martedì 17 Settembre 2024

L’instabilità economica e politica stanno gettando la Bolivia nel caos

Mancanza di carburante, inflazione al galoppo, scarsa reperibilità di dollari e svalutazione della moneta locale: queste sono solo alcune delle ragioni per cui, nelle ultime settimane, la Bolivia è attraversata da un numero crescente di proteste da parte della cittadinanza, degli agricoltori, dei trasportatori e di altri gruppi. A rendere il tutto ancora più caotico è la frattura ormai insanabile all’interno del MAS (Movimiento Al Socialismo), il partito del presidente in carica Luis Arce, fondato dall’ex presidente indigeno Evo Morales. La situazione è tesa da tempo e, con l’avvicinarsi delle elezioni presidenziali, previste per agosto 2025, sta rapidamente raggiungendo il punto di rottura. La scorsa settimana, migliaia di persone hanno marciato nella provincia di Santa Cruz contro la scarsa disponibilità di dollari e gasolio, mentre il gruppo Ponchos Rojos, sostenitore di Morales, è stato caricato dalla polizia durante una manifestazione antigovernativa. Ieri, il gruppo ha dato il via a marce di protesta e blocchi stradali lungo le principali vie di accesso a La Paz, annunciando uno «sciopero a tempo indeterminato» che durerà fino a che Arce non rinuncerà alla presidenza e saranno indette nuove elezioni.

«I contadini sono costretti a mostrare le armi ereditate dai loro nonni. Quando la gente si arrabbia, si solleva e non c’è più paura. Il governo non dovrebbe provocare» ha dichiarato la senatrice boliviana Quispe, in relazione a quanto sta accadendo. Nella giornata di ieri, centinaia di membri del gruppo indigeno aymara Ponchos Rojos hanno bloccato con pietre e falò le principali vie di accesso a La Paz, capitale della Bolivia. Quattro persone sono state arrestate ieri, in relazione ai blocchi. In alcuni video apparsi online si vede inoltre il gruppo brandire armi da fuoco mentre avanza le proprie richieste politiche al governo. Morales ha inoltre annunciato una grande marcia da Caracollo a La Paz, che partirà oggi, 17 di settembre, e durerà circa sei giorni, per chiedere al governo una soluzione al problema del carburante, l’aumento delle scorte in dollari e il riconoscimento dell’ala evista del partito di governo, che ha confermato Evo Morales come proprio leader massimo. A queste proteste si aggiungono quelle per gli incendi che stanno devastando l’area orientale del Paese e che, fino ad ora, hanno distrutto 4 milioni di ettari di terreni.

Le proteste per la situazione economica e politica attraversano la Bolivia da settimane. La frattura ormai insanabile all’interno del MAS, il partito di governo, sta complicando ulteriormente la situazione. Pochi giorni fa, l’ex presidente Evo Morales ha annunciato l’espulsione dal partito del presidente Arce e del vice presidente Choquehuanca, «per aver tradito il popolo boliviano» e aver permesso «il ritorno di agenti statunitensi come CIA, DEA e USAID». Pochi giorni prima, i Ponchos Rojos avevano protestato a La Paz contro il governo di Luis Arce e quello che considerano il fallimento delle politiche economiche governative, subendo una dura repressione da parte delle forze di polizia. In tutta risposta, Arce ha accusato Morales di stare tentando di mettere in atto un «colpo di Stato» attraverso i blocchi stradali previsti a partire da ieri.

Tra gli altri problemi che affliggono il Paese vi è quello della mancanza di carburante, ormai cronico in Bolivia, causato da decenni di scelte politiche errate. La nazionalizzazione delle risorse, attuata da Evo Morales, ha permesso di avviare programmi sociali in favore dei ceti popolari. Tuttavia, ha anche provocato un problema che le autorità non sono riuscite a risolvere: la perdita delle conoscenze tecniche e degli investimenti privati avrebbe dovuto essere compensata da una crescita delle competenze e degli investimenti nella gestione pubblica, ma questo non è accaduto, portando a una forte diminuzione delle estrazioni. Dal 2022, la Bolivia è quindi costretta a importare la metà della benzina necessaria per soddisfare la domanda interna, al costo di 800 milioni di dollari l’anno. Tuttavia, la scarsa disponibilità di dollari—dovuta al drastico calo degli investimenti stranieri—rende impossibile per il governo soddisfare il proprio fabbisogno.

I rappresentanti della categoria dei trasporti e del settore minerario, che dipendono dall’importazione del carburante, accusano il governo per la situazione attuale e del crollo della poduzione mineraria, in calo del 30-40%. Già durante l’estate vi erano state imponenti proteste del settore del trasporto pesante a causa della carenza di gasolio nel Paese, con gli autotrasportatori che avevano chiesto ad Arce di licenziare il ministro per i Lavori pubblici e avevano minacciato di chiedere elezioni presidenziali anticipate se non fossero stati ascoltati. In quell’occasione, le autorità avevano ammesso che al Paese viene fornito meno dell’80% del gasolio necessario. Tra le principali conseguenze di questa crisi vi è l’aumento del prezzo di alcuni beni fondamentali, tra cui il riso, il pollo e alcuni tipi di ortaggi. Secondo gli ultimi dati, l’inflazione nel Paese ha raggiunto ad agosto i livelli più alti degli ultimi 10 anni.

Nel frattempo, in un numero sempre maggiore di regioni cresce il malcontento per i risultati del censimento della popolazione, svoltosi il 23 marzo scorso. In Bolivia, il numero di seggi assegnati in Parlamento per un determinato territorio e l’entità del gettito fiscale vengono stabiliti in base al numero di abitanti della regione in questione. Secondo i risultati ufficiali, la popolazione del Paese è di 11,3 milioni di abitanti, inferiore alle proiezioni dell’Istituto Nazionale di Statistica, che prevedeva per il 2022 12 milioni di abitanti. L’esito ha scatenato accese proteste nella regione di Santa Cruz, considerata la più “svantaggiata” in tal senso, con il leader politico del partito di destra e filoamericano Creemos, Luis Fernando Camacho (in carcere per accuse di terrorismo e cospirazione per il ruolo nel golpe che destituì Evo Morales, nel 2019), che ha parlato di una «grossolana manipolazione dei dati» e «frode censuaria». L’esito del censimento era particolarmente atteso anche in vista delle presidenziali del 2025, in quanto potrà incidere sulla distribuzione dei seggi in Parlamento. Già nel 2022, lo sciopero di Santa Cruz per il rinvio del censimento aveva causato per alcuni giorni la paralisi economica dell’intera regione.

[di Valeria Casolaro]

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