lunedì 16 Settembre 2024

Perché Sea Shepherd non sta supportando il suo fondatore ancora in carcere?

Da 57 giorni Paul Watson, fondatore dell’organizzazione per la salvaguardia del mare Sea Shepherd, si trova nel carcere di Nuuk, in Groenlandia. La detenzione va avanti dal 21 luglio, quando l’uomo è stato incarcerato in ottemperanza ad un mandato di arresto internazionale richiesto dal Giappone, che lo accusa di reati come «cospirazione per violazione di domicilio», «violazione e distruzione di proprietà» e «ostruzione al commercio». Watson da tutta la vita si batte per contrastare la pesca illegale e difendere il mare e le forme di vita che lo abitano, scontrandosi con gli interessi dell’industria ittica e navale. Nei due lunghi mesi di detenzione non è arrivata una sola parola in sua difesa da parte della fondazione che ha costituito nel lontano 1977 e che ha lasciato nel 2022. Un silenzio assordante, apparentemente immotivato ma che in realtà ha radici concrete nella strada che l’organizzazione ha intrapreso negli ultimi anni, con la quale Watson non era d’accordo. L’Indipendente ne ha chiesto conto a Sea Sheperd Italia, ottenendo le risposte assai evasive che vi riportiamo di seguito.

Innanzitutto, riavvolgiamo il nastro di quella che somiglia a una persecuzione giudiziaria che non accenna a risolversi. Era il 21 luglio 2024 quando la nave di Paul Watson, la John Paul DeJoria, attraccava a Nuuk, in Groenlandia, per fare rifornimento prima di dirigersi verso il Pacifico settentrionale. Appena i motori si sono spenti, 14 agenti di polizia sono saliti a bordo della nave, ammanettando Watson. Al momento del suo arresto, il fondatore di Sea Sheperd era in viaggio per bloccare la Kangei Maru, una nuovissima “nave madre” giapponese di 9.300 tonnellate, in partenza per una spedizione di caccia alle balene nel Pacifico settentrionale. L’arresto di Watson fa seguito ad un mandato di cattura internazionale dell’Interpol, spiccato nel 2012 su richiesta delle autorità giapponesi per fatti che si riferiscono al gennaio e febbraio 2010. Dopo due udienze preliminari, una in luglio e una in agosto, Watson è ancora detenuto nel carcere di Nuuk in attesa della sentenza dell’Alta Corte della Groenlandia, prevista per il 2 ottobre prossimo, in cui si deciderà il suo destino. Il Giappone ne chiede l’estradizione per mandarlo a processo, come spiegato dall’avvocato danese Jonas Christoffersen che si occupa del caso.

Watson ha fondato Sea Shepherd nel 1977, per poi abbandonarla nel 2022 a causa, a suo dire, di una diversa visione dell’agire. Una spaccatura talmente ampia che Watson è arrivato a definire l’organizzazione da lui fondata «uno specie di taxi per burocrati». Watson era infatti un fautore della linea dura, quella dell’azione diretta ad impedire, con ogni mezzo, la caccia alle balene. Gli altri componenti ai vertici dell’organizzazione, invece, promuovevano una linea decisamente più morbida, volta a collaborare con i governi e le aziende. Insomma, mentre Watson voleva continuare a fare il pirata in sostegno e in difesa dei mari e degli oceani, Sea Shepherd voleva divenire una sorta di associazione che punta a raggiungere i propri obiettivi in modo collaborativo e senza rischiare processi. Per questo motivo, Watson ha creato poi la Captain Paul Watson Foundation, così da poter continuare la «feroce ribellione» in difesa di mari e oceani. Nonostante il burrascoso addio, in molti si aspettavano una presa di posizione in sostegno e in solidarietà di Watson da parte di Sea Shepherd che, invece, non è avvenuta. In fin dei conti, i principi che muovono entrambi dovrebbero essere rimasti i medesimi e le accuse mosse contro Watson si riferiscono a fatti avvenuti quando l’attivista era ancora ai vertici dell’organizzazione.

Come spiegato da Lamya Essemlali, presidente e cofondatrice di Sea Shepherd France, solo Sea Shepherd Francia e Brasile sono rimasti a fianco di Watson. Sea Shepherd Italia, da noi contattata, ha preferito non rispondere alle domande in merito alla vicenda. Dietro alla nostra richiesta, ci è stato risposto in maniera evasiva, dapprima dirottando il nostro interessamento alla Captain Paul Watson Foundation: «In questo periodo gli equipaggi di Sea Shepherd Italia sono incessantemente impegnati nelle molte campagne attive: attualmente siamo in piena attività in mare con operazione SISO 7 ed in difesa della foca monaca. (…) Per quanto riguarda l’arresto, la detenzione e gli aspetti legali concernenti Paul Watson riteniamo più appropriato contattare la Captain Paul Watson Foundation». Alla nostra domanda se non fossero preoccupati che il suo caso potesse costituire un pericoloso precedente per tutti gli attivisti, siamo stati invitati a far visita all’organizzazione, per poter così prendere atto di tutte le attività svolte da Sea Shepherd Italia. Una risposta surreale, che non ha speso sul destino di Watson nemmeno una parola.

[di Michele Manfrin]

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