giovedì 26 Settembre 2024

La nuova Commissione Europea affossa il Green Deal e la transizione ecologica

La transizione ecologica non è in cima alle preoccupazioni del secondo mandato di Ursula von der Leyen. A dichiararlo è stata la stessa presidente della Commissione UE: «La nuova Commissione europea e quella precedente sono state istituite in tempi molto diversi. L’ultima volta l’argomento del riscaldamento globale era in cima alle priorità, (…) questa volta il tema della sicurezza, spinto dalla guerra della Russia in Ucraina, e quello della competitività hanno avuto un impatto più incisivo sulla progettazione e gli orientamenti politici». Il nuovo indirizzo, d’altra parte, è confermato anche dalle nomine. Il nuovo Commissario a Clima, Crescita pulita e Obiettivi Net-Zero è infatti l’olandese Wopke Hoekstra, che nel proprio curriculum vanta un passato come consulente della multinazionale petrolifera Shell. Lo stesso Mario Draghi, del resto, nel rapporto intitolato The future of European competitiveness, presentato la scorsa settimana, ha messo in chiaro che gli “ambiziosi obiettivi climatici” dell’Ue devono avere anche “un piano coerente per raggiungerli”. Tradotto, ciò significa che gli obiettivi climatici non devono entrare in contrasto con gli obiettivi di crescita economica e di sviluppo tecnologico, essenziali per la competitività europea.

A testimoniare il ridimensionamento dell’importanza attribuita al Green Deal e alla questione climatica, vi è il fatto che nella nuova legislatura non ci sarà più un Commissario unico al Green Deal e al Clima, incarico precedentemente ricoperto dall’olandese Frans Timmermans, ma le competenze relative a quest’ambito saranno suddivise in quattro ministeri: l’olandese Wopke Hoekstra, sarà il nuovo commissario per Clima, crescita pulita e obiettivi net-zero, mentre la spagnola Teresa Ribera Rldriguez guiderà ciò che resta del Green Deal, gestendo la  “Transizione pulita, giusta e competitiva”, con delega alla Concorrenza. Le divergenze di visione tra i diversi commissari lasciano prevedere però che la suddivisione in diversi ministeri delle politiche climatiche complicherà non poco le cose: mentre Ribera è nota, infatti, per il suo fervente ecologismo, Hoekstra è considerato uno “scettico” della transizione energetica, vista anche la sua esperienza come consulente della multinazionale petrolifera Shell. Il che lascia trasparire abbastanza esplicitamente come l’intenzione della nuova Commissione europea sia quella di frenare la spinta “green”. I contrasti tra i due commissari non stupirebbero considerata la fermezza di Ribera nel perseguire le politiche di decarbonizzazione: come ministro della Transizione ecologica del governo di Pedro Sanchez, ha chiuso molte miniere di carbone e stanziato 250 milioni di euro per sostenere la riconversione delle mansioni dei lavoratori. Inoltre, alla Cop 28 di Dubai, ha definito «disgustosa» la lettera con cui l’Opec ha cercato di boicottare l’accordo finale del Vertice sul clima delle Nazioni Unite. Dal canto suo, invece, Hoekstra – che a Bruxelles fa parte del Partito Popolare Europeo (PPE) ed è stato sostituto di Timmermans – ha tenuto una politica climatica decisamente più morbida rispetto al suo predecessore. Gli altri commissari coinvolti nelle politiche ambientali saranno Jessika Roswall (Svezia – Ppe), che avrà le deleghe ad Ambiente, resilienza idrica ed economia circolare competitiva; e Dan Jørgensen (Danimarca – S&D), con il portafoglio all’Energia.

Le priorità della nuova Commissione guidata da Ursula von der Leyen si sono, dunque, spostate dalla decarbonizzazione energetica e la “neutralità climatica” al rilancio della competitività attraverso lo sviluppo del settore tecnologico e militare che avrà certamente un significativo impatto ambientale. Nella lettera di incarico a Ribera, inoltre, la presidente della Commissione ha spiegato che “uno dei maggiori ostacoli alla nostra competitività e alla capacità di crescita delle nostre industrie è rappresentato dagli alti prezzi dell’energia”, che devono urgentemente essere abbassati. La linea da seguire è quella del rapporto Draghi: «L’intero Collegio è impegnato nella competitività! Rafforzare la nostra sovranità tecnologica, sicurezza e democrazia. Costruire un’economia competitiva, decarbonizzata e circolare, con una transizione equa per tutti», ha spiegato la von der Leyen. Le esternazioni della presidente della Commissione hanno immediatamente suscitato il risentimento del gruppo della Sinistra al Parlamento europeo, secondo cui con il pretesto della competitività, la nuova legislatura smantellerà politiche vitali per le persone e il pianeta. D’altro canto, ad essersi dimostrata in sintonia con il rapporto Draghi, insieme alla stessa von der Leyen, è la premier italiana Giorgia Meloni, la quale ha promesso alla Confindustria di combattere in sede europea i piani per la transizione energetica, innanzitutto per quanto riguarda lo stop al motore termico nel 2025. Una battaglia che potrebbe essere facilitata dalle intenzioni della Commissione europea di rivedere il Green Deal all’insegna della competitività e della crescita.

[di Giorgia Audiello]

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3 Commenti

  1. L’attuale classe dirigente è troppo imbevuta di capitalismo finanziario, massimizzazione dei profitti, crescita economica infinita, competitività e analfabeta dei temi ambientali e climatologi i. Con le attuali conoscenze scientifiche anteporre questo sistema di crescita capitalistica alle esigenze climatologiche è semplicemente una follia; questa classe dirigente è inadatta ad affrontare le sfide che i cambiamenti climatici ci impongono.

  2. La vettura elettrica ha senso nei centri cittadini e nelle immediate periferie, non per coprire distanze di 200-300km. Il motore ibrido invece è un’ ottima soluzione per queste distanze con consumi ridotti del 30-35% ed oltre rispetto ai motori termici tradizionali. Entrambe le vetture hanno comunque un’ impatto ambientale globale che alla fine è molto simile tra loro. Farsi prendere dalle ideologie nel produrre veicoli che in ogni caso aumenteranno l’entropia del sistema è quindi fuorviante e sbagliato. Molto meglio è indurre il cittadino ad utilizzare mezzi pubblici ecosostenibili, educare l’ automobilista ad una guida parsimoniosa e far dichiarare ai costruttori l’ impatto globale dei loro veicoli e non solo le emissioni dal tubo di scappamento…

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