Stanze riservate agli studenti affittate ai turisti per €150 al giorno. Questa, l’ultima scoperta della Guardia di Finanza a Venezia, che coinvolgerebbe il campus di Santa Marta dell’Università Ca’ Foscari, amministrato dal gestore di abitazioni studentesche Camplus. Dopo lo scandalo, i giornali locali hanno riportato principalmente le dichiarazioni dell’Università e di Camplus: la prima si è detta «esterrefatta» dalla notizia ed estranea alla questione; Camplus, invece, ha specificato che la convenzione con l’ateneo consentirebbe l’affitto turistico durante i mesi estivi. In pochi, tuttavia, si sono degnati di sentire gli studenti: «Era il segreto di Pulcinella; lo sapevano tutti a Venezia che le residenze private affittavano le stanze degli studenti ai turisti», ha dichiarato a L’Indipendente un rappresentante degli studenti che ha preferito rimanere anonimo. Lungi dal trattarsi di «singole mancanze formali» come reclamato da Camplus, e dall’essere ignota all’Università, come sostiene Ca’ Foscari, secondo gli studenti, la pratica di affittare gli appartamenti studenteschi ai turisti sarebbe nota e particolarmente diffusa, e si estenderebbe in generale a entrambi gli studentati dell’isola.
Le operazioni della Guardia di Finanza sono state condotte congiuntamente con la polizia locale veneziana e sono state rese note dalla stampa martedì 27 agosto. Quando le forze dell’ordine hanno effettuato l’ispezione, all’interno degli edifici di Santa Marta dormivano 480 persone, di cui 28 turisti. Nello specifico, le stanze sarebbero state date in affitto tramite la piattaforma di prenotazione Airbnb con una tariffa di €150 al giorno per un periodo di permanenza da una a sette notti. In seguito ai controlli, la Guardia di Finanza ha multato sia Camplus sia il dirigente dell’ESU (l’azienda regionale per il diritto allo studio) che si è occupato della convenzione. L’Università Ca’ Foscari di Venezia ha rilasciato una breve nota in cui lascia intendere di non c’entrare nulla con la questione, mentre Camplus sostiene che non ci sarebbe stata alcuna «violazione della normativa» ma solo qualche errore formale. Effettivamente, un articolo de La Nuova Venezia uscito nel 2015 relativo al bando per la riqualificazione dell’area sembrerebbe dare più ragione alla versione di quest’ultima. L’Indipendente non è riuscito a verificare il contenuto del bando.
Gli studenti, però, forniscono un terzo punto di vista: «È due anni che vivo nel campus di Santa Marta, ed è due anni che vedo turisti entrare e uscire dalla struttura; tutto l’anno, non solo d’estate», ci racconta Alessandro, che incuriosito avrebbe chiesto spiegazioni alla portineria; questa gli avrebbe comunicato che la struttura non è aperta ai visitatori e che quelle persone che Alessandro identificava come tali fossero individui «che affittavano su appalto scolastico», come per esempio professori. Anche Giovanni, nel suo anno di residenza al campus, è stato testimone dello stesso andirivieni di persone, ma non si è mai posto dubbi circa i motivi della presenza di così tanti esterni. Per quanto riguarda la questione degli affitti estivi, ci spiega Giovanni, il periodo di permanenza previsto dal contratto va da settembre al 30 giugno e coincide con la fine della sessione. La ragione è semplice: «dopo, durante l’estate, gli appartamenti vengono dati in affitto ai turisti», ci dice; è «una cosa nota», continua lo studente, a tratti confuso dal polverone alzato dalla notizia. Effettivamente, ci spiega Margherita dell’occupazione di San Sebastiano, l’Università non poteva che essere a conoscenza di tutto: «Durante l’occupazione per la Palestina, l’Università ha lanciato un incontro in un periodo in cui gli studenti non avevano più il posto garantito in studentato, ma la governance dell’ateneo ha fatto finta di non saperne nulla», ci racconta la studentessa; «Oggi non possono fare le facce da bronzo, perché il problema gli è stato presentato mesi fa», denuncia Margherita.
Eppure, il campus di Santa Marta sembra non essere l’unico a mettere in affitto le stanze degli studenti al miglior offerente: anche la struttura di San Giobbe, amministrata dal gestore DoveVivo, sarebbe particolarmente avvezza alla pratica. Come a Santa Marta, secondo le testimonianze degli studenti, i contratti di San Giobbe scadrebbero il 30 giugno, «ma in realtà già dalle settimane precedenti vieni tartassato di mail minatorie», che, con la scusa di dovere ripitturare le pareti e spostare i mobili, «ti chiedono sostanzialmente di sloggiare», racconta Anna a L’Indipendente. A San Giobbe, a detta di Mario, che ha vissuto due anni presso la residenza, «è capitato che alcuni studenti ricevessero delle agevolazioni» come sconti sull’affitto «se acconsentivano a uscire prima del 30 giugno»; anche qui, nel corso di tutto l’anno, «quando non ci sono studenti nelle stanze, ci sono turisti», ci dice Mario, e a quanto pare «non se ne fa in alcun modo segreto, è tutto molto esplicito», continua lo studente. Pare che alcune stanze della struttura siano però riservate «alle famiglie e ai turisti»; queste sarebbero comunque affittate «anche agli studenti, chiedendo loro un enorme sovrapprezzo», denuncia Anna.
Tanto a Santa Marta quanto a San Giobbe, secondo i racconti degli studenti, gli appartamenti andrebbero lasciati tassativamente entro il 30 giugno e chiunque voglia rimanere oltre tale data sarebbe tenuto a pagare un affitto maggiorato, ma «agevolato». Le stesse stanze, però, risultano particolarmente onerose già in periodo invernale: si parla di €500, €550, €600, «che aumentano ogni anno di €50 in €50», per doppie di «una ventina di metri quadri». Il problema abitativo e il caro affitti a Venezia sono questioni molto più strutturali di quanto sembri; «il problema è che le forze dell’ordine si sono svegliate adesso per fare una multa, per giunta irrisoria», ci dice il rappresentante degli studenti. Per risolvere veramente la questione, «andrebbero aumentati i posti riservati all’ESU nelle residenze universitarie private, andrebbero fatti maggiori controlli» e, soprattutto, «andrebbero creati più studentati pubblici».
[di Dario Lucisano]
Lo fanno tanti studenti in tante città d’Italia da tempo.
D’altronde per una famiglia monoreddito magari del sud mandare un figlio a studiare in certe città risulta oramai proibitivo.
Tutto regolare, d’altronde siamo in Italia!
Davanti ai soldi non si guarda in faccia nessuno