Hanno sbancato migliaia di metri cubi all’interno del Parco Naturale Regionale Sirente-Velino, in Abruzzo, nelle operazioni di scavo di un bacino per l’innevamento artificiale, pur non possedendo le dovute autorizzazioni. Per questo, la Procura dell’Aquila ha disposto la citazione diretta in giudizio per il direttore dei lavori e il responsabile della ditta esecutrice che si stavano occupando della realizzazione dello Stadio del fondo per lo sci in località Piani di Pezza, nel Comune aquilano di Rocca di Mezzo. Di conseguenza, il progetto è stato accantonato. Dirimente per l’apertura del procedimento e lo stop ai lavori è stato l’impegno profuso dalle associazioni ambientaliste Stazione Ornitologica Abruzzese, Salviamo l’Orso e WWF, che hanno da subito denunciato l’avvio delle operazioni e presentato gli esposti che hanno portato i magistrati abruzzesi a fare luce sulla vicenda.
All’interno del decreto, la Procura spiega di avere stabilito la citazione diretta in giudizio per i due soggetti – ovvero l’azione penale diretta da parte del PM, che cita gli imputati a comparire direttamente davanti al giudice monocratico – poiché essi avrebbero «realizzato uno scavo di 3200 metri cubi all’interno del Parco, ma anche di una Zona di Protezione Speciale e di una Zona Speciale di Conservazione, in assenza delle prescritte autorizzazioni o comunque non rispettando l’iter autorizzativo previsto con riferimento alla Valutazione di Incidenza pertanto iniziando i lavori in assenza delle prescritte autorizzazioni». Nello specifico, le fattispecie di reato contestate sono inerenti a violazioni di articoli del Testo Unico dell’Edilizia e del Testo Unico dei Beni Culturali sulla realizzazione di lavori su beni paesaggistici. L’udienza predibattimentale andrà in scena al tribunale ordinario dell’Aquila il prossimo 8 gennaio 2025. «I nostri esposti avevano rilevato numerose irregolarità, dalla procedura di Valutazione di Incidenza all’indisponibilità dei terreni gravati da uso civico – hanno commentato la Stazione Ornitologica Abruzzese e Salviamo l’Orso, esprimendo entusiasmo per la decisione della Procura –. Ovviamente seguiremo il procedimento penale ma da subito è indispensabile ripristinare i luoghi, vieppiù in considerazione dell’entrata in vigore del regolamento europeo sulla rinaturalizzazione».
Le organizzazioni esponenti hanno giudicato «sconcertante» l’idea di spendere più di un milione di euro per «sbancare migliaia di metri cubi di un parco, al fine di realizzare un bacino in cui, in piena crisi climatica, si pensa di usare addirittura l’acqua potabile per produrre l’innevamento artificiale». Al netto di specifiche vicende giudiziarie come questa, infatti, si tratta di un fenomeno che ha suscitato forti critiche da parte dei network ambientalisti, in particolare per come è stato avallato, promosso e finanziato dal governo Meloni. Nel giro di due anni, infatti, l’esecutivo ha stanziato oltre 400 milioni di euro di fondi pubblici a beneficio di nuovi impianti di risalita e per i sistemi di innevamento artificiale delle piste da sci. Una scelta che contrasta non soltanto con quanto denunciato da comitati e comunità montane che, a più riprese, negli ultimi anni hanno denunciato come lo sci di massa sia nocivo per i territori dal punto di vista sociale e ambientale, ma anche con quanto messo nero su bianco nel 2022 in un report dalla Banca d’Italia, che ha spiegato come l’innevamento artificiale e la pratica dello sci alpino non siano più sostenibili dal punto di vista economico per la sempre minore presenza di precipitazioni nevose a causa del surriscaldamento. L’innevamento artificiale è inoltre causa di grande consumo idrico – per innevare artificialmente le montagne occorre infatti utilizzare enormi quantità di acqua, che peraltro viene sempre prelevata da torrenti, fiumi, sorgenti o dalla rete idrica potabile – e di inquinamento dei territori per l’impiego di sostanze chimiche nella produzione della neve sintetica. Risultando, dunque, particolarmente impattante a livello ambientale.
[di Stefano Baudino]