Mario Draghi ha presentato ieri, di fronte alla Commissione UE e alla stampa, il suo rapporto sulla competitività del Vecchio Continente. Draghi, che ha evidenziato l’urgenza di riforme strutturali per garantire la crescita economica e la sostenibilità europea, sostiene in particolare che l’UE debba tornare a investire in ricerca e innovazione, superando «il divario tecnologico con USA e Cina». Punto chiave sono gli investimenti in infrastrutture sostenibili e la decarbonizzazione, insieme all’urgenza di «incrementare la sicurezza e ridurre le dipendenze» su chip e materie prime attraverso nuove strategie di politica estera economica. Altro auspicio è che vengano veicolati più fondi UE per lo sviluppo del settore di armi e difesa, per ridurre la dipendenza da fornitori stranieri. «Il fabbisogno finanziario necessario all’UE per raggiungere i suoi obiettivi è enorme», ha detto Draghi, secondo cui, per raggiungere gli obiettivi indicati nel rapporto, «sono necessari almeno 750-800 miliardi di euro di investimenti aggiuntivi annui». Una serie di investimenti «senza precedenti», paragonabili a una sorta di secondo Piano Marshall che ha l’obiettivo di affrontare le tre principali sfide del continente europeo.
La prima sfida: ridurre il divario nell’innovazione
Nel suo rapporto lungo oltre 400 pagine Draghi inizia a discutere del divario creatosi nel settore dell’innovazione che vede UE da una parte, e Cina e Stati Uniti dall’altra. «L’Europa», riassume Draghi, ha «bisogno di una crescita della produttività più rapida per mantenere tassi di crescita sostenibili nonostante l’andamento demografico avverso». Dopo un’analisi sulla grande distanza che separa l’UE dagli USA, Draghi osserva infatti come «il motore principale del crescente divario di produttività tra l’UE e gli Stati Uniti» sia stata la tecnologia digitale, e come l’Europa sembri «attualmente destinata a restare ancora più indietro». In taluni settori, questo divario pare destinato a crescere, ma nonostante alcuni di essi sembrino «già “persi”, l’Europa ha ancora l’opportunità di trarre vantaggio dalle future ondate di innovazione digitale». Per farlo l’Unione deve puntare sul raggiungimento di una sovranità tecnologica in tutti quegli ambiti settoriali – e adiacenti al settore – che generano profitto: Draghi ne individua 10, che vanno dalle tecnologie cloud, al settore della difesa, all’energia, ai materiali, fino ad arrivare al settore farmaceutico, tutti da integrare con le emergenti tecnologie di Intelligenza Artificiale. Per fare un esempio, si stima che solo l’ultimo ambito citato possa portare a guadagni di 60-110 miliardi di dollari all’anno in più, che verrebbero generati proprio tramite l’impiego delle IA. Per ridurre il divario innovativo con gli Stati Uniti, l’UE deve aumentare la spesa pubblica di settore, rinnovare il proprio comparto industriale tramite investimenti mirati, promuovere il coordinamento tra Stati membri, e incrementare i finanziamenti alle istituzioni accademiche.
La seconda sfida: redigere un piano per la decarbonizzazione
Fortemente intersecato con la questione dell’innovazione in Europa, c’è il tema della decarbonizzazione. Tra gli investimenti individuati da Draghi vi sono infatti anche quelli nel settore energetico, che mantengono l’obiettivo “zero emissioni” entro il 2050. Gli elevati costi dell’energia sono infatti, secondo Draghi, uno dei primi ostacoli alla crescita economica europea, essendo spesso fonte di spese aggiuntive. Nell’ottica della decarbonizzazione, «gli obiettivi europei sono più ambiziosi di quelli dei suoi concorrenti», motivo per cui il passaggio alle rinnovabili «offre all’Europa l’opportunità di abbassare i prezzi dell’energia e assumere un ruolo guida nelle tecnologie pulite, diventando al tempo stesso più sicura dal punto di vista energetico». Tuttavia, visto l’aumento di capacità e dimensioni dell’industria cinese, non è detto che l’Unione finisca prima in questa particolare corsa al primato: l’Europa, dunque, «dovrà mettere in atto una strategia mista che combini diversi strumenti politici e approcci industriali diversi». Il piano per la decarbonizzazione necessita in primissimo luogo di una stretta collaborazione tra i Paesi. Tra gli obiettivi fondamentali di tale piano figurano gli incentivi alle industrie che producono energia pulita e a quelle che facilitano la decarbonizzazione, nonché un ripensamento di quelle che sfruttano maggiormente le fonti fossili, come l’industria automobilistica. Fondamentali, inoltre, saranno le politiche commerciali, volte ad assicurare una forma di autonomia nella catena di approvvigionamento delle materie prime.
La terza sfida: aumentare la sicurezza
Ultimo, ma non meno importante, il tema della sicurezza. L’Europa, dice Draghi, «ha bisogno di aumentare la sicurezza e ridurre le dipendenze», nell’ottica di un’autentica «politica economica estera» che garantisca al Vecchio Continente l’indipendenza nell’approvvigionamento delle risorse. Maggiore sicurezza significa, infatti, in primo luogo, minore dipendenza esterna proprio nei settori che richiedono maggiori investimenti: «Sebbene le dipendenze siano una strada a doppio senso, l’Europa è vulnerabile sia alla coercizione che, in casi estremi, alla frammentazione geoeconomica»; come se ciò non bastasse, sottolinea Draghi, «il deterioramento delle relazioni geopolitiche crea anche nuove esigenze di spesa per la difesa e l’industria della difesa capacità». Industria tecnologica, industria energetica, e commercio delle materie prime convergono così nel preannunciato tema dell’industria della difesa, sulla quale Draghi insiste con particolare vigore. Gli investimenti in questo ambito prevedono, tra le altre cose, investimenti comuni, fusioni tra grosse aziende, e coordinamento tra Stati membri. Fondamentale è l’elaborazione del cosiddetto “Principio di preferenza europea” per incentivare il ricorso a soluzioni europee nel settore della difesa a scapito dei concorrenti, nonché lo sblocco di fondi alle industrie della difesa.
Il tema dei finanziamenti: un nuovo Piano Marshall
Digitalizzazione, passaggio alle rinnovabili, e sicurezza sono, declinati nelle loro più ampie delle sfaccettature, i temi fondamentali del cosiddetto Rapporto Draghi. Nonostante l’analisi di Draghi si concentri sul lungo periodo, il banchiere ha parlato di «urgenza e concretezza», suggerendo che i Paesi debbano muoversi il prima possibile per sostenere le tre grandi sfide delineate nel rapporto. Per affrontarle, infatti, secondo Draghi, servirebbero investimenti annuali fino a 800 miliardi di euro per riuscire almeno a preservare l’attuale livello di benessere. Si tratta di una cifra pari al 4% del PIL europeo, il doppio del Piano Marshall, citato dal banchiere per chiarire l’ordine di grandezza di cui si parla. All’udire una simile cifra, una domanda sorge spontanea: da dove verrebbero quei soldi? La risposta di Draghi è chiara: bisogna portare avanti acquisti comunitari e istituire un debito comune attraverso la creazione di titoli comunitari. Questo, secondo Draghi garantirebbe maggiore stabilità e permetterebbe di finanziare i progetti di investimento comunitari. Necessario, secondo il banchiere, anche incentivare le industrie private, e incrementare finanziamenti e investimenti congiunti.
[di Dario Lucisano]
Il drago ci prova ancora. Ricordiamoci di ciò che disse sull’ obbligo vaccinale: “se non ti vaccini ti ammali e fai ammalare gli altri; se non ti vaccini muori.”Tutto smentito, infatti sono morti, percentualmente più vaccinati che no-vax (che poi NON è un vaccino,beninteso). E poi, ” volete la pace (intesa la sconfitta della Russia contro l’Ucraina ed il resto del c.d. mondo libero) o preferite ( perfidi egoisti…) riscaldare le vostre dimore? La guerra continua, immagino ancora per poco e non per merito del drago e per scaldare le nostre case spendiamo almeno il doppio. Il sosia del drago, il sig. Monti, più di dieci anni fa, quando il debito pubblico italiano viaggiava sui 2000 miliardi, con la sua cura da cavallo, ci assicurò che dopo un breve aumento ci sarebbe stata una chiara diminuzione. Adesso siamo a quota 3000 miliardi… Se qualcuno si fida ancora di questi personaggi alzi la mano!
Arretrato peggio dei Dinosauri, occorre innanzitutto partire dalle previsioni del n.1 nel settore Ray Kurzweil secondo cui nel 2045 ci fonderemo praticamente tutti con l’AI e quindi tutti i presupposti a cui s’appiglia Draghi sono sbagliati.
Sostanzialmente seguendo Ray, mentre a costruire la migliore fionda del Mondo non gli fa costruire a questa nuove migliori fionde, a costruire la migliore IA fa sì che sia questa a poi costruire IA ancora migliori e queste a risolvere tutti i problemi che si pone Draghi.
Ridicolo quindi preoccuparsi di decarbonizzazione, di rinnovabili, di cambio climatico che riguardano date successive a quando potrà risolverle molto meglio l’IA.
In poche parole l’Europa è se non lo fa basterà l’Italia, devono assolutamente andare ALL IN sullo sviluppo dell’Intelligenza artificiale usando tutte le risorse disponibili e spostando a secondari tutti gli altri obbiettivi possibili e immaginabili, persino confrontata con Google, Amazon, Microsoft e Open AI se l’Italia pone tutta sé stessa su questo obbiettivo, può ancora arrivare prima, prima ora sarà prima per sempre.
e se non lo fa..
🤭
Sto tizio Nun si può sentire…..mi disgusta
Questi personaggi governano e ci mandano sul lastrico e poi hanno il coraggio di presentare la ricetta ai loro disastri . Inutile commentare oltre .