giovedì 21 Novembre 2024

La TAV non c’è, ma i costi continuano a lievitare: il nuovo preventivo è di 11,1 miliardi

Il costo della tratta internazionale della TAV Torino-Lione, in costruzione tra Italia e Francia, è aumentato da 8,6 a 11,1 miliardi di euro, con un incremento del 30%. È quanto reso noto da Telt, l’ente responsabile dei lavori e partecipato da Italia e Francia, che ha aggiornato le previsioni di spesa per la realizzazione e l’equipaggiamento della linea ferroviaria, convalidato dalla società di consulenza Grant Thornton Financial Advisory Services. L’aggiornamento, necessario per rispondere agli impegni verso i governi italiano e francese, tiene conto dell’assegnazione degli appalti principali, dell’avanzamento dei lavori e di una più precisa valutazione dei rischi. Ad aver esercitato grande influenza su tale dinamica sono state in particolare le variate condizioni macroeconomiche e l’aumento dei costi delle materie prime. Inoltre, la consegna della sezione transfrontaliera, prevista inizialmente per il 2032, è stata posticipata al 2033. Nel frattempo, mentre in Francia i lavori proseguono senza sosta, l’Italia resta incredibilmente indietro, essendo ferma alle operazioni preliminari nel cantiere del tunnel di base, il cui scavo non è ancora partito.

Telt è stata molto chiara: i costi della realizzazione del TAV Torino-Lione saranno molto più alti e la consegna della parte centrale e più significativa della nuova linea ferroviaria che collega Italia e Francia slitterà di un anno. Tre, secondo l’ente responsabile dei lavori dell’opera, le ragioni principali: la volatilità del contesto macroeconomico degli ultimi quattro anni, l’esplosione della domanda nel settore dei lavori pubblici in Italia e in Francia e una serie di vincoli geologici legati alla complessità tecnica dell’opera che sono stati attestati durante i lavori. «La pandemia di Covid-19 e il conflitto in Ucraina, in particolare, hanno comportato la necessità di tenere conto di costi supplementari, nonché di ritardi che possono arrivare fino a 12 mesi in alcuni cantieri», ha scritto Telt in un comunicato, aggiungendo che, in questo scenario, «la disponibilità di materie prime si è fortemente ridotta e il loro costo è sensibilmente aumentato rendendo talvolta necessario ridefinire i piani di approvvigionamento». Una forte pressione sulla disponibilità di manodopera qualificata e sull’approvvigionamento di materie prime, spiega la società, sarebbe stata poi prodotta dalla «realizzazione simultanea» di altri grandi progetti quali le opere connesse al PNRR, il tunnel del Brennero, il Terzo Valico, il Grand Paris Express e le opere per i Giochi Olimpici di Parigi 2024. Telt indica poi tra le cause dell’innalzamento dei costi e dei ritardi anche «difficoltà tecniche non prevedibili» emerse «durante lo scavo dei quattro pozzi di ventilazione di Avrieux, in Francia», dove sarebbe risultato necessario implementare «soluzioni innovative», tra cui «l’utilizzo di nuovi robot» che permettono «una migliore risposta ai problemi sul campo e una maggiore efficienza nella gestione e nel coordinamento dei vari cantieri operativi».

Mentre i lavori in Francia sul tunnel di base proseguono spediti, contro una narrativa mainstream che continua a parlare dell’assoluta necessità dell’opera, la verità è che sul versante italiano, al netto dei pomposi annunci politici, non si muove praticamente foglia. Eppure, mentre da trent’anni di discute della realizzazione del collegamento, tra inchieste giudiziarie, ritardi nei lavori, rinvii e infiltrazioni mafiose, l’area del cantiere di Chiomonte è chiusa e militarizzata dal 2011. All’ordine del giorno vi è ad oggi solo l’ampliamento delle strutture collaterali – che, oltre all’aumento dei costi, comporta la cementificazione di aree sempre più ampie della valle e il consumo di risorse che sarebbero fondamentali per il territorio – mentre, come confermato dagli stessi membri della Commissione tecnica, da questa parte delle Alpi non è ancora stato scavato un centimetro del tunnel di base. A patire le conseguenze della proliferazione dei cantieri per le opere collegate più o meno direttamente all’Alta Velocità sono, ovviamente, i residenti, le cui terre sono state negli anni oggetto di numerosi espropri. Nelle ultime settimane è giunta la comunicazione dell’avvio degli espropri a partire dall’autunno di case e terreni sul territorio del comune di Susa, dove sorge uno storico presidio nella lotta contro l’Alta Velocità.

[di Stefano Baudino]

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