martedì 1 Ottobre 2024

Basilicata, sostanze cancerogene sversate in mare: 16 indagati per disastro ambientale

Un’importante indagine sta scuotendo la Basilicata. La Direzione Distrettuale Antimafia di Potenza ha infatti messo sotto inchiesta 16 persone, tra cui manager e dipendenti di Sogin (società statale dedita allo smantellamento degli impianti nucleari e alla gestione di rifiuti radioattivi), dell’Azienda regionale per la protezione dell’ambiente della Basilicata e della Provincia di Matera, con l’accusa di avere intrapreso un’attività finalizzata al traffico illecito di rifiuti, disastro ambientale e inquinamento ambientale. Le presunte condotte illecite sarebbero ruotate attorno alla gestione della ITREC, centrale nucleare in smantellamento di Rotondelle (Matera) gestita da Sogin, dove un’area di 600 metri è stata posta sotto sequestro nelle ultime ore per la rilevata presenza di uranio arricchito. I livelli di contaminazione, hanno precisato i carabinieri del NOE, «non rappresenterebbero» comunque un «pericolo immediato per i lavoratori, per l’ambiente e la popolazione».

Nello specifico, l’inchiesta condotta dai carabinieri ha appurato che alcuni dirigenti di Sogin, attraverso una serie di analisi da loro stessi effettuate, avrebbero appreso già nel 2014 di una grave contaminazione da tricloroetilene e cromo esavalente – sostanze pericolose e cancerogene – delle acque di falda sottostanti il loro impianto, comunicandolo però agli enti competenti soltanto un anno dopo, nel 2015. L’obiettivo, come sottolineato dal Procuratore Francesco Curcio, sarebbe stato quello di «evitare o ritardare costi aziendali» e «scongiurare il clamore e le conseguenze che, sul piano amministrativo, politico, d’immagine ed economico, la notizia avrebbe suscitato». In varie occasioni, i dirigenti avrebbero inoltre spento le pompe utilizzate per contenere la propagazione delle acque di falda contaminate per ridurre i costi energetici e di gestione dei rifiuti liquidi, permettendo però l’estensione della contaminazione. Secondo la Procura, poi, Sogin avrebbe presentato dati falsi e documenti retrodatati alle autorità locali – cui i magistrati contestano di non aver eseguito adeguati controlli -, ottenendo così autorizzazioni per scaricare acque reflue radioattive entro certe quantità in mare, nonché acque piovane non trattate o derivanti dai suoi processi produttivi nel fiume Sinni. In seguito alla notifica dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari da parte della DDA di Potenza, Sogin ha pubblicato una nota in cui si è difesa sostenendo che «la contaminazione riscontrata presso il sito Enea-Sogin di Trisaia a partire dal 2015 non è stata generata dalle attività di smantellamento in corso presso il Sito di Trisaia Sogin» e che «non appena l’ha rilevata, ha immediatamente provveduto a denunciarla alle autorità competenti».

Ma non è tutto. Dopo una serie di prelievi di terreno da cumuli stoccati in attesa di smaltimento (circa 1500 metri cubi), infatti, i carabinieri del nucleo per la tutela ambientale hanno sequestrato un’area di 600 metri quadri all’interno dell’impianto. Nel corso dei controlli su uno dei lotti, sono infatti emerse rilevanti anomalie. Le analisi, condotte da Sogin e dall’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare (Isin) sotto la supervisione della Procura di Matera, hanno rilevato la presenza di uranio arricchito U234-U235, non correlato ai radionuclidi uranio-torio già in deposito presso il sito. Questo centro, operativo tra il 1969 e il 1987, aveva infatti accolto elementi di combustibile irraggiato proveniente dagli Stati Uniti. Il provvedimento, emesso dalla Procura della Repubblica di Matera, riguarda «rifiuti convenzionali (terre e rocce da scavo) presso impianti esterni al sito nucleare e provenienti verosimilmente dalle attività di scavo effettuate per la realizzazione di alcuni manufatti, rientranti nell’attività di decommissioning». Secondo i carabinieri, il livello di contaminazione non costituirebbe un rischio immediato per la salute, ma l’area sottoposta a sequestro verrà comunque messa in sicurezza.

[di Stefano Baudino]

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