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Zuckerberg ha confessato le pressioni della Casa Bianca per censurare i contenuti sul Covid

Pressioni da parte della Casa Bianca su Meta per limitare e censurare diversi contenuti riguardanti la pandemia, che comprendevano persino l’umorismo e la satira, decine di milioni di post rimossi a causa delle “regole di moderazione dei contenuti” e persino una fantomatica operazione di «disinformazione russa» sulla famiglia Biden, che è costata la censura al New York Post e che si è poi rivelata tutt’altro che infondata: si può riassumere così quanto emerge dalla lettera scritta dall’amministratore delegato di Meta, Mark Zuckerberg, alla commissione giudiziaria della Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti. Il proprietario dei social network Facebook e Instagram si è detto «dispiaciuto» e «rammaricato» per quanto accaduto e, sempre all’interno della lettera, si concede anche un passaggio sulla campagna elettorale per le presidenziali USA 2024, assicurando che l’obiettivo è quello di «essere neutrale e di non giocare un ruolo in un senso o nell’altro».

All’interno della lettera, pubblicata [1] in versione integrale dalla Commissione giudiziaria della Camera su X, si legge: «Nel 2021, alti funzionari dell’amministrazione Biden, inclusa la Casa Bianca, hanno ripetutamente esercitato pressioni sui nostri team per mesi affinché censurassero determinati contenuti relativi al COVID-19, inclusi umorismo e satira, e hanno espresso molta frustrazione nei confronti dei nostri team quando non eravamo d’accordo. In definitiva, è stata una nostra decisione se rimuovere o meno i contenuti e siamo responsabili delle nostre decisioni, comprese le modifiche relative al COVID-19 che abbiamo apportato alla nostra applicazione in seguito a questa pressione». Un documento che certamente assomiglia a una lettera – almeno indiretta – di scuse, visto che Zuckerberg prosegue scrivendo: «Credo che la pressione del governo sia stata sbagliata e mi rammarico di non essere stati più espliciti al riguardo. Penso anche che abbiamo fatto alcune scelte che, con il senno di poi e con nuove informazioni, non faremmo oggi. Come ho detto ai nostri team in quel momento, sono fermamente convinto che non dovremmo compromettere i nostri standard di contenuto a causa delle pressioni di qualsiasi amministrazione in entrambe le direzioni, e siamo pronti a respingere se qualcosa del genere dovesse accadere di nuovo».

L’amministratore delegato di Meta prosegue citando un esempio concreto: in vista delle elezioni presidenziali del 2020, l’FBI avrebbe avvertito la piattaforma di una eventuale «potenziale operazione di disinformazione russa» riguardante la famiglia Biden e Burisma, azienda con cui faceva affari il figlio Hunter. Ciò ha causato la censura [2] ad un articolo del New York Post che riportava accuse di corruzione riguardanti l’allora candidato democratico alle presidenziali. «Abbiamo inviato quell’articolo ai verificatori dei fatti per la revisione e l’abbiamo temporaneamente retrocesso in attesa di una risposta. Da allora è stato chiarito che la notizia non era disinformazione russa e, in retrospettiva, non avremmo dovuto declassare la storia. Abbiamo modificato le nostre politiche e i nostri processi per assicurarci che ciò non accada di nuovo: ad esempio, non declassiamo più temporaneamente le cose negli Stati Uniti in attesa dei verificatori dei fatti», ha aggiunto. Infine, Zuckerberg ha promesso il suo impegno a rimanere neutrale durante la campagna in corso per le prossime presidenziali e ciò, alla luce delle numerose accuse [3] riguardanti spese da milioni di dollari che avrebbero portato ulteriori elettori a Biden, sembrerebbe quindi una rassicurazione tutt’altro che indifferente per i repubblicani. «Il mio obiettivo è essere neutrale e non interpretare un ruolo in un modo o nell’altro, o addirittura dare l’impressione di recitare un ruolo. Quindi non ho intenzione di dare un contributo simile in questo ciclo», ha poi aggiunto.

In conclusione, la lettera conferma ciò di cui avevamo scritto in molteplici occasioni, ovvero che durante la pandemia di Covid-19 numerosi contenuti [4], post satirici o riguardanti [5] informazioni non allineate alla comunicazione governativa, sono stati rimossi con lo spauracchio del “pericolo di disinformazione” mentre in realtà vi era l’influenza della politica [6] e di agenzie governative [7] come l’FBI.

[di Roberto Demaio]