Le forze armate yemenite domenica avrebbero lanciato un nuovo missile balistico ipersonico che, dallo Yemen, è riuscito a penetrare in profondità nello spazio aereo israeliano colpendo Tel Aviv, a soli 35 chilometri dall’aeroporto internazionale Ben Gurion. Lo ha annunciato il portavoce dell’esercito yemenita, generale Yahya Saree, che ha rivendicato l’attacco dichiarando che il missile avrebbe colpito con successo un obiettivo militare non specificato nella città israeliana. «È solo l’inizio» ha scritto su X il vicecapo dell’ufficio stampa degli Houthi, Nasruddin Amer, il quale ha fatto sapere che il missile avrebbe raggiunto Israele dopo che «20 missili non erano riusciti a intercettarlo». Su questo punto le versioni yemenita e israeliana risultano contrastanti, in quanto un funzionario militare israeliano ha affermato che il razzo sarebbe stato colpito da un intercettore, frammentandosi in aria, ma non distruggendosi completamente. L’esercito israeliano, inoltre, ha anche negato che si tratti di un missile ipersonico. Tuttavia, l’elemento fondamentale è che per la prima volta i missili Houthi sono riusciti a penetrare le difese israeliane spingendosi in profondità nel territorio dello Stato ebraico. Allo stesso tempo, gli Houthi starebbero facendo importanti progressi nella tecnologia missilistica con l’obiettivo di aggirare tutti i sistemi difensivi terrestri e marittimi di USA e Israele. Lo Stato ebraico, infatti, dovrebbe prepararsi ad altri attacchi «mentre ci avviciniamo al primo anniversario dell’operazione del 7 ottobre, anche in risposta alla sua aggressione alla città di Hodeidah», ha dichiarato il portavoce dei miliziani sciiti.
Il missile lanciato domenica ha percorso circa 2.040 chilometri e avrebbe raggiunto Tel Aviv in soli 11,5 minuti, scatenando il panico tra i residenti, costretti a ripararsi nei rifugi, allertati dalle sirene antiaeree. Non ci sono state vittime, ma nove persone sono rimaste ferite. Non si è fatta attendere la reazione del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, il quale ha affermato che gli Houthi dovrebbero sapere che pagheranno «un prezzo elevato» per gli attacchi contro Israele. «Chiunque abbia bisogno di ricordarsene è invitato a visitare il porto di Hodeida», ha aggiunto riferendosi all’attacco aereo israeliano di rappresaglia contro lo Yemen a luglio. Tuttavia, il gruppo armato yemenita, chiamato anche Ansar Allah (I Partigiani di Dio), non sembra essere intimorito dagli ammonimenti del capo israeliano, in quanto ha annunciato che Israele dovrebbe prepararsi a attacchi e operazioni più sofisticate. Allo stesso tempo, ha affermato che non si farà intimorire dalle contromisure delle forze armate statunitensi e britanniche. Inoltre, fonti yemenite hanno dichiarato al media libanese al-Mayadeen che gli Houthi si stanno preparando ad una guerra prolungata contro Israele, utilizzando tattiche multiformi e potenziando le loro capacità militari strategiche in vista di questa prospettiva a lungo termine.
Il gruppo sciita che controlla il nord dello Yemen a novembre 2023 ha dato il via ad una vasta operazione di sabotaggio contro Israele e i suoi sostenitori occidentali che comprende attacchi alle navi israeliane o legate a Israele che passano nel Mar Rosso e incursioni con droni e missili direttamente contro il territorio dello Stato ebraico in difesa del popolo palestinese oppresso dall’assedio israeliano ormai da quasi un anno. Ansar Allah ha provocato problemi significativi ai commerci internazionali, avendo ostruito una delle rotte marittime commerciali più importanti al mondo e costringendo decine e decine di navi a circumnavigare il Capo di Buona Speranza, allungando così notevolmente i tempi e, dunque, anche i costi di spedizione delle merci. Secondo Port Watch, piattaforma di analisi del commercio marittimo del Fondo Monetario Internazionale, il traffico di merci sul Mar Rosso è diminuito del 53% a gennaio 2024 rispetto allo stesso mese dell’anno precedente.
Sul fronte nord di Israele proseguono gli scontri con il Libano: ieri, infatti, i miliziani di Hezbollah – organizzazione paramilitare e partito politico libanese – hanno attaccato posizioni militari israeliane di confine in risposta alle sanguinose incursioni di Israele nel sud del Libano e nella valle della Bekaa che hanno provocato diverse vittime anche tra i civili. Secondo i media israeliani, il generale al comando della turbolenta frontiera settentrionale ha iniziato a fare pressioni sul governo affinché approvi un’offensiva terrestre nel Libano meridionale con l’obiettivo di creare una zona cuscinetto. L’ipotesi avrebbe provocato l’ennesimo dissidio interno al governo israeliano, trovando l’approvazione di Netanyahu, ma non quella del ministro della Difesa Yoav Gallant. Al contempo, l’agenzia di stampa nazionale libanese ha riferito che Israele ha lanciato volantini che intimavano ai residenti di lasciare la zona di Wazzani, nel sud del Paese. Lo Stato ebraico ha reso noto di avere avviato un’indagine in proposito, perché i volantini sarebbero stati lanciati da un’unità non autorizzata, smentendo quindi la necessità di evacuare la zona. La strana vicenda sembrerebbe confermare l’esistenza di dissidi interni all’esercito e al governo israeliano rispetto alle azioni da intraprendere lungo il confine con il Libano.
Mentre la sua economia rallenta e il governo deve affrontare una grave crisi di consenso interna, Israele sta subendo attacchi da diversi fronti, risultando così indebolito sia internamente che esternamente. La tensione, inoltre, è alta perché si prevedono ulteriori azioni e operazioni ben pianificate da parte dello Yemen in occasione del primo anniversario dell’operazione palestinese “Al-Aqsa Flood”.
[di Giorgia Audiello]
È facile capire da dove provengano i missili ipersonici. Adesso le superpotenze stanno mostrando i muscoli e le proprie tecnologie offensive. Guerra chiama guerra, forse qualcuno in Europa cominciera’ a svegliarsi.
Se Israele non smette subito di sostenere l’Ukraina fornendogli missili per colpire il territorio Russo, il prossimo sarà un iper missile a testata nucleare e finalmente torna la pace in Medio Oriente.