Uno dei fattori che contribuì all’estinzione degli Homo neanderthalensis, comunemente noti come uomini di Neandertal, fu l’isolamento prolungato di alcune comunità per oltre 50.000 anni, il quale avrebbe portato a problemi genetici e di adattamento determinanti per la loro scomparsa. La scoperta si deve a un team di archeologi e genetisti che, per quasi dieci anni, ha studiato i resti trovati nel sito delle Grotte Mandrin, in Francia. Sebbene il sito archeologico risalga a un periodo compreso tra 40.000 e 50.000 anni fa, i cinque denti rinvenuti sembravano appartenere a un Neanderthal vissuto oltre 100.000 anni fa, e ciò ha reso necessario un lungo lavoro di analisi per ricostruire la loro storia, hanno spiegato i ricercatori. Tali sforzi, tuttavia, hanno condotto a scoperte che potrebbero fornire nuovi dettagli e risolvere molti interrogativi, culminando nella pubblicazione sulla rivista scientifica Cell Genomics.
Gli uomini di Neanderthal erano ominidi che vissero nel Paleolitico medio, tra i 200.000 e i 30.000 anni fa. Possedevano tecnologie litiche avanzate e presentavano caratteristiche sociali paragonabili agli Homo sapiens di diversi periodi paleolitici. Dopo il contatto con i sapiens, i Neanderthal scomparvero in un tempo relativamente breve, e questo evento rappresenta ancora oggi un enigma scientifico. Tuttavia, la nuova ricerca pubblicata su Cell Genomics potrebbe aprire nuove ipotesi scientifiche e confermarne alcune già esistenti. Alcuni denti rinvenuti nel 2015, appartenenti a un ominide soprannominato “Thorin” e risalenti a circa 50.000 anni fa, sembravano provenire da una linea genetica sviluppatasi 50.000 anni prima. «La genetica indicava che il Neanderthal chiamato Thorin avesse 105.000 anni. Tuttavia, il contesto archeologico suggeriva un’età compresa tra 40.000 e 50.000 anni. Questo contrasto tra il DNA e le evidenze archeologiche ha richiesto approfondimenti», ha commentato Ludovic Slimak, ricercatore presso il Centro nazionale per la ricerca scientifica francese e l’Università Paul Sabatier di Tolosa.
Dopo oltre dieci anni di lavoro, è emerso che Thorin in realtà apparteneva ad una stirpe isolata da altri gruppi per 50.000 anni, il che spiega il DNA apparentemente più antico rispetto al sito. Il nuovo studio dimostra quindi, secondo i ricercatori, che esistevano almeno due popolazioni di Neanderthal che, pur vivendo a breve distanza l’una dall’altra, non scambiavano tratti genetici. «Abbiamo quindi 50.000 anni durante i quali due popolazioni di Neanderthal, che abitavano a circa dieci giorni di cammino l’una dall’altra, coesistevano senza interagire», ha aggiunto Slimak. Inoltre, questo isolamento potrebbe spiegare la loro estinzione, poiché è generalmente considerato uno svantaggio evolutivo. Infatti, una minore variabilità genetica può rendere difficile l’adattamento ai cambiamenti climatici o alle malattie, mentre una scarsa interazione sociale limita la condivisione di conoscenze e tecnologie.
La ricerca ha anche mostrato l’assenza di prove genetiche di incroci tra Neanderthal e sapiens del periodo, un altro fattore che ha probabilmente contribuito alla loro estinzione. «Qualunque siano state le cause di questo squilibrio (sociale, biologico?), esso ha contribuito alla scomparsa degli ultimi Neanderthal, poiché le loro popolazioni, già ridotte, perdevano individui in età riproduttiva a favore di altre specie, senza alcun ricambio. La competizione economica con i nuovi arrivati per le risorse potrebbe aver accelerato il collasso demografico», ha affermato Chris Stringer, responsabile della ricerca sull’evoluzione umana al Natural History Museum di Londra e ricercatore non coinvolto nello studio.
In ogni caso, è lecito aspettarsi nuove scoperte nei prossimi mesi poiché, come spiegano i ricercatori, gli scavi sono ancora in corso, sono state già trovate altre ossa di Thorin e lo scheletro presenta due molari inferiori in più, un dettaglio tutt’altro che irrilevante che gli scienziati esamineranno ulteriormente.
[di Roberto Demaio]
Nessuno ha mai pensato di fare un test del dna a Macron?
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