza. Da questo momento in poi la pratica si è diffusa sull’intero territorio catalano, i castells sono stati diversificati, catalogati in varie forme, hanno raggiunto altezze elevatissime e, negli ultimi anni, hanno valicato i confini della Catalogna, attraverso la fondazione di collas in tutto il mondo e con l’organizzazione di eventi e competizioni.
Alle sei la piazza è gremita. Inizia ufficialmente la preparazione e ogni casteller dà il via alla sua routine prima dell’esibizione. In ogni angolo è possibile vedere lunghi panni tesi a mezza aria e i castellers, con l’aiuto di una persona della colla, cingersi strettamente la vita per formare una cintura lungo i fianchi. Questa pratica è fondamentale, perché permette a chi deve arrampicarsi sul castell di avere un punto d’appoggio lungo i corpi affastellati in equilibrio. Le bambine e i bambini si divertono inseguendosi tra loro e arrampicandosi sui pali della luce. Il momento è arrivato.
A dare il via all’esibizione è la colla padrona di casa, quella dei Castellers de Sants; nel centro della piazza si forma un capannello di persone vestite con il colore del gruppo, una camicia grigia, anche se non mancano castellers di altre squadre, pronti a dare una mano nella formazione della pinya, le «fondamenta» del castello. In pochi secondi si eleva la prima parte, i baixos (i bassi) del tronc, composto da quattro uomini, che mantenendosi in equilibrio e stringendosi tra loro, permettono ai successivi gruppi di ragazze di procedere con la costruzione del castello. È in questo momento che tre persone della colla iniziano a suonare la melodia dell’esibizione, due ciaramelle e un tamburo scandiscono l’evoluzione del castello, accompagnando, con un crescendo melodico che segna la tensione del momento, le ragazze che compongono i successivi tre piani del castello. Il Pom de dalt segna l’ultimo piano della struttura, due bambine strette tra loro rimangono in equilibrio in attesa dell’elemento finale; scalando le spalle e le teste delle compagne della sua colla, la enxaneta, una bambina protetta da un casco, si accinge a raggiungere rapidamente la cima. Ad una quindicina di metri d’altezza, sulle note del Toc de Castells, l’enxaneta chiude il castell alzando la mano.
La musica incessante fa da sottofondo allo «scarico» del castello, in pochi istanti le bambine in cima scivolano lungo i corpi in equilibrio e gradualmente il tronco viene disfatto perdendosi nella pinya, gli applausi del pubblico accorso nella piazza esaltano l’esibizione di un castello perfettamente eseguito. Conclusa l’esibizione dei Castellers de Sants, è il turno della colla dei castellers con la camicia rosa, che ripetono la stessa struttura del castello precedente. «Più tempo passa, più è difficile mantenere il castello, perché chiaramente si accumula la fatica» mi spiega Jordi, il rappresentante dei Castellers d’Igualada «un altro momento delicato è quando la enxaineta supera il lato opposto, perché c’è un cambio di peso; ma il castello è ben allenato e ci esibiamo spesso; quindi, non c’è un momento particolarmente complicato». La squadra si allena praticamente tutto l’anno, iniziando a febbraio e interrompendo l’allenamento a luglio, per poi ricominciare con le esibizioni in concomitanza con le feste di agosto, fino a metà novembre. Nonostante la piazza veda la presenza di numerose famiglie nelle quali genitori, figli e figlie facciano parte della colla, tramandando così la tradizione, è normale vedere anche tanti bambini che si sono avvicinati ai castellers autonomamente, come nel caso dello stesso Jordi.
«Ho iniziato vent’anni fa, li vedevo nella Festa Major di Igualada e volevo andarci anch’io, fino a quando qualcuno che già faceva parte della colla mi ci ha portato». Le persone più piccole hanno così la possibilità di far parte dell’intera comunità, relazionandosi sia con coetanee, che con partecipanti di ogni età, dando così vita ad uno scambio intergenerazionale. «È una rappresentazione della società, spesso i bambini fanno attività solo tra loro e con la famiglia, qui invece hanno l’opportunità di conoscere quaranta, cinquanta persone più grandi e quando cresci ti senti parte di una famiglia ancora più grande».
Mentre le varie collas presentano castelli di diversa forma, alcuni più alti e stretti, composti da tronchi di due sole persone o alcuni inizialmente più complessi, che durante l’esibizione si «spogliano» lasciando eretta una torre composta da cinque persone impilate una sopra l’altra, non è difficile riflettere su quanto questa tradizione così antica e indissolubilmente legata al territorio, possa rischiare, in un mondo così globalizzato, di svanire, perdendosi tra i subdoli meandri della mercificazione turistica; questo rischio, però, non sembra intimorire Jordi: «Io non credo che questa tradizione si possa perdere; si fanno castells da molti anni e adesso la tradizione si è rafforzata, ci sono più di cento collas in Catalogna, ce ne sono a Mallorca o a Madrid, e alcune internazionali a Londra e a Parigi, quindi credo che difficilmente spariranno».
Le feste di paese e di quartiere animano le sere d’estate in Catalogna, colorano le strade con decorazioni e festoni, le piazze si riempiono fino a tarda notte per ascoltare la rumba che risuona fino agli ultimi piani dei palazzi circostanti. I balconi, decorati con i simboli dell’indipendentismo catalano, ospitano chi, per combattere la calura estiva, cena all’aperto e intanto gode del viavai della gente sottostante. Anche sui balconi della Plaça d’Osca, rettangolo incastonato nel quartiere di Sants, sventolano le bandiere dell’indipendenza, e sulla cima del castell l’enxaineta sembra toccarle con un dito.
[testo e foto di Armando Negro]