martedì 3 Settembre 2024

Covid, per la Corte Europea la sospensione dei sanitari non vaccinati è legittima

La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha respinto il ricorso di 26 operatori sanitari – 19 sammarinesi, 6 italiani e un moldavo – che nel 2021 avevano rifiutato di vaccinarsi contro il Covid-19. I ricorrenti, che lavoravano presso l’Istituto per la Sicurezza Sociale di San Marino, avevano contestato le misure adottate, ma la Corte ha ritenuto che le azioni dello Stato fossero giustificate e proporzionate, data l’eccezionalità della pandemia e l’obiettivo legittimo di proteggere la salute pubblica. I giudici hanno osservato che, sebbene la vaccinazione non fosse obbligatoria, le restrizioni erano necessarie per salvaguardare la popolazione, inclusi gli stessi ricorrenti. La Corte ha inoltre sottolineato che le misure avevano carattere temporaneo e non avrebbero influito in modo significativo sul benessere materiale e psicologico degli interessati. La pronuncia segue la medesima logica che, nel 2022, aveva portato la Corte Costituzionale italiana a dichiarare «non irragionevoli né sproporzionate» le decisioni prese dal legislatore nel periodo pandemico sull’obbligo vaccinale del personale sanitario.

I ricorrenti erano stati sospesi nel maggio del 2021, dopo essere stati sollecitati a farsi inoculare e aver risposto negativamente. Alcuni di loro vennero spostati in posizioni diverse con stipendi inferiori, altri accettarono di svolgere lavori di pubblica utilità per 600 euro al mese, altri ancora si rifiutarono di offrire servizi alla comunità e, dunque, non vennero nemmeno in parte retribuiti. Ricorrendo davanti alla CEDU, i sanitari hanno lamentato che i provvedimenti che li avevano colpiti avrebbe violato il diritto all’eguaglianza, al lavoro, all’autodeterminazione e alla salute. Per i giudici, però, la sospensione dei sanitari che avevano rifiutato il vaccino non si configura come una sanzione disciplinare, bensì come «una misura che cercava il giusto equilibrio tra il diritto al lavoro e il diritto alla salute delle persone che utilizzavano i servizi sanitari». A San Marino, in seguito alla sospensione dei ricorrenti, erano state raccolte 750 firme per un ricorso di iniziativa popolare che evidenziava come non ci fossero ragioni scientifiche a supporto di un diverso trattamento tra chi aveva deciso di vaccinarsi e le persone inoculate, non essendoci certezza che queste ultime fossero immuni dalla malattia e non fossero in grado di contagiare altre persone. Nonostante già alcuni mesi prima della sospensione dei sanitari il primo Assessment Report dell’EMA (European Medicines Agency) sul vaccino Pfizer/BioNTech avesse indicato che non c’erano ancora evidenze sufficienti per affermare con certezza che il vaccino prevenisse la trasmissione del virus da persona a persona, la CEDU ha voluto chiudere la questione, respingendo le istanze avanzate dai ricorrenti. Recentemente, inoltre, all’interno di una lettera indirizzata a un’associazione che l’aveva interpellata sul punto, anche l’Agenzia italiana del farmaco italiana (AIFA) ha ammesso che nessuno dei vaccini anti-Covid approvati e distribuiti in Italia è in grado di prevenire il contagio e quindi la diffusione del virus. Proprio alla luce di questa ennesima conferma, in molti reputano che dovrebbero essere rivalutate le misure restrittive imposte e i loro effetti, con conseguenze significative sulle cause legali in corso contro lo Stato sull’obbligo vaccinale e i danni subiti da chi è stato escluso dal lavoro o da altre attività sociali per l’entrata in vigore delle misure di prevenzione.

La decisione della CEDU segue a ruota quanto statuito, il primo dicembre del 2022, dalla Corte Costituzionale del nostro Paese. Nonostante l’emissione di una lunga serie di sentenze da parte di tribunali italiani in cui sono state giudicate illegittime le sospensioni dei sanitari non vaccinati, di cui sovente è stato disposto il reintegro, la Consulta ha infatti ritenuto «non irragionevoli, né sproporzionate, le scelte del legislatore adottate in periodo pandemico sull’obbligo vaccinale del personale sanitario» e «ugualmente non fondate», in riferimento non solo al personale sanitario, ma anche a quello scolastico, «le questioni proposte con riferimento alla previsione che esclude, in caso di inadempimento dell’obbligo vaccinale e per il tempo della sospensione, la corresponsione di un assegno a carico del datore di lavoro per chi sia stato sospeso».

[di Stefano Baudino]

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