lunedì 30 Dicembre 2024

La preoccupante attrazione dei giornalisti RAI per l’ideologia e i simboli neonazisti

Dopo il caso dei giornalisti del Tg1 Battistini e Traini, denunciati per aver violato il diritto internazionale, avendo attraversato illegalmente il confine russo per le riprese video a Sudzha, nella regione di Kursk, un altro giornalista della RAI finisce nella bufera. Questa volta, a scatenare le ire di Maria Zakharova, portavoce del ministro degli Esteri russo Lavrov, e a innescare la polemica, è un reportage di Ilario Piagnerelli, inviato di RaiNews24 in Ucraina, che ha intervistato un soldato con un simbolo nazista sul cappello. Lo stesso Piagnerelli in un post su X, ha spiegato di non aver notato se non dopo la messa in onda, la presenza del simbolo: «Mi rammarico profondamente di aver dato voce, anche se per pochi secondi, a un soldato ucraino che solo dopo la messa in onda del reportage ho notato indossare una patch con un simbolo nazista». Peccato che i più non si siano accorti che i soldati con i simboli nazisti in bella mostra fossero, in realtà, due: il primo, in mimetica, reca uno Schwarze Sonne (“Sole Nero”), cucito sulla divisa. Si tratta di un antico simbolo della runologia esoterica che rappresentava la ruota solare, di cui si appropriò il misticismo nazista e che venne poi ripreso a partire dagli anni Novanta da diversi movimenti legati al neonazismo.

Il secondo militare intervistato nel servizio RAI reca sul berretto un altro simbolo che fa riferimento alla 1. SS-Panzer-Division “Leibstandarte SS Adolf Hitler”, la più importante divisione delle Waffen-SS impegnata fin dal 1939 in tutti i fronti nei quali fu dispiegata nel corso della Seconda guerra mondiale. Già trovare un tale concentrato di simboli nazisti in un unico breve reportage della RAI è preoccupante. A giudicare dal montaggio del video, sembrerebbe che il tecnico abbia provato, con scarso successo, a nascondere i due simboli, che però non sono sfuggiti a un occhio attento. È quantomeno incomprensibile che chi lavora come inviato di guerra per il servizio pubblico non sappia riconoscere i simboli nazisti o, volutamente, li ignori, mandando in onda interviste a esponenti di milizie neonaziste. 

Per carità, nulla di nuovo e nulla di cui stupirsi. Abbiamo già analizzato in passato le acrobazie lessicali e il processo di mistificazione adottato da numerosi giornalisti per edulcorare la narrazione riguardante i neonazisti del Battaglione Azov o di Pravyj Sektor. Sebbene la presenza di potenti gruppi neonazisti armati in Ucraina sia nota almeno dal 2014 e documentata oltre ogni ragionevole dubbio, dopo lo scoppio della guerra russo-ucraina la narrazione mainstream, pur di glorificare la resistenza di Kiev, ha falsificato la storia, dipingendo i battaglioni nazisti semplicemente come romantici “nazionalisti”, “patriottici” che leggono Kant o “partigiani anti-Putin”, come ha fatto lo stesso Piagnerelli in un altro servizio per Rainews relativamente alla Legione Libertà della Russia (un’unità militare creata dal Ministero della difesa ucraino, formata da oppositori politici, ex prigionieri di guerra e disertori russi) e il Corpo Volontario Russo (un’unità militare dell’Ucraina, formata da oppositori politici russi, indicati come in gran parte appartenenti all’estrema destra neonazista).

Il fondatore del Corpo Volontario Russo è il neonazista russo Denis “Nikitin” Kapustin, uno dei più famosi estremisti di destra del continente europeo, cresciuto in Germania, dove il ministero degli Interni tedesco Herbert Reul lo ha definito «uno dei più influenti attivisti neonazisti» del Paese. È anche un imprenditore legato a una ditta svizzera, Fighttex, gestita da Florian Gerber, un estremista di destra. Soprannominato il “re bianco”, è il fondatore di un marchio di abbigliamento diventato un punto di riferimento della galassia nera eversiva: si tratta di White Rex, un brand nato nel 2008, attraverso il quale ha prodotto magliette con immagini di svastiche, dell’onnipresente Sole nero, croci celtiche e testi violenti di stampo suprematista e xenofobo.

Per ribattere alle polemiche di questi giorni, Piagnarelli, nomen omen, si è lamentato ancora su X dell’esistenza di una «una rete di profili pro-invasione legati a Mosca, che dedica le sue risorse a screditare il lavoro mio e degli altri inviati. Fingono sconcerto, ma hanno trovato in quell’immagine un formidabile argomento di propaganda anti-ucraina». Proprio questa “rete di profili” su Telegram ha raggruppato alcune delle numerose “anomalie” dal punto di vista deontologico, che mostrano l’esuberanza del giornalista nell’avallare o giustificare con compiacenza posizioni di estrema destra, come quando su X ha difeso le motivazioni dei neonazisti del Corpo Volontari Russo, perché, a suo dire, «l’ideologia è una cosa loro personale». Curioso osservare la corrente alternata per cui il neonazismo diventa accettabile se chi lo abbraccia porta avanti battaglie “liberali” che piacciono all’Occidente collettivo

La simpatia per i “partigiani” neonazisti non si ferma qui: in un servizio Piagnerelli ha definito Dmytro Kotsiubailo come un “giovane combattente”, dimenticandosi di precisare che Kotsiubailo era il leader del gruppo neonazista Pravyj Sektor, che nel gennaio 2014 è stato uno degli attori più importanti negli scontri in Via Hruševs’k, come parte della protesta Euromaidan. Pravyj Sektor fu coinvolto anche negli scontri che portarono all’incendio della casa dei sindacati di Odessa, avvenuto il 2 maggio 2014, in cui trovarono la morte 48 persone fra attivisti e personale del sindacato.  È stata poi la volta di un reportage in cui il nostro ha curato un appassionato ritratto del defunto Maksim Kryvtsov, il “soldato poeta”, omettendo anche in questo caso di ricordare che anche Kryvtsov era un combattente di Pravyj Sektor (come si evince peraltro bene dai simboli che campeggiano sulle bandiere al suo funerale).

L’inviato RAI tradisce, peraltro, la sua simpatia per la propaganda ucraina e anti-russa anche in altre occasioni, come quando ha condiviso il video del canale neonazista Radicalnya di Oleg Rachko (il cui logo è ancora una volta il Sole nero nazista), dove urinano sulla tomba dei genitori di Putin. Al di là del cattivo gusto, un calo di diottrie deve aver appannato la vista a Piagnarelli che nuovamente non ha riconosciuto il simbolo nazista del Sole nero nel logo del canale. Evidentemente, tutto fa brodo pur di demonizzare il nemico russo.

[di Enrica Perucchietti]

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10 Commenti

  1. Ognuno ha le proprie idee, e deve essere libero di manifestarle. Cio’ che conta e’ il patriottismo di chi e’ in guerra: un proverbio cinese recita : “non conta il colore del mantello del gatto, l’importante e’ che prenda il topo”.
    Il vero scandalo e’ che la televisione di stato si ostini a presentare solo una verita’, senza tener conto del contesto che ha portato la Russia ad iniziare il conflitto.

  2. Grazie E. P.
    E’ da apprezzare profondamente il ricorso alla semantica ed al simbolismo (nazi). Dettagli, per evidenziare la totale ignoranza dei più basilari elementi deontologici del giornalismo. Siamo di fronte ad una narrazione propagandistica che non appartiene a nessuna forma di reportage. Da qualsiasi parte essa provenga.

  3. Ovviamente mi dovrei meravigliare, non lo posso fare è di tale infimo grado la propaganda RAI , ma non solo per onestà, che se mi meravigliassi vorrebbe dire che non mi ero accorta di niente in due anni di storie. Questi non possono essere chiamati giornalisti e se l’informazione non fosse completamente occupata e manovrata da tempo l’ordine dei giornalisti ne avrebbe già dovuti estromettere non pochi. Perchè meravigliarsi della presenza di forze neonaziste nel oblast di Kursk , forse non sapevano chi c’era nel Donbass prima dell’invasione ? Eppure stranamente qualcuno proprio della Rai lo aveva detto , ad esempio tg2 del 2016. Se non ci fosse dapiangere questa farsa dell’informazione sarebbe comica . Perchè non è stata da ridere la santificazione di Navalny ? Forse si erano scordati che proveniva proprio dalle frange neonaziste russe prima di lasciarsi comprare dagli americani? Cosa altro dire.

    • Sarà banale, ma in un frammento del servizio, la giornalista commentando l’intervento delle truppe ucraine nel oblast di Kursk, tiene a far notare che le case dei borghi invasi sono (sarebbero) intatte! Frase evidentemente preparata a tavolino prima del servizio, questa l’impressione.

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