giovedì 21 Novembre 2024

L’Ucraina avrebbe già missili italiani, ma non li potrebbe usare

Le forze armate di Kiev avrebbero già nella loro disponibilità missili d’attacco italiani, ma – almeno per il momento – non potrebbero farne uso. È quanto emerso negli ultimi giorni in seguito a un botta e risposta indiretto tra il governo ucraino e le autorità italiane, andato in scena sulle colonne de La Stampa. Intervistato dal quotidiano, infatti, ieri Mykhailo Podolyak, consigliere del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, ha chiesto all’esecutivo Meloni di dare «al più presto» all’Ucraina «il permesso di usare gli Storm Shadow per attaccare a lunga distanza». Svelando, di fatto, che l’Italia non ha inviato a Kiev soltanto i sistemi di difesa antimissile Samp-T, ma anche i missili a lunga gittata realizzati dal consorzio europeo Mbda, partecipato anche dall’italiana Leonardo. All’appello ha risposto, sempre su La Stampa, una fonte autorevole del Ministero della Difesa, che dietro la garanzia dell’anonimato ha detto: «Il governo ha detto di no ed è no. Quei missili possono essere utilizzati solo dentro l’Ucraina. In Crimea, nel Donbass, o dovunque serva a difendersi dall’aggressione di Mosca. Ma non in Russia». In realtà, all’interno dell’esecutivo volano gli stracci, mentre la premier Giorgia Meloni assiste al dibattito senza fornire sul punto alcun commento.

Il monito pervenuto all’Italia è ad oggi ancora una sollecitazione informale, non essendo stata inoltrata una richiesta ufficiale al ministro della Difesa Guido Crosetto. «Per usare gli Storm Shadow fuori dai confini dovrebbero chiederci l’autorizzazione – ha chiarito a La Stampa la fonte del Ministero della Difesa –. E qui non parliamo solo di autorizzazione politica. È un via libera tecnico. Funziona più o meno così: loro individuano un target, ci chiedono se possono attivare i missili con quell’obiettivo e noi diciamo sì oppure no». Il dibattito interno alle forze di maggioranza sul potenziale utilizzo dei missili italiani da parte delle forze armate ucraine a scopo “offensivo” in territorio russo è molto caldo. La Lega di Matteo Salvini – che prima dell’ultima tornata elettorale europea aveva dichiarato che il suo partito non avrebbe più votato nuovi invii di armi senza sapere in maniera chiara per quali finalità sarebbero stati usati – è uscita allo scoperto, evidenziando le conseguenze nefaste di una potenziale escalation prodotta dagli attacchi ucraini in Russia e annunciando che, ove il governo non si esporrà formalmente condannando l’incursione ucraina sul suolo russo e non chiarirà l’utilizzo delle armi inviate dall’Italia, ne chiederà conto nelle aule parlamentari. Una linea simile è stata espressa da Forza Italia, il cui leader Antonio Tajani ha dichiarato: «Non siamo – né come Paese, né come Nato – in guerra contro la Russia. Mai manderemo truppe, per intenderci. Pur comprendendone le ragioni di difesa, le armi inviate dall’Italia non possono essere usate fuori dall’Ucraina». Nel frattempo, il ministro della Difesa Guido Crosetto aveva inizialmente affermato che gli attacchi delle forze di Kiev nella regione russa di Kursk «allontanano la pace», per poi fare rapidamente marcia indietro e parlare dell’offensiva come di una «tattica difensiva» per «allentare la tensione» in territorio ucraino e di «una mossa razionale, con una logica sia di tecnica militare che di politica militare». Dal canto suo, la premier Giorgia Meloni si è trincerata dietro un eloquente silenzio, non facendo alcuna dichiarazione pubblica in merito all’offensiva ucraina.

Le forniture di armi all’Ucraina da parte dell’Italia sono state autorizzate attraverso vari decreti legge approvati dal Parlamento italiano. Il primo è stato emesso nel marzo 2022, seguito da altri decreti successivi che hanno esteso e ampliato l’invio di armamenti. Nonostante i decreti legislativi abbiano autorizzato le forniture militari, i dettagli precisi riguardanti la tipologia e la quantità di armi inviate rimangono riservati, ufficialmente per ragioni di “sicurezza nazionale”. I cittadini non possono dunque conoscere i contenuti del pacchetto di aiuti inviati all’Ucraina dal nostro Paese, essendo stato esteso dal governo anche a tutto il 2024 il segreto sulle liste degli armamenti e degli equipaggiamenti militari forniti a Kiev. Il loro contenuto viene infatti esposto solo al Comitato Parlamentare per la Sicurezza della Repubblica (Copasir). Lo scorso aprile, però, in un’intervista rilasciata al quotidiano inglese The Times, il ministro della Difesa del Regno Unito, Grant Shapps, aveva reso noto che l’Italia fosse coinvolta nella fornitura di missili a lungo raggio Storm Shadow a Kiev. Parlando di questi missili, definite armi «straordinarie» che «stanno facendo una differenza molto significativa», il titolare del dicastero britannico aveva infatti spiegato che a posizionarli per l’uso, «in particolare in Crimea», erano «il Regno Unito, la Francia e l’Italia». Ora vi è, su questo, la prova del nove.

[di Stefano Baudino]

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