Dopo oltre due mesi di stallo politico in Francia, Michel Barnier, il Primo Ministro nominato da Emmanuel Macron, ha presentato la sua squadra di governo, «che segna» quello che parrebbe, come definito dalla destra lepeniana, «un ritorno al macronismo». Effettivamente, tra i 17 ministri con incarico pieno, il bilancio pende nettamente verso l’ala macroniana del Parlamento, con 7 nuovi ministri provenienti da Rinascimento, il partito del Presidente; notevole anche la presenza di repubblicani, conservatori e centristi, ed esigua la rappresentanza della sinistra, limitata a un solo membro. Come previsto, La France Insoumise di Mélenchon è stata completamente esclusa dall’esecutivo, destino condiviso con i lepeniani. Nonostante una prima apertura, lo stesso partito di Le Pen, attraverso la voce del suo leader Jordan Bardella, ha espresso critiche al nuovo governo, rendendone già incerto il futuro. Il governo Barnier sembrerebbe configurarsi, insomma, come un “cordone sanitario” volto a isolare gli «estremismi», escludendo la rappresentanza del partito più votato, ma la sua minoranza parlamentare mostra già segni di cedimento sotto l’attacco di sinistra e destra.
La nuova squadra di governo nominata dal Premier Michel Barnier incontrerà il Presidente francese Macron oggi, lunedì 23 settembre. L’agenda giornaliera dell’esecutivo prevede impegni sin dalla mattina: alle 8.00, tutti i ministri si sono riuniti per una prima informale “colazione governativa”, che ha ufficialmente aperto le danze del nuovo governo a guida conservatrice. All’incontro mattutino sono seguite le formali cerimonie di passaggio, e in seguito, alle 15.00, ci sarà l’incontro con Macron. La nuova squadra di governo è formata da sette macroniani, tre repubblicani, due indipendenti di destra, due democratici, un esponente del partito di destra Horizons, e un indipendente di centro; alla Giustizia il solo rappresentante della sinistra: si tratta di Didier Migaud, 72enne con un passato nel partito socialista, oggi politico indipendente. Non sono poche le riconferme dal precedente governo Attal, alcune delle quali si configurano come ricollocamenti in nuovi uffici. Esclusa la Giustizia, le cariche più importanti sono state divise tra macroniani e repubblicani: all’Interno è stato scelto Bruno Retailleau, già capogruppo dei Repubblicani al Senato, particolarmente noto per le sue posizioni intransigenti sull’immigrazione; agli Esteri il democratico Jean-Noël Barrot, uno dei ricollocamenti del governo Attal, e all’Economia il fedelissimo di Macron Antoine Armand. I repubblicani hanno ottenuto anche Università e Agricoltura, mentre a Rinascimento, tra le altre cose, sono andati Istruzione, Transizione ecologica e Lavoro.
Vista la totale chiusura nei confronti del vincitore delle elezioni, Jean-Luc Mélenchon, il futuro del nuovo governo risulta per lo meno incerto. Oltre a La France Insoumise, infatti, anche ecologisti e socialisti si erano detti contrari alla nomina di Barnier già all’indomani dell’annuncio di Macron. Nonostante un iniziale momento di apertura da parte di Marine Le Pen, inoltre, anche il leader di Rassemblement National, Jordan Bardella, ha criticato la scelta dell’esecutivo. Ad allontanare anche l’estrema destra dal governo Barnier sembrerebbe essere proprio la lista di ministri, giudicata «troppo macroniana» dal vertice del partito. A estrema sinistra, membri della coalizione di Mélenchon, e controparte di destra, si è aggiunto anche il leader dei repubblicani Eric Ciotti, che ieri ha annunciato che lascerà definitivamente il partito. Ciotti era già finito sotto i riflettori in periodo elettorale, quando aveva dichiarato il suo appoggio al partito di Le Pen, spaccando a metà il fronte repubblicano, da sempre lontano dai partiti situati troppo a destra per via della sua ispirazione gollista.
Tra estrema sinistra e alleati da una parte, e Rassemblement National e repubblicani scissi in due dall’altra, non è sicuro che il governo Barnier riesca a durare. Nata di fatto per isolare la sinistra di Mélenchon dal governo ottenendo un tacito assenso da parte di Le Pen e formando una minoranza parlamentare, la squadra nominata dal politico di stampo conservatore e repubblicano è finita per scontentare entrambe le maggiori parti in gioco. La sinistra si è già mostrata compatta nelle sue intenzioni di far cadere l’esecutivo alla prima occasione, mentre la destra non ha ancora parlato di eventuale sfiducia. Già dal primo giorno, tuttavia, la sua stabilità sembra venire minata alla base.
[di Dario Lucisano]
Questo è quello che si ottiene con le politiche dei “cordoni sanitari”. Sempre a votare “turandoci il naso” per paura della destra di turno. Utilizzati per un giorno (quando servono i voti) e poi dimenticato fino alle prossime elezioni e al prossimo spauracchio. Macron ringrazia, e anche Le Pen non se la passa male
Nulla di nuovo sul fronte occidentale. E come sempre l’ “ancien regime’ verrà scalzato, è solo questione di tempo. L’ ostinazione dei governanti nuoce gravemente alla salute dei propri concittadini e scatena il “furor di popolo”.