Ha trovato ampio spazio sui media la ratifica dell’adesione alla Corte Penale Internazionale approvata dal Parlamento ucraino. Questa mossa è stata salutata come una dimostrazione della volontà di Kiev di rispettare lo stato di diritto anche in tempo di guerra, a differenza della Russia, che non aderisce alla Corte (così come, d’altra parte, non vi aderiscono neppure Stati Uniti, Cina e Israele). Tuttavia, leggendo l’atto approvato dai deputati ucraini, ci si rende rapidamente conto che l’adesione alla Corte incaricata di perseguire i crimini di guerra, sarà in realtà una misura di facciata almeno per i prossimi sette anni. Il testo approvato, infatti, specifica che Kiev intende avvalersi dell’articolo 124 del Trattato di Roma, che prevede la possibilità – per i Paesi che vi si appellano – di non accettare per i primi sette anni di adesione la competenza della Corte sui crimini di guerra commessi sul suo territorio o da suoi cittadini. Quindi, gli eventuali crimini di guerra commessi da cittadini ucraini saranno giudicabili non prima del 2031.
«L’articolo 124 del Trattato di Roma è una norma che si era cercato di abolire con un emendamento del 2015, che però non entrò mai in vigore – spiega a L’Indipendente Riccardo Noury, portavoce e direttore dell’Ufficio comunicazione di Amnesty International Italia –. Apprezziamo certamente la volontà e la decisione del Parlamento ucraino di aderire allo statuto della Corte Penale Internazionale, ma riteniamo che questa adesione non debba essere selettiva». I sette anni di “esenzione” dai propri eventuali crimini di guerra, comunque non rinnovabili, furono richiesti da alcuni Stati che aderirono al Trattato; una norma “selettiva”, appunto, contro cui Amnesty e diverse organizzazioni internazionali si erano battute.
I crimini di guerra, come è facile intuire, sono spesso commessi da entrambe le parti in conflitto. Da un lato, la cosiddetta strage di Bucha, avvenuta all’inizio del conflitto e attribuita all’esercito russo, sebbene mai certificata da un organismo internazionale indipendente, si configura come un crimine di guerra. Dall’altro, i numerosi video circolati sul web in cui si vede l’esercito ucraino giustiziare militari russi già catturati, legati e bendati, non potranno neppure essere oggetto di indagine per verificare se si tratti di immagini reali o false. Dal punto di vista reale, insomma, sulla possibilità da parte di giudici internazionali di verificare ed emettere sentenze in merito a possibili crimini di guerra avvenuti in Ucraina non cambierà nulla.
[di Giancarlo Castelli]