In occasione del Forum di Cernobbio, il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara ha annunciato che in alcune scuole italiane sarà avviata una sperimentazione sull’uso dell’intelligenza artificiale (IA) nella didattica personalizzata. La sperimentazione coinvolgerà in totale 15 classi, sparse tra Calabria, Lazio, Toscana e Lombardia: «siamo uno dei primi Paesi ad avere avviato, quest’anno scolastico, una sperimentazione nell’utilizzo dell’intelligenza artificiale per la personalizzazione della didattica» ha detto il ministro, aggiungendo che «se il modello funzionerà pensiamo di estenderlo ulteriormente». Valditara ha spiegato che la didattica personalizzata è un elemento fondamentale della sua azione di governo in materia di istruzione e, in questo contesto, l’intelligenza artificiale adeguatamente guidata dal docente, a suo dire, può svolgere un ruolo significativo. Al termine della sperimentazione, che durerà due anni, sarà l’Invalsi a valutare i risultati del programma, attraverso un confronto tra gli studenti delle classi che hanno utilizzato il metodo di apprendimento “tradizionale” e quelli che, invece, hanno utilizzato l’IA. Nel dettaglio, secondo quanto riportato dal sito specializzato Agenda Digitale, la sperimentazione avverrà attraverso l’utilizzo di un software installabile su Google Workspace, inizialmente più centrato sulle materie STEM (scienze, tecnologia, ingegneria e matematica) e sulle lingue straniere.
In una lettera del 2023 indirizzata al quotidiano La Repubblica, Valditara aveva spiegato che l’IA «Può essere impiegata per aiutare gli insegnanti a personalizzare l’apprendimento, ad adattare i contenuti in base alle attitudini individuali degli studenti, a monitorare i loro progressi e a fornire informazioni su come migliorare il loro rendimento», mentre dal lato degli studenti, il suo utilizzo può consentire «di ottenere un riscontro rapido e personalizzato sul lavoro svolto […]. Inoltre, gli studenti possono usare apparecchiature tecnologicamente avanzate, come i robot educativi, per aumentare l’interattività della loro esperienza scolastica».
L’uso dell’intelligenza artificiale a scopi didattici rientra in quel progetto di digitalizzazione della scuola promosso da organizzazioni come il World Economic Forum (WEF), ma anche dallo stesso PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) europeo, che all’ambito della digitalizzazione ha dedicato una parte cospicua delle risorse a disposizione. Il governo italiano sta, dunque, eseguendo rapidamente i cambiamenti necessari per adeguarsi alla cosiddetta Scuola 4.0 che, oltre ad essere orientata prevalentemente al cosiddetto “mondo del lavoro”, piegandosi alle logiche aziendali e perdendo la sua componente teorico-culturale, è profondamente digitalizzata, secondo i desideri di multinazionali e istituzioni transnazionali. In questo quadro, rientra anche il progetto dei Licei Ted (Transizione Ecologica e Digitale), la cui sperimentazione è già iniziata in 28 scuole italiane e il cui obiettivo è quello di ripensare l’istruzione in funzione della Quarta Rivoluzione industriale, promossa dal fondatore del WEF, Klaus Schwab. È la “nuova” scuola che si attaglia alle esigenze del capitalismo ipertecnologico, non a caso sponsorizzata anche dai magnati e dagli ambienti della Silicon Valley, e che prevede la “creazione” dei nuovi lavoratori di domani: plasmati all’insegna delle logiche “economicistiche”, con una formazione meramente pratica – che esclude o marginalizza lo sviluppo del senso critico e la formazione culturale – e soprattutto all’insegna della realtà digitale.
Il tutto nonostante una relazione del Senato della Repubblica redatta da esperti, dal titolo “Sull’impatto del digitale sugli studenti, con particolare riferimento ai processi di apprendimento”, metta in luce gli impatti fortemente negativi che i dispositivi elettronici possono avere sia sulla sfera psichica che fisica. Secondo il documento, “a preoccupare di più è la progressiva perdita di facoltà mentali essenziali, le facoltà che per millenni hanno rappresentato quella che sommariamente chiamiamo intelligenza: la capacità di concentrazione, la memoria, lo spirito critico, l’adattabilità, la capacità dialettica”. Sarebbero questi gli effetti dell’uso prolungato di smartphone e videogiochi. Ma il testo si spinge oltre, affermando che “la scrittura su tastiera elettronica invece della scrittura a mano, non sollecita il cervello” e conclude esplicitamente che “non sono emerse evidenze scientifiche sull’efficacia del digitale applicato all’insegnamento. Anzi, tutte le ricerche scientifiche internazionali citate dimostrano, numeri alla mano, il contrario. Detta in sintesi: più la scuola e lo studio si digitalizzano, più calano sia le competenze degli studenti sia i loro redditi futuri”.
L’iniziativa di Valditara circa l’uso dell’IA e l’adattamento rapido alla Scuola 4.0 imposta dagli organismi sovranazionali sembrano non tenere conto delle considerazioni di psicologi e neurologi circa gli effetti negativi del digitale sull’apprendimento, preferendo piuttosto aderire a modelli pedagogici imposti da organismi extranazionali, funzionali al livellamento verso il basso delle capacità critiche e cognitive delle nuove generazioni.
[di Giorgia Audiello]
Bell’ articolo. Pare proprio che per fermare questa distopia non sia più sufficiente il logos ma servano gli AK 47.
Ma l’obbiettivo è proprio quello! avere una società di ebeti da poter facilmente controllare .
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