X, piattaforma un tempo nota come Twitter, ha pubblicato il suo primo report sulla trasparenza da che è passata nelle mani del miliardario Elon Musk. Si tratta di un fascicolo di poche pagine, spesso tutt’altro che chiare, ma che reitera l’impegno del social a moderare i contenuti e a sospendere gli account, ovvero ad aderire alle leggi del Mercato più che alle eclatanti propagande espresse del proprietario dell’azienda.
Era dal 2021 che X non pubblicava un resoconto dei suoi interventi. Da allora sono cambiate molte cose, dalle policy del portale alla diffusione massiva degli strumenti di intelligenza artificiale, rivoluzioni che rendono particolarmente ostica l’operazione di comparazione dei dati. La sfida è dunque intensificata dal fatto che, piuttosto che aderire al format impiegato ai tempi di Twitter, la nuova gestione abbia deciso di lanciare il report attraverso un “centro di trasparenza” che adotta un approccio redazionale marcatamente diverso da quello visto in passato. Si è passati da circa 50 pagine ad appena quindici. Tre delle quali sono dedicate a copertine e introduzione.
A livello di numeri spuri, l’ultima analisi prodotta da Twitter rivelava 11,6 milioni di account segnalati, di cui 4,3 milioni avevano ricevuto una qualche forma di intervento e 1,3 milioni erano stati sospesi. Ora, X scrive di 224 milioni di segnalazioni ricevute dagli utenti, tuttavia lo fa conteggiando sia gli account che i singoli post, facendo lievitare notevolmente i numeri. Queste segnalazioni hanno portato a rimuovere o contrassegnare 10 milioni di contenuti e a sospendere 5 milioni di profili. A parte sono stati calcolati lo spam e i tentativi di “manipolare la piattaforma”, i quali si legano spesso a bot automatizzati e equivalgono a quasi 464 milioni di account sospesi. Il report chiarisce dunque che le statistiche possono includere dei falsi positivi, senza però stimare la portata del fenomeno.
La maggior parte delle segnalazioni (36,47%) si lega ad abusi e persecuzioni, le quali vengono seguire a ruota dalle incitazioni all’odio (29,85%) e dai contenuti violenti (17,85%). Per quanto riguarda gli interventi della piattaforma, questi evidenziano una predominanza di sospensioni relative alla “sicurezza degli infanti”: quasi tre milioni di account a monte di appena 14.571 post rimossi. La tendenza opposta si registra per l’incitazione all’odio: solamente 2.361 profili rimossi su quasi 5 milioni di contenuti cancellati. Questa discrepanza evidenzia bene le strategie di moderazione impiegate da X, azienda che ha in molti casi demandato l’attività di sorveglianza agli algoritmi, piuttosto che alle persone.
Tutto ciò che viene considerato vicino alla pedofilia o allo spam viene perlopiù intercettato autonomamente dal sistema, mentre i discorsi d’odio, i contenuti violenti e le persecuzioni sono sottoposti a un’analisi più dipendente dal giudizio umano. In tutto questo, non sono chiari il ruolo e la portata del cosiddetto shadow ban, ovvero la pratica di nascondere alcuni contenuti nella lista di raccomandazione del portale. Quel che è certo, è che il social non aderisca a quella dimensione radicale di libertà di parola che viene invece ufficialmente promossa dall’“assolutista” Musk. In dubbio è dunque anche la posizione di neutralità politica promessa nel 2022 dal controverso imprenditore.
For Twitter to deserve public trust, it must be politically neutral, which effectively means upsetting the far right and the far left equally
— Elon Musk (@elonmusk) April 27, 2022
Da che il miliardario ha assunto il controllo della piattaforma, alcuni profili che erano stati banditi dalla precedente dirigenza sono stati reintegrati, mentre altri sono stati rimossi. Personaggi come Donald Trump e Alex Jones hanno potuto tornare a postare, mentre è stato rapidamente eliminato l’account che attingeva ai dati pubblici per tracciare gli spostamenti del jet personale di Musk, mentre diversi giornalisti critici nei confronti del miliardario si sono trovati temporaneamente sospesi. Più recentemente è stato bloccato anche il giornalista Ken Klippenstein il quale ha diffuso un dossier da 271 pagine composto da dati trafugati a JD Vance, vice della candidatura di Trump alle prossime elezioni statunitensi.
Una pratica di oscurazione in linea con le policy del portale, ma che è in contrasto con le posizioni di Musk, il quale aveva aspramente criticato la censura praticata nei confronti dei file rubati dal PC di Hunter Biden, figlio dell’attuale Presidente USA Joe Biden. È da notare qui il chiaro conflitto di interessi: Musk non ha solamente fornito esplicitamente il suo endorsement a Trump, ma ha anche accennato alla possibilità di entrare in un suo ipotetico esecutivo. Tutto meno che neutrale, insomma. Resta però un dubbio: perché X ha deciso di pubblicare un report di trasparenza pur non essendo più un’azienda quotata in Borsa? Ufficialmente si tratta di una scelta nata da un puro senso di spirito civico, tuttavia è facile maliziare sul fatto che il social voglia mostrarsi attivo nella moderazione, magari nella speranza di recuperare i molti inserzionisti persi e di tener buoni i legislatori europei, i quali chiedono alla dirigenza il rispetto sulle nuove leggi che normano i servizi digitali.
[di Walter Ferri]