venerdì 27 Settembre 2024

La Camera ha dato il via libera al ddl Sicurezza: ecco le principali misure approvate

Con 162 voti favorevoli, 91 contrari e 3 astenuti, la Camera ha approvato in prima lettura il ddl 1660 (il cosiddetto “ddl Sicurezza”), recante «disposizioni in materia di sicurezza pubblica, di tutela del personale in servizio, nonché di vittime dell’usura e di ordinamento penitenziario». Il via libera è arrivato dopo che la scorsa settimana sono stati approvati una serie di articoli ed emendamenti che aprono a un forte inasprimento delle pene e alla più smaccata criminalizzazione del dissenso, a partire dal carcere per chi blocca il traffico fino alla stretta sulla cannabis light.

Tra le principali novità, viene prevista (art. 1) la reclusione fino a sei anni per chi «si procura o detiene» materiale utile alla preparazione o all’uso di armi al fine di compiere non meglio specificati atti di terrorismo. L’art. 8, poi, introduce il reato di «occupazione arbitraria di immobile destinata al domicilio altrui», che punisce non solo chi occupa gli immobili di proprietà d’altri (da 2 a 7 anni di carcere) e chi coopera con l’occupazione, ma anche per chi occupa le case pubbliche sfitte. Viene poi introdotta la possibilità di disporre, da parte del questore, un mini DASPO da determinate aree urbane anche per coloro che siano oggetto di denuncia o condanna non definitiva per reati contro la persona o il patrimonio. Previsto inoltre un DASPO giudiziario come condizione per la sospensione della pena in caso di condanna per i reati sopra citati. Viene poi previsto l’arresto, anche in flagranza differita, nel caso di lesioni contro pubblici ufficiali in servizio durante manifestazioni e vengono introdotte sanzioni nel caso di lesioni contro il personale sanitario in servizio.

L’art. 14, soprannominato “norma anti-Ultima Generazione”, introduce sanzioni penali (non più amministrative) per il reato di blocco stradale o ferroviario, prevedendo il carcere fino a un mese o una multa di 300 euro se il reato è commesso da una sola persona, da sei mesi a due anni di reclusione se il fatto è compiuto da due o più persone. Inizialmente pensata per sanzionare gli attivisti ambientalisti, la norma influisce un duro colpo al diritto di tutti i cittadini di manifestare in maniera pacifica. Assieme ad esso è stato poi dato il via libera all’emendamento che prevede l’innalzamento delle pene per chi protesta in modo «minaccioso o violento» contro le grandi opere infrastrutturali, come il Ponte sullo Stretto o il TAV.

Le norme di cui agli art. 15 e 16 sono state ribattezzate da alcune associazioni per la tutela dei diritti civili come “anti-rom”. La prima, infatti, rimuove l’obbligo di rinvio della pena per donne in stato di gravidanza, mentre la seconda aumenta le pene per chi organizza o induce all’accattonaggio. Secondo ASGI e Antigone, l’art. 15 in particolare ha un «evidente contenuto simbolico», in quanto pensato per la repressione di «un particolare gruppo sociale, connotato sul piano culturale, ossia le donne rom». Viene poi aumentata di un terzo, all’art. 19, la pena per reati di «violenza o minaccia a un pubblico ufficiale e di resistenza a un pubblico ufficiale», cancellando la possibilità di considerare eventuali circostanze attenuanti. Gli artt. 26 e 27 introducono la reclusione dai 2 agli 8 anni per chi, all’interno di un carcere o di un CPR, «promuove, organizza o dirige una rivolta», anche in caso di semplice «resistenza passiva all’esecuzione degli ordini impartiti». Come sottolineato dall’associazione per la tutela dei diritti dei denenuti Antigone, «non si definisce cosa è la rivolta ma si punisce chi vi partecipa, seppur passivamente», nè si chiarisce «quali sono le azioni violente o nonviolente» che definiscono il delitto. Una norma «alla quale neanche Rocco, giurista del regime fascista e autore del codice penale del 1930, aveva pensato». I detenuti che si macchino di tali reati sono inoltre privati della possibilità di godere di benefici carcerari.

Dall’altro lato, il nuovo ddl autorizza gli agenti a portare con sè, anche fuori servizio e anche senza licenza, le armi di cui all’art. 42 del TULPS (Testo Unico sulla Pubblica Sicurezza), ovvero «rivoltelle o pistole di qualunque misura o bastoni animati la cui lama non abbia lunghezza inferiore a 65 cm». Infine, tra le novità principali introdotte dal disegno di legge vi è il divieto di coltivare e vendere la cannabis light, proibendo il commercio, la lavorazione e l’esportazione di foglie, infiorescenze e di tutti i prodotti che contengono sostanze derivate dalla pianta di canapa – misura che, così per come è concepita, andrà a colpire tutta la filiera di produzione della canapa industriale, mettendo dunque a repentaglio migliaia di posti di lavoro.

Il provvedimento, di portata molto ampia, dovrà ora passare al vaglio del Senato prima di diventare legge a tutti gli effetti. Sono molte le associazioni che in Italia hanno espresso dubbi circa il carattere estremamente repressivo del testo e che sottolineano come, in diversi casi, il testo del ddl non definisca i contorni precisi dei reati, pur prevedendo una dura linea repressiva contro di essi. Un forte allarme sui contenuti è arrivato anche dall’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE), alla quale aderiscono i governi di 57 Paesi, che ha denunciato come «la maggior parte delle disposizioni» del Ddl abbia «il potenziale di minare i principi fondamentali della giustizia penale e dello Stato di diritto».

[di Valeria Casolaro]

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4 Commenti

  1. “il diritto di tutti i cittadini a protestare in maniera PACIFICA” per coem avete scritto sognifica semplicmente che puoi andare in piazza a protestare non che puoi bloccare strade, porti e aeroporti perchè tale modo di protestare NON E’ PACIFICO!!

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