giovedì 26 Settembre 2024

Il reale impatto dei super ricchi sull’ambiente è largamente sottostimato

L’impronta di carbonio delle persone più abbienti è ampiamente sottostimata mentre, allo stesso tempo, l’impronta delle persone più povere è drasticamente sovrastimata, e tale tendenza è riscontrabile in diversi paesi del mondo: è quanto emerge da un nuovo studio condotto da un gruppo internazionale di ricercatori guidato dalla Copenhagen Business School, dall’Università di Basilea e dall’Università di Cambridge, sottoposto a revisione paritaria e pubblicato sulla prestigiosissima rivista scientifica Nature. Il team ha intervistato migliaia di persone provenienti da quattro paesi diversi tra loro in ricchezza, stile di vita e cultura e ha rilevato che, in base alle risposte, sia le persone di reddito alto che quelle di reddito basso dimostrano di non essere sufficientemente a conoscenza del loro reale impatto sul clima. «Una maggiore consapevolezza e discussione sulle disuguaglianze esistenti nelle impronte di carbonio personali possono aiutare a creare pressione politica per affrontare queste disuguaglianze e sviluppare soluzioni climatiche che funzionino per tutti», ha affermato il coautore Kristian Steensen Nielsen.

Il fatto che vi sia un ampio divario tra l’impronta di carbonio dei più ricchi e dei più poveri è un fatto ben noto: basta pensare che, secondo i dati Oxfam, solo nel 2019 l’1% dei super-ricchi ha generato la stessa quantità di gas serra dei due terzi dell’umanità e che le conseguenze climatiche verrebbero pagate nel 97% dei casi dalle popolazioni appartenenti a Paesi in via di sviluppo. Tale divario però, secondo il nuovo studio, non sarebbe conosciuto a sufficienza, e tale assenza di sensibilizzazione è stata riscontrata sia per le classi meno abbienti che per le più povere. Il team di scienziati ha intervistato 4.003 persone provenienti da Danimarca, India, Nigeria e Stati Uniti sulle disuguaglianze riguardanti le impronte di carbonio all’interno del loro Paese, e i risultati parlano da soli: la stragrande maggioranza dei partecipanti ha sovrastimato l’impronta di carbonio personale media del 50% più povero e ha sottostimato quelle del 10% e dell’1% più ricchi, mentre, d’altra parte, i partecipanti appartenenti al 10% più ricco erano più propensi a sostenere determinate politiche climatiche, le quali comprendevano l’aumento del prezzo dell’elettricità nei periodi di punta, la tassazione del consumo di carne rossa o i sussidi per le tecnologie di rimozione dell’anidride carbonica, come la cattura e lo stoccaggio del carbonio.

I ricercatori hanno spiegato che il fenomeno potrebbe riflettere livelli di istruzione generalmente più elevati tra i redditi elevati, una maggiore capacità di assorbire politiche basate sui prezzi o una maggiore preferenza per soluzioni tecnologiche alla crisi climatica. «Ci sono sicuramente gruppi là fuori che vorrebbero spostare la responsabilità di ridurre le emissioni di carbonio dalle aziende ai singoli individui, il che è problematico. Tuttavia, le impronte di carbonio personali possono illustrare la profonda disuguaglianza all’interno e tra i paesi e aiutare le persone a identificare come vivere in un modo più rispettoso del clima», ha affermato Ramit Debnath, ricercatore dell’Università di Cambridge e coautore dello studio. «Questi Paesi sono molto diversi, ma abbiamo scoperto che i ricchi sono piuttosto simili, non importa dove si vada, le loro preoccupazioni sono diverse da quelle del resto della società. C’è un enorme contrasto tra i miliardari che viaggiano in jet privati mentre il resto di noi beve con cannucce di carta bagnate: una di queste attività ha un grande impatto sull’impronta di carbonio individuale, e l’altra no», ha poi aggiunto.

Gli scienziati hanno anche esaminato se la percezione delle disuguaglianze nell’impronta di carbonio fosse correlata al sostegno delle politiche climatiche, e hanno scoperto che i partecipanti danesi e nigeriani che hanno sottostimato la disuguaglianza dell’impronta di carbonio erano generalmente meno favorevoli alle politiche climatiche, mentre i partecipanti indiani del 10% più ricco erano generalmente più favorevoli, forse per via di una maggiore istruzione e risorse. Inoltre, gli autori hanno riportato che, dopo aver appreso dell’effettiva disuguaglianza dell’impronta di carbonio, la maggior parte dei partecipanti l’ha trovata leggermente ingiusta e ciò, secondo Debnath, deriverebbe dal fatto che «a causa della loro maggiore influenza finanziaria e politica, la maggior parte degli impegni climatici riflettono gli interessi dei più ricchi della società e raramente comportano cambiamenti fondamentali» nello stile di vita o nello status sociale dei meno abbienti.

[di Roberto Demaio]

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