Terremoto a Repubblica: da lunedì prossimo, Maurizio Molinari non sarà più il direttore del quotidiano. Il suo posto sarà infatti preso da Mario Orfeo, attuale direttore di Rai 3. Cambia tutto anche ai vertici di GEDI, la società che edita il giornale: Maurizio Scanavino, attuale amministratore delegato, subentrerà a John Elkann come nuovo presidente. La notizia arriva in seguito a un periodo burrascoso, che la scorsa settimana ha visto il Comitato di redazione – che ad aprile aveva già sfiduciato Molinari – indire uno sciopero redazionale, lamentando «gravi ingerenze nell’attività giornalistica da parte dell’editore, delle aziende a lui riconducibili e di altri soggetti privati» avvenuti in occasione dell’evento “Italian Tech Week”, organizzato da Exor a Torino. Il Cdr aveva infatti contestato l’uscita, insieme al quotidiano, di un inserto di oltre 100 pagine con una serie di articoli apparentemente “giornalistici” ma, in realtà, pubblicati dietro compenso delle aziende.
«Il Gruppo Gedi rinnova i vertici e apre una nuova fase che punta sull’accelerazione della trasformazione digitale e sul miglioramento dei risultati economici attraverso una rigorosa gestione aziendale», si legge in una nota del gruppo. John Elkann, che abbandona la presidenza di Gedi, ne rimane azionista attraverso Exor. Molinari, silurato e sostituito da un nuovo direttore, resterà comunque a Repubblica in veste di editorialista e inviato. Quest’ultimo aveva perso ormai da molti mesi il controllo sulla propria redazione. La goccia che ha fatto definitivamente traboccare il vaso è stata l’ultima mobilitazione messa in atto dai giornalisti del quotidiano la scorsa settimana, sfociata in uno sciopero indetto dal Cdr per i giorni del 25 e del 26 settembre. La protesta è partita dopo una comunicazione arrivata ad alcuni membri della redazione da una dirigente di Exor, relativa alla descrizione del programma di “Italian Tech Week”, evento di Exor che si è tenuto a Torino, con la pianificazione dei pezzi dell’inserto in uscita il 25 settembre con Repubblica, in cui si sottolineava che di fatto, a “comandare”, dovessero essere gli sponsor. La mail era stata autorizzata dal vicedirettore con delega all’Economia, Walter Galbiati. In seguito alle vibranti proteste da parte della redazione aveva deciso di presentare le dimissioni, puntualmente respinte da Molinari (Galbiati si è poi “autosospeso”). La decisione del direttore aveva mandato su tutte le furie il Cdr, che, contestualmente, aveva scoperto un file in cui gli articoli dell’inserto venivano allineati ai relativi contributi finanziari da parte delle aziende coinvolte: la prova dell’ennesimo caso di commistione tra pubblicità e informazione, che presenta al lettore articoli brandizzati spacciandoli per “giornalistici”.
La situazione interna alla redazione è tesa da molto tempo. A gennaio, l’allora collaboratore di Repubblica Raffaele Oriani si era dimesso a causa della linea editoriale ritenuta eccessivamente piegata sulle posizioni israeliane in merito all’aggressione dell’IDF a Gaza. Successivamente, la direzione aveva bloccato la pubblicazione di un’intervista al cantante Ghali dopo Sanremo, giustificandosi affermando che non vi era stata risposta «sul 7 ottobre». Il Comitato di Redazione aveva pesantemente contestato la decisione, denunciando come in questo modo si umiliasse il lavoro dei giornalisti. Ad aprile, poi, il Cdr era passato alle vie di fatto, approvando a larga maggioranza (164 sì, 55 no e 35 astenuti) una mozione di sfiducia al direttore Maurizio Molinari e proclamando uno sciopero di 24 ore. L’episodio fu scatenato dalla decisione del direttore di mandare al macero 100 mila copie già pronte dell’inserto economico Affari&Finanza, in uscita lunedì 8 aprile, a causa dell’articolo di apertura, riguardante i legami economici tra Italia e Francia – tra cui il ruolo del governo italiano con Stellantis, presieduta dalla famiglia Elkann – che portava la firma di Giovanni Pons. Il pezzo fu sostituito da un articolo sullo stesso argomento, redatto da Galbiati, con titolo, catenaccio e parte del testo differenti. Non essendo vincolante, la votazione del Comitato non sfociò nelle dimissioni di Molinari. Che però, a distanza di sei mesi, sono arrivate.
[di Stefano Baudino]
… dopo Ezio Mauro come direttore, è diventato robaccia, nemmeno utile per accendere un fuoco o come carta igienica … che brutta fine …
Il giornale turbo-capitalista per antonomasia come lo definisce Diego Fusaro . Mi chiedo perché i redattori, ancora al soldo di Stellantis/Elkann & co., non vadano a cercare fortuna da qualche altra parte.