martedì 24 Dicembre 2024

57 detenute del carcere di Torino hanno iniziato uno sciopero della fame

Tra suicidi, rivolte, evasioni e tassi di sovraffollamento sempre più alti, la situazione dei centri di detenzione italiani continua a ribollire. Le criticità coinvolgono anche la sezione femminile del carcere Lorusso-Cutugno di Torino, dove la scorsa settimana è stata lanciata una mobilitazione collettiva per denunciare all’esterno le cattive condizioni di detenzione nella casa circondariale. 57 detenute hanno infatti iniziato uno sciopero della fame e hanno inoltrato a L’Indipendente una lettera spedita al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, in cui spiegano le ragioni della loro protesta, chiedendo alla politica azioni concrete per restituire dignità ai luoghi di detenzione e misure concrete contro il sovraffollamento.

«Non c’è più tempo, né spazio. In queste strutture fatiscenti ed insalubri si fa fatica a gestire “un’esistenza”», si legge all’interno della missiva sottoscritta dalle detenute, in cui si rende noto che, «dopo il susseguirsi di suicidi, eventi critici, roghi, detenuti ed agenti feriti e la costante crescita del sovraffollamento, al termine di un’estate “rovente” non solo per il clima, dal 5/9/24, 57 donne ristrette nel carcere di Torino, hanno deciso di portare avanti lo sciopero della fame ad oltranza e a staffetta». Nella lettera, le detenute parlano dell’iniziativa come di una «scelta pacifica» che si pone l’obiettivo di «richiamare l’attenzione pubblica, del Parlamento e delle istituzioni sulla situazione d’emergenza totale delle carceri ed affinché venga concessa qualsiasi misura che riduca il sovraffollamento e/o la Liberazione Anticipata Speciale di 75 giorni». Infatti, si legge, «a causa del sovraffollamento questi magazzini di corpi stanno per esplodere». Nelle ultime righe del testo trova posto un accorato appello diretto dalle firmatarie al Capo dello Stato, Sergio Mattarella, in quanto «garante del rispetto della Costituzione», il quale viene sollecitato a «convincere coloro che insediandosi al governo hanno giurato proprio sulla Costituzione a ridurre il numero dei reclusi rispondendo con soluzioni logiche ed umane».

Nel frattempo, è arrivato a 70 unità il numero dei suicidi di detenuti avvenuti nel corso del 2024 all’interno delle case circondariali, cui si sommano quelli di 7 agenti penitenziari. La stessa organizzazione sindacale della polizia penitenziaria UILPA parla di una situazione che ha da tempo superato il punto di non ritorno, con «15mila ristretti oltre i posti disponibili, 18mila unità mancanti alla Polizia penitenziaria, omicidi, stupri, traffici di sostanze e oggetti non consentiti e violenze di ogni genere», criticando aspramente l’immobilismo del ministero della giustizia e del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria e chiedendo «interventi tangibili e a effetto immediato». Nel frattempo, i casi di cronaca fotografano giorno dopo giorno una situazione sempre più tragica e fuori controllo: l’ultimo, in ordine di tempo, è quello della morte del detenuto 18enne Youssef Mokhtar Loka Barsom, arso vivo a causa di un incendio divampato all’interno della sua cella di San Vittore. Il giovane era stato rinchiuso a luglio nel carcere lombardo – attualmente il più sovraffollato dello Stivale – e soffriva di conclamati problemi psichiatrici e tendenze autolesioniste.

[di Stefano Baudino]

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