domenica 15 Settembre 2024

Il crollo della produzione automobilistica minaccia l’intera economia europea

La produzione automobilistica delle principali case europee sta registrando una contrazione senza precedenti a causa della perdita di competitività delle nazioni europee – in primis della Germania – degli alti costi energetici e del fallimentare tentativo di transizione all’elettrico. La crisi del settore minaccia l’intera economia europea, in quanto rappresenta oltre il 7% del Prodotto Interno Lordo (PIL) dell’UE e oltre 13 milioni di posti di lavoro. Secondo un’analisi di Bloomberg News, quasi un terzo dei principali impianti di autovetture delle cinque più grandi case automobilistiche europee – BMW, Mercedes-Benz, Stellantis, Renault e VW – sono stati sottoutilizzati l’anno scorso, producendo meno della metà dei veicoli che hanno la capacità di produrre. Le vendite annuali di auto in Europa si assestano intorno ai tre milioni, ben al di sotto dei livelli antecedenti al 2020. Una prova inequivocabile della crisi del settore è stata la proposta della più grande casa automobilistica europea per vendite, la Volkswagen (VW), di chiudere per la prima volta nella sua storia le fabbriche tedesche e di abolire le garanzie occupazionali in vigore da decenni negli stabilimenti di Wolfsburg, Hannover, Braunschweig, Salzgitter, Kassel ed Emden.

L’annuncio dell’azienda ha innescato un animato dibattito con i sindacati, mettendo in crisi per la prima volta il modello produttivo tedesco che per anni si è basato sull’accordo tra industria, sindacati e politica. Negli ultimi anni, però, quel modello è stato intaccato da ampie proteste dei lavoratori a causa dell’alta inflazione non compensata dalla crescita dei salari. Per fine settembre sono previsti colloqui tra VW e il sindacato IG Metall per un nuovo accordo di lavoro per sei dei suoi stabilimenti tedeschi. Lo scenario non è più roseo per gli altri marchi automobilistici europei, ma anche per altri settori dell’economia del Vecchio continente.

Oltre all’aumento dei costi di produzione, dovuti agli alti costi energetici, e alla concorrenza con Paesi come Stati Uniti e Cina, le case automobilistiche europee devono scontare gli ingenti costi del passaggio all’elettrico: proprio la Volkswagen è stata costretta ad intraprendere un’azione di riduzione dei costi, con l’obiettivo di risparmiare 10 miliardi di euro (11 miliardi di dollari) entro il 2026, nel tentativo di razionalizzare la spesa per sopravvivere alla transizione verso le auto elettriche, sebbene il mercato dell’elettrico stenti a decollare. Diverse aziende automobilistiche, a causa della scarsa domanda, hanno ridimensionato i loro obiettivi di elettrificazione. Tuttavia, proprio VW non ha modificato i suoi obiettivi per il 2030, che prevedono di portare i veicoli elettrici a rappresentare il 70% delle vendite in Europa e il 50% negli Stati Uniti e in Cina, nonostante i ripetuti avvertimenti sul rallentamento della domanda. Secondo Bloomberg, la situazione è particolarmente critica in Germania, dove le case automobilistiche devono affrontare la transizione ai veicoli elettrici, dopo aver dominato per decenni nella produzione di automobili con motore a combustione interna.

Le cose non vanno meglio per Stellantis, la cui produzione in Italia è calata del 25,2% nel primo semestre dell’anno, secondo il consueto report elaborato da Fim-Cisl e presentato a Torino dal segretario nazionale Ferdinando Uliano. Inoltre, giovedì 12 settembre, il gruppo ha dichiarato che avrebbe sospeso la produzione della piccola auto elettrica Fiat 500 per quattro settimane a causa della scarsa domanda. “La misura è necessaria a causa dell’attuale mancanza di ordini legata alle profonde difficoltà sperimentate nel mercato europeo delle auto elettriche da tutti i produttori, in particolare quelli europei”, ha affermato Stellantis in una nota. La scarsa domanda a livello globale di veicoli elettrici ha spinto le case automobilistiche di tutto il mondo a rivedere al ribasso i loro programmi di produzione. La mancanza di infrastrutture adeguate, come le colonnine di ricarica, e i problemi tecnici e logistici che ancora presentano i veicoli elettrici hanno contribuito al crollo della domanda.

Le nazioni europee pagano l’assenza di competitività causata dagli alti costi energetici, dovuti in particolare all’interruzione delle forniture russe a buon mercato a causa delle sanzioni, e all’assenza di sovvenzioni statali. In particolare, la Germania, con l’auto imposizione di un freno al debito e rigide regole contabili che cerca costantemente di aggirare, non ha potuto sostenere la sua produzione industriale, pesantemente colpita dalla perdita del gas russo: una sentenza della Corte costituzionale federale tedesca di Karlsruhe, infatti, ha stabilito che la decisione del governo di trasferire i fondi non utilizzati per la pandemia verso iniziative per il clima e il sostegno dell’industria nel cosiddetto Fondo per il clima e la trasformazione (KTF) era illegale. Di conseguenza, il ministro dell’Economia dei Verdi, Robert Habeck, ha avvertito che sono a rischio il ruolo della Germania come polo di investimenti, così come i posti di lavoro. Una situazione che accomuna gran parte dei Paesi europei, che risentono peraltro proprio del calo industriale tedesco. Le difficili condizioni produttive hanno costretto molte aziende automobilistiche, ma non solo, a ridurre la produzione o a delocalizzare. L’ultimo caso di Volkswagen rappresenta un duro colpo per il già traballante governo tedesco, sconfitto dal partito di destra “Alternativa per la Germania” alle elezioni regionali in Turingia. La crisi del settore automobilistico si inserisce in un contesto già precario per l’economia europea che ha registrato una recessione tecnica nel primo trimestre del 2023 e che ora rischia un ulteriore rallentamento economico a causa della depressione di un settore chiave come quello automobilistico.

[di Giorgia Audiello]

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