giovedì 22 Agosto 2024

Nel 2023 sono stati uccisi 280 operatori umanitari, il numero più alto di sempre

Nel 2023 sono ben 280 gli operatori umanitari uccisi in tutto il mondo, dei quali oltre la metà (163) solamente a Gaza. Si tratta della cifra più alta mai registrata, che nel 2024, almeno sulla base del trend delineato nei primi otto mesi, è addirittura destinata ad aumentare. L’aggressione israeliana in Palestina – di cui si contano le sole vittime dei primi tre mesi successivi all’inizio del conflitto tra Israele e Hamas – ha di certo pesantemente contribuito al dato, ma un alto numero di morti è stato registrato anche in altri contesti, come Sud Sudan, Sudan, Israele, Siria, Ucraina, Somalia, Repubblica Democratica del Congo e Birmania. Il capo ad interim dell’Ufficio Umanitario delle Nazioni Unite (OCHA), Joyce Msuya, ha parlato di una «normalizzazione della violenza contro gli operatori umanitari», che rende gli interventi estremamente pericolosi, richiedendo un’azione urgente da parte dei leader mondiali per porre fine alle violazioni contro i civili e agli attacchi impuniti contro il personale umanitario.

Questo drammatico bilancio è stato alimentato principalmente dalle ostilità in tre regioni particolarmente pericolose: la Striscia di Gaza, il Sud Sudan e il Sudan. Se oltre la metà delle morti è stata registrata a Gaza, la maggior parte delle quali appartenenti all’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi, l’UNRWA, e principalmente a causa dei bombardamenti dell’esercito israeliano, altri contesti altamente letali per gli operatori umanitari sono stati il ​​Sud Sudan, dove 34 operatori hanno perso la vita a causa del conflitto tra fazioni militari rivali, e il Sudan, con 25 vittime causate dalla guerra civile scoppiata tra due generali rivali nell’aprile 2023. Anche l’Ucraina è entrata nella top ten, contando sei morti nel corso del primo anno solare completo nella cornice del conflitto contro la Russia. La stessa quantità di vittime tra gli operatori umanitari è stata registrata nella regione di Amhara in Etiopia, devastata dalla guerra. Altri sette sono stati segnalati in Siria, mentre se ne contano cinque in Somalia, quattro in Myanmar e quattro nella Repubblica Democratica del Congo. Guardando al 2024, il rapporto avverte in maniera esplicita che l’anno in corso potrebbe addirittura consegnare un bilancio più tragico rispetto a quello che ci siamo lasciati alle spalle. Infatti, sulla base della ricostruzione dell’Aid Worker Security Database, che monitora tali cifre fin dal 1997, al 9 agosto di quest’anno sono stati uccisi 176 operatori umanitari in tutto il mondo. «Continueremo a intervenire e a portare aiuto nelle crisi umanitarie in tutto il mondo, ma la situazione ci impone di assumere una posizione unita per chiedere la protezione del nostro personale, dei volontari e dei civili che serviamo», conclude il rapporto.

Le leggi internazionali a tutela del personale umanitario durante i conflitti sono radicate principalmente nel diritto internazionale umanitario (DIU), che comprende una serie di trattati e convenzioni volti a proteggere coloro che non partecipano attivamente ai conflitti, compresi i lavoratori umanitari. Tra queste norme figurano le Convenzioni di Ginevra, lo Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale, nonché le Convenzioni dell’AIA e diverse risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Nonostante il diritto internazionale sia netto nel dichiarare che gli operatori umanitari non devono essere uccisi durante i conflitti e qualsiasi attacco contro di loro debba essere considerato un crimine di guerra, la realtà dei conflitti armati comporta rischi significativi per questi lavoratori, spesso a causa di violazioni delle leggi internazionali da parte degli attori coinvolti. Per questo, 413 organizzazioni umanitarie hanno inviato una lettera aperta agli Stati membri dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a nome della Inter-Agency Standing Committee (IASC) in cui chiedono la protezione dei civili e degli operatori umanitari, l’adozione di misure attive per proteggerli e l’assicurazione che i responsabili degli attacchi rispondano del loro operato.

[di Stefano Baudino]

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