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In Israele 500mila persone sono scese in piazza per chiedere un accordo con Hamas

Dopo il ritrovamento dei corpi di 6 ostaggi all’interno di un tunnel di Hamas, in Israele è scoppiato il caos. Le principali firme sindacali hanno lanciato uno sciopero nazionale, il primo dal 7 ottobre, e domenica è esplosa una protesta in diverse città del Paese in cui si sono verificati anche scontri con la polizia. «È impossibile restare a guardare di fronte al grido dei nostri bambini che vengono assassinati nei tunnel di Gaza», ha dichiarato Arnon Bar-David, segretario dell’Histadrut, il principale sindacato israeliano. Di fronte a quello che Bar-David descrive come uno stallo nelle trattative portato avanti per «interessi politici», l’unico modo per ottenere una tregua e fare tornare a casa gli ostaggi sarebbe quello di mobilitare la cittadinanza: «sono giunto alla conclusione che solo il nostro intervento potrà smuovere coloro che hanno bisogno di essere smossi»; un’osservazione ragionata, che tuttavia non prende nemmeno in considerazione l’eventualità di chiamare in causa lo sterminio dei palestinesi. Anche questa volta, insomma, l’attenzione delle manifestazioni israeliane è rivolta esclusivamente agli ostaggi, e a venire richiesta risulta essere non una pace per la pace, ma una tregua per la sola liberazione degli ostaggi.

Le proteste in Israele sono scoppiate ieri sera, domenica 1 settembre, e sono arrivate dopo l’annuncio dello sciopero generale lanciato dai principali sindacati del Paese. A scendere in piazza sono state diverse centinaia di migliaia di persone (il quotidiano israeliano Haaretz [1] parla di 300.000 persone, mentre l’agenzia di stampa Reuters [2]ne cita 500.000), in molteplici città israeliane. I manifestanti hanno bloccato le strade di tutto il Paese per chiedere al Governo di siglare un accordo per fare rientrare a casa gli ostaggi nelle mani di Hamas. Nel corso dei sollevamenti, si sono verificati scontri con la polizia, che ha impiegato idranti e granate stordenti per disperdere i presenti; altrove, gli scontri parrebbero essere stati più volenti, e un totale di 15 persone sembrerebbe essere stata arrestata. A Tel Aviv il corteo ha trasportato sei bare finte lungo una delle strade principali della città, e alla fine della marcia ha preso parola Arnon Bar-David, che ha criticato le decisioni dell’esecutivo Netanyahu. Al termine del corteo, Bar-David ha ricordato lo sciopero che è stato lanciato per la giornata di oggi.

Stamattina decine di migliaia di israeliani non si sono presentate sul luogo di lavoro per rispondere alla chiamata di Bar-David. Lo sciopero [3] è stato chiamato dallo stesso Histadrut, ma ha trovato il sostegno anche dell’Israel Business Forum (la principale sigla che rappresenta i lavoratori nel settore privato), e del leader dell’opposizione Yair Lapid. È la prima volta che l’Histadrut indice uno sciopero generale dal 7 ottobre [4]. Le contestazioni sono iniziate alle 6:00 del mattino (le 5:00 italiane), e hanno coinvolto anche l’aeroporto Ben Gurion a partire dalle 8:00. Anche per quanto riguarda lo sciopero, a venire richiesto dai dimostranti è il raggiungimento di una tregua con lo scopo di portare a casa gli ostaggi: una manifestazione che ha il solo scopo di salvare la vita di 100 persone, insomma, e non di denunciare le azioni dell’esecutivo nella Striscia, che hanno portato a oltre 40.000 morti certi e più di 180.000 stimati [5]. Nel mentre, infatti, anche giornali e grandi leader mondiali non fanno che rimarcare la «brutalità» di Hamas e la necessità di estirpare il movimento dalla faccia della Terra. La Vicepresidente statunitense e candidata democratica alle elezioni presidenziali in programma il prossimo novembre Kamala Harris [6] ha rilasciato una dichiarazione in cui denuncia la «malvagità» di Hamas e il «sangue» che scorrerebbe tra le sue mani, senza citare quello che macchia le uniformi dell’esercito israeliano. Lo stesso Bar-David ha rivolto tutta la sua attenzione alla questione degli ostaggi, senza spendere una parola in difesa dei palestinesi.

Nel mentre continua l’assedio israeliano tanto di Gaza, quanto della Cisgiordania [7]. Stamattina, l’esercito israeliano ha preso di mira una scuola che fungeva da rifugio per gli sfollati, uccidendo 11 persone; parallelamente a Jenin, in Cisgiordania, i palestinesi si stanno vedendo negare l’accesso a cibo, acqua ed elettricità. Dall’escalation del 7 ottobre, Israele ha ucciso almeno 40.738 palestinesi nella Striscia; dall’inizio delle operazioni militari in Cisgiordania di mercoledì, invece, sono state uccise 29 persone.

[di Dario Lucisano]