domenica 25 Agosto 2024

Il fondatore di Telegram, Pavel Durov, è stato arrestato in Francia

Pavel Durov, il fondatore e CEO dell’applicazione di messaggistica Telegram, è stato arrestato intorno alle ore 20:00 di ieri, 24 agosto, all’aeroporto di Le Bourget, nei pressi di Parigi. Secondo quanto riportato dal media televisivo francese TF1, il 39enne stava viaggiando a bordo del suo jet privato, in arrivo dall’Azerbaigian, accompagnato dalla sua guardia del corpo e da una donna quando le autorità francesi, agendo su un mandato di arresto nell’ambito di un’indagine preliminare, lo hanno fermato. L’arresto è stato eseguito dai gendarmi della GTA (Gendarmeria dei Trasporti Aerei francesi), che avrebbero agito in base a un mandato di perquisizione eseguibile solo sul territorio francese, il che solleva interrogativi sul motivo per cui Durov abbia scelto di atterrare in Francia, un Paese dove era già stato segnalato come persona non gradita. Il mandato sostiene che Durov e Telegram siano complici nel traffico di droga, nel terrorismo, nei crimini pedopornografici e nelle frodi che avvengono sulla piattaforma, a causa della «mancanza di moderazione, della scarsa cooperazione con le forze dell’ordine e degli strumenti offerti da Telegram».

Secondo fonti di TF1, l’arresto è stato possibile grazie a un’operazione congiunta tra le autorità francesi e le agenzie internazionali, che hanno monitorato i suoi movimenti per settimane. Durante l’arresto, le autorità hanno anche sequestrato materiale informatico e documenti dal jet di Durov. Il mandato di arresto è stato emesso dalla magistratura francese dopo che numerose denunce erano state presentate da diverse associazioni che difendono cittadini e parenti di cittadini che affermano di aver subito crimini commessi tramite Telegram. Le accuse si concentrano principalmente sulla diffusione di contenuti illeciti e sulla mancata rimozione di canali utilizzati per attività criminali, come la vendita di droghe e la condivisione di materiale pedopornografico.

Secondo quanto riportato dai media francesi, Durov potrebbe comparire davanti al giudice per le indagini preliminari già nelle prossime ore. quello che avverrà, tuttavia, rimane incerto, con la difesa di Durov che potrebbe contestare la legalità del mandato di arresto e delle perquisizioni effettuate, sostenendo che le accuse siano infondate e che non vi sia stata una reale collaborazione internazionale nei termini previsti dalla legge. La questione si presenta spinosa e in costante divenire.

Il ministero degli Esteri russo ha comunicato che l’ambasciata russa in Francia si è immediatamente attivata «per chiarire la situazione del cittadino russo arrestato». Mentre la portavoce del ministero, Maria Zakharova, si è detta curiosa di scoprire se le organizzazioni per la libertà di espressione e dei media «chiederanno il suo rilascio o ingoieranno la lingua».

Le relazioni tra Durov e il potere russo sono in ogni caso tutt’altro che idilliache, quindi rimane da vedere quanto Mosca vorrà realmente spendersi per il caso. Già nel 2013, Durov si scontrò con il Cremlino per aver rifiutato di fornire al Servizio di sicurezza federale russo (FSB) i dati sugli utenti ucraini della piattaforma VK (un social network da lui fondato ed estremamente popolare nei Paesi post-sovietici) che avevano preso parte a manifestazioni contro l’allora presidente filorusso al potere a Kiev, Viktor Yanukovych. «Mi sono rifiutato di soddisfare queste richieste, perché avrebbe significato un tradimento dei nostri utenti ucraini. Dopodiché, sono stato licenziato dalla società che io stesso ho fondato e sono stato costretto a lasciare la Russia», spiegò Durov in un messaggio pubblico.

Le tensioni con il potere russo sono poi proseguite negli anni seguenti. Il governo russo ha cercato di bloccare Telegram nel 2018, dopo che Durov si era rifiutato di consegnare le chiavi di crittografia all’intelligence russa. Nonostante i tentativi di censura, il blocco si è dimostrato largamente inefficace, e nel 2020 il governo russo ha rimosso il divieto, ammettendo indirettamente il fallimento dell’operazione.

Anche a causa delle frizioni con il Cremlino e dei rischi di censura dentro e fuori la madrepatria, Durov scelse di portare la sede di Telegram a Dubai. Negli anni, Telegram è diventata un’applicazione usata da 900 milioni di persone nel mondo, una via di mezzo tra una chat e un social network (con cui condivide la possibilità di creare canali di ampia diffusione) che si è accreditata anche come piattaforma dove trovare informazioni non filtrate sulla guerra in Ucraina, scenario nel quale è stata utilizzata da canali russi e ucraini in egual misura e senza che vi fosse censura verso nessuna delle due parti.

Un’assenza di censura applicata in generale a ogni ambito e per la quale le autorità francesi ora presentano il conto. Lo scenario è il solito: l’assenza di sanzioni sui contenuti viene criticata dalle autorità europee in quanto permetterebbe la diffusione potenzialmente virale di informazioni false e la proliferazione di contenuti di odio, di ispirazione neonazista, terroristici o pedopornografici. Proprio sulla presenza di contenuti pedopornografici ha fatto leva il procedimento giudiziario francese. Su questo punto, già da tempo, su L’Indipendente abbiamo spiegato come, nei nuovi indirizzi di contrasto alla pedopornografia su cui lavora Bruxelles, sia ben presente il rischio di poter confondere arbitrariamente il confine tra diritto, sorveglianza poliziesca e censura.

[di Riccardo Ongaro]

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