Non darmi tutta la verità,
non darmi il mare per la mia sete,
non darmi il cielo, quando chiedo la luce,
dammi un riflesso, rugiada, pulviscolo,
come gli uccelli portano gocce d’acqua
e il vento un granello di sale.
(trad. di Fulvio Ferrari, Crocetti editore)
Il senso è breve, è accorciato e denso, non declama, non pretende, non risponde ad aspettative, non celebra nulla. È così, come una goccia nel deserto, come un vento nella calura, come un uccello che beve in una pozza sorvegliando il suo intorno per evitare sorprese sgradite.
Mi accontento di una immagine minuscola ma immensa, dice il poeta, ho l’unica pretesa di sentirmi soddisfatto se quanto ricevo è colmo di un’ombra di verità.
Proprio così, la poesia, come la canzone, come la preghiera, come la conversazione affettuosa si gratifica di un accordo piccolo e silenzioso, immenso perché sincero, perché pieno di modestia e insieme di fantasia.
E la sete rappresenta un bisogno da soddisfare non con la quantità ma con la qualità. Esprime una aspettativa e nello stesso tempo un piacere.
Brevi parole queste che svelano la densa intenzione di chi abbrevia il suo sentire nei termini musicali di parole colme di grazia.
La poesia, anche questa volta, allude a una speciale rivoluzione, una rivoluzione che tende al poco, ma un poco assoluto, più un diritto che una pretesa, che nessuno potrà permettersi di negare.
[di Gian Paolo Caprettini]